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Puntualmente, come tutte le estati, i giornali e le tv dedicano pagine e tempo all' Italia nella fornace, alla pianura padana a secco, all'agricoltura Emiliano-Romagnola in ginocchio. Si parla spesso di faticose riunioni tecniche, di aerei antincendio e di acqua razionata. Di solito si aggiunge che il clima sta cambiando anche per fare capire che si è di fronte a qualcosa di ineluttabile che sfugge alle possibilità di intervento umano espresse dalla politica. Il cittadino medio apre poi il rubinetto di casa e si accorge che, nella grande maggioranza dei casi, l'acqua continua ad essere disponibile e inizia a sospettare che qualcuno voglia lucrare su notizie allarmanti e destinate a scomparire alle prime piogge d'autunno.
Il cittadino medio,in fondo, non ha tutti i torti perché si accorge che le industrie continuano a disporre dell'acqua necessaria per le loro produzioni, che i consumi delle famiglie continuano quasi inalterati e che l'agricoltura ha il permesso di prelevare più acqua dai fiumi mentre quasi tutti possono prelevare con scarse limitazioni l'acqua sotterranea.
L'impressione collettiva è che l'acqua non finisca mai, tanto è vero che i giornali ne parlano solo nel periodo estivo. Se si studia la documentazione disponibile sulle acque sotterranee pompate dai pozzi ci si accorge che esistono notevoli riserve di acque sotterranee in quasi tutte le aree di pianura Italiane e in particolare nella valle Padana; contengono acque accumulate nei millenni e vengono spremute quando ce n'è bisogno. Per questo motivo nessuno ha visto i dromedari in autostrada e i campi da golf continuano ad essere verdissimi.
L' acqua dei pozzi destinata all' industria e all'agricoltura costa, indicativamente, circa cento volte meno rispetto all'acqua destinata agli impieghi domestici e ce n'è tanta. Il problema della siccità viene quindi temporaneamente risolto in questo modo, attingendo cioè non all'acqua piovuta l'inverno prima ma nei circa 50000 inverni precedenti.
Con le acque antiche dei pozzi il problema della siccità è facilmente risolto perché permette, in ogni luogo del mondo, di evitare di eliminare gli sprechi industriali, agricoli e domestici. Permette di evitare di costruire dighe o di prendere misure per immagazzinare l'acqua che piove. Il sistema è andato avanti così per molto tempo ma da parecchi anni i tecnici si sono accorti che il consumo dell'acqua dei pozzi, e in particolare di quelli profondi 100 e più metri, produceva una preoccupante diminuzione delle riserve e un contemporaneo abbassamento del suolo in quasi tutte le aree di pianura Italiane con valori record nelle province di Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena pari a circa 1 metro dal 1950 ai giorni nostri eccetto Bologna che ha raggiunto i due metri e Parma e Piacenza dove sono stati registrati valori più bassi. Il 'costo del non fare' è un concetto utilizzato dagli economisti per esprimere il costo pagato dalla collettività per l'assenza di investimenti soprattutto in opere infrastrutturali. Anche nel governo dell'acqua esiste un 'costo del non fare' ed è quello relativo alla mancata realizzazione di quanto necessario per 'trattenere l'acqua che piove'come si è espresso recentemente il ministro per l' ambiente Galletti. L' abbassamento del suolo di 1 o 2 metri nei territori di pianura caratterizzati da basse pendenze pari a 1 metro al chilometro o anche meno induce un aumento delle probabilità di alluvione e dei relativi costi collettivi e privati per rimettere a posto il territorio e le attività danneggiate. Questi fenomeni sono inoltre incrementati dall'aumento delle parti di suolo impermeabilizzate dal cemento e dalle accertate variazioni nella frequenza e intensità delle precipitazioni. Vale la pena ricordare che le notizie pubblicate dai giornali sulle alluvioni sono frequenti quanto quelle sulle siccità quindi ritorneremo sull'argomento il prossimo autunno durante la stagione delle piogge. Potremo così ricordare meglio quanto vale in termini economici il 'costo del non fare' nel governo delle acque.
Giovanni Martinelli
Giovanni Martinelli
Giovanni Martinelli è nato a Modena nel 1953. E' Geologo esperto in acque sotterranee, subsidenza, fattori modificativi dell'ambiente e terremoti. Lavora presso l'ARPAE (Agenzia pe.. Continua >>