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Nel silenzio e nella riservatezza di tante esistenze si intrecciano spesso storie, gioie e sofferenze nelle quali possono specchiarsi persone distanti e diverse tra loro. Quella di Angela credo sia una di queste Storie, iniziata nel 1953 e terminata pochi giorni fa con una morte che l'ha colta improvvisamente mentre era da sola nella casa dove viveva a Roma. Spesso mi sono chiesta quali fossero le aspirazioni di quella donna diventata maggiorenne nel 1974, anni di fermento e della rivoluzione giovanile. Una donna che ha fatto le scelte più importanti della sua vita seguendo l’istinto, prendendo decisioni velocemente, senza troppo riflettere, solo come i giovani fanno e che lei, invece, ha seguitato a fare tutta la vita, forse fino all’ultimo giorno, inseguendo i suoi sogni.
Quella giovane donna di allora è mia zia, Angela come le piaceva farsi chiamare, Angiolina il suo vero nome.
A zia Angela, ho promesso qualche mese fa, così come spesso si fa quando si parla di cose che sembrano lontanissime, che avrei scritto di lei il giorno in cui sarebbe venuta a mancare. Il destino ha voluto che quel giorno sia arrivato prima, molto prima, di quello che io sicuramente, ma che anche lei ne sono certa, avremmo mai immaginato.
Angela è nata a Schiavi di Abruzzo, il paese di mia madre, uno scrigno isolato sulle montagne d’Abruzzo a quasi 1.200 metri d’altezza. Nata dopo poco la Seconda guerra mondiale, ha vissuto da ragazza tutte le difficoltà di una ripresa economica, in quella zona d'Italia, tardiva e mai del tutto compiuta e se gli anni ’70 hanno coinciso con i grandi cambiamenti sociali, le battaglie femministe, la lotta per i diritti, nell'isolamento delle piccole comunità tutto è rimasto cristallizzato per lungo tempo, soprattutto per le donne.
La possibilità di affrancarsi dalla famiglia di origine ancora nel pieno degli anni '70 passava attraverso il matrimonio e anche lei, giovanissima, segue questo percorso. La classica 'fuga', ('è scappata', come si diceva allora), qualche giorno fuori casa e poi il rientro col matrimonio 'riparatore', nonostante la ritrosia dei genitori. Anche nella forma di quelle nozze si infrange forse il primo sogno di Angela. Un matrimonio, come molti, veloce, senza il vestito bianco: un cappottino color panna e una cerimonia sbrigativa.
E, col passare degli anni, insieme alla gioia immensa per l'arrivo dei figli, arrivano le prime incomprensioni con la nuova famiglia e con il marito, anche lui un giovanissimo ragazzo che obbedisce alle logiche del luogo e del tempo in cui è immerso. Tutti e due sono in cerca di qualcosa che non trovano in quel matrimonio, in ogni caso non è quella la vita che sogna Angela. L'emancipazione dalla famiglia di origine che allora veniva cercata nelle nozze per lei si traduce in una nuova prigione, ancor più opprimente. E allora con la caparbietà che l'ha contraddistinta per tutta la vita, senza troppi calcoli, decide di andarsene, quando ancora era difficilissimo farlo.
Così arriva la separazione. Angiolina è una delle prime donne a dividersi dal marito in quegli anni nel paesino tra le montagne, così bello ma così chiuso nella sua arretratezza. Uno scandalo per il paese, un enorme sofferenza per i genitori che devono sopportare il chiacchiericcio pettegolo di una comunità crudele con chi osa non adattarsi a regole apparentemente scritte nella pietra.
Ma Angela prosegue, determinata nel cercare la sua strada: affronta tutto di petto, quasi con ostinata arroganza. A Roma dove rimane a vivere anche dopo la separazione, va avanti: fa diversi mestieri, due figli piccoli da “campare”, come si dice al paese, e ancora quel sogno da inseguire. E' l'inizio di anni complicati. Eppure Angela non mostra mai alcun ripensamento, o tanto meno pentimento per le sue scelte, continua nella sua corsa, fuori dal dover essere e decisa a scegliere in autonomia il proprio destino. Errori compresi.
Credo non sia stata facile la vita di mia zia. Un carattere forte, una incapacità di comprendere che le mediazioni, a volte, servono per non chiudersi tutte le porte e poi quella ricerca ossessiva ma piena di speranza di qualcosa inizialmente indefinito ma che col passare degli anni si è plasmata in una parola. Amore. La sua voglio pensare sia stata un'intera vita alla ricerca dell'amore. Quello che i genitori di un tempo non riuscivano a trasmettere, almeno al suo cuore, e che lei ha deciso di cercare a tutti costi nel suo cammino. Nemmeno gli acciacchi, i malanni, le tante delusioni hanno scalfito il suo pensiero. Determinata e tenace non si è mai piegata, non ha mai arretrato, anche nell'ordine esteriore: i suoi capelli sempre pettinati e curati, i suoi vestiti sempre eleganti restituivano l'immagine di una donna combattiva e orgogliosa.
Cosa mi resta di lei? La sua dolcezza. Riascoltando i suoi messaggi vocali si rivolge a me con parole che nessuno ha mai usato. Mi rimane la sua generosità. Una generosità incomprensibile e il cui pensiero mi commuove. Ripensandola rivivo la mia adolescenza, i miei 14 anni quando sono stata sua ospite a Roma una settimana. Insieme al suo compagno di allora mi ha ospitata nel migliore dei modi riempendomi di regali. Certamente facendo sacrifici ma senza mostrarlo minimamente e io ero troppo giovane allora per capirlo. Ora lo intuisco e soprattutto, oggi, penso di essere riuscita a comprendere almeno un po' il mistero della sua generosa e caparbia ricerca, a sfiorarne la bellezza riservata, eppure ancora vulcanica e capace di reazioni entusiaste o accalorate, che pochi giorni fa, in una anonima mattina di novembre si è interrotta.
Nella infinita tristezza di questo distacco, mi resta la speranza che la sua bellezza sia rifiorita altrove e che quel sogno, eternamente cercato, oggi Angela, zia Angela, lo abbia realizzato. In pienezza, senza compromessi.
Cinzia Franchini