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“Sét sa t dègh? A gh mandarèv anch mê muièra so la Luna!” Era il 1963, e con questa frase partorita dall’inimitabile senso dell’umorismo modenese (e purtroppo in via di estinzione, come i modenesi d’altronde), gli anziani scherzavano su di un evento, in realtà, epocale, avvenuto nientemeno che in Russia. Modena, poi, era una “enclave sovietica”, anche se in verità molto destalinizzata, nei fatti. Ogni conquista, specie se riportata con enfasi sulle prime pagine dell’Unità, che facesse gridare alla supremazia dello stile di vita sovietico sull’occidente, animava in tanta gente un moto di grande soddisfazione.
La grande conquista di cui parliamo è il primo volo spaziale eseguito da una donna.
La sovietica Valentina Vladimirovna Tereškova (delle cinque cosmonaute in lizza, fortunatamente l’unica con un nome pronunciabile!), con un volo orbitale durato tre giorni, aveva garantito all’Urss il primato che rimarrà tale (sembra quasi impossibile) fino al 1983, quando esattamente 20 anni dopo, il 18 giugno, l’americana Sally Ride a bordo dello Shuttle colmerà questo gap, in verità difficile a comprendersi.
La storia della Tereškova era, oltretutto, la più classica storia di stampo “sovietico”, che pareva scelta con cura per potere essere esportata nelle sezioni del Partito Comunista locale, a dimostrazione che il socialismo reale avrebbe portato progresso e una possibilità per tutti. Nata in una famiglia poverissima di una impronunciabile città bielorussa, orfana di padre, morto in guerra, lavora da subito come operaia in una ditta di pneumatici, e successivamente come sarta presso una industria tessile. Consegue il diploma tecnico attraverso corsi serali, nel 1960
Paracadutista già dal 1956, appassionata di astronautica, riesce ad entrare nel programma spaziale sovietico nel 1962, nel primo gruppo di cosmonaute prescelte.
Il 16 giugno del 1963 viene lanciata a bordo della cosmonave Vostok 6 ribattezzata “Gabbiano”, partita dal mitico cosmodromo di Bajkonur. Il 19 di giugno atterra in una altrettanto impronunciabile località della Siberia, accolta dalle ovazioni della folla.
Il resto della sua lunga esistenza, trascorsa tra un matrimonio fallito con il cosmonauta Nikolaev ed una nuova più fortunata unione, sarà un incredibile susseguirsi di onorificenze e incarichi istituzionali di rappresentanza per conto del governo sovietico prima e di quello Russo poi. Ad oggi, le onorificenze sono più di cinquanta, e decisamente le più disparate. Da quella, per così dire “classica” di “Eroe dell'Unione Sovietica” fino ad “Eroe del Lavoro della Repubblica Popolare di Mongolia”, passando attraverso il “Gran Cordone dell'Ordine del Nilo”, la “Gran Croce dell'Ordine del Sole del Perù”, “Dama di II Classe dell'Ordine della Stella di Adipurna” in Indonesia, impreziosita dalla “Medaglia per servizio impeccabile di I II e III Classe” sovietica, fino alla “Medaglia per il giubileo dei 20 anni della vittoria della grande guerra patriottica del 1941-1945” o il riconoscimento del “Ordine dell'Istruzione Pubblica” dell’Afghanistan.
Oggi, che è di pochi giorni fa la notizia del lancio nello spazio di una porzione di pollo fritto a scopo promozionale, non sappiamo se essere pervasi da quello stesso senso di gioia o di orgoglio per questo esempio di supremazia dello stile di vita occidentale. Sicuramente lo siamo dal grande senso di tristezza e di invidia per i nostri nonni, per quello che per loro rappresentava “Valentina delle stelle”…
Mirko Ballotta