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Nel 2010 nell’assessorato alle Attività Economiche del Comune di Modena ci furono mesi di incontri e discussioni tra categorie dimensionali del commercio (piccola, media e grande distribuzione), associazioni di categoria, associazioni dei consumatori e organizzazioni sindacali, nel tentativo, primo in Italia, di raggiungere un accordo tra tutti gli operatori per garantire ai consumatori di fare acquisti anche nei giorni festivi, senza tuttavia cadere nel far west dell’“aperti sempre”, dove la libertà di tutti avrebbe accresciuto la debolezza di alcuni, piccolo commercio tradizionale e personale dei supermercati, costretti a lavorare anche la domenica. Tra chi tirava indietro (iper) e chi spingeva avanti (Cgil), nel 2011 si raggiunse l’obiettivo con l’adesione totale delle sigle e delle istituzioni. Come funzionava? A livello comunale si costituiva un tavolo dove all’inizio di ogni anno si faceva un calendario con le aperture festive nelle diverse tipologie del commercio, in modo che ogni sigla potesse mantenere la sua quota di mercato e potesse effettuare aperture nelle diverse sedi territoriali.
Coop, Esselunga, Conad e tutte le altre.
In particolare l’accordo prevedeva la possibilità di otto aperture domenicali (oltre a quelle già previste nel periodo natalizio) attraverso il principio della turnazione ed introduceva per la prima volta una forma di flessibilità per cui anche gli esercizi tradizionali potevano indicare otto festività di apertura scegliendole ad inizio anno. Il Consiglio comunale, nel recepire il suddetto accordo, si espresse positivamente in modo quasi unanime, riconoscendo ai soggetti firmatari la capacità di saper rinunciare a qualcosa delle proprie ragioni in favore del bene comune e dell'interesse dei cittadini/consumatori, dei lavoratori/lavoratrici e del piccolo commercio.
I consumatori potevano sempre trovare nei pressi del loro quartiere punti vendita aperti, sapendo anche quali.
Venivano così attenuati anche i disagi segnalati dai sindacati sul lavoro domenicale e soprattutto per le donne cui non era consentito dedicare alla famiglia la propria attenzione, disagi che avevano portato in quegli anni a vertenze nella grande distribuzione, a testimonianza di uno stato crescente di tensione tra imprese e lavoratori e anche con il mondo della chiesa per i riflessi sulla dimensione familiare e sociale della vita.
Ma già si sentivano le avvisaglie di liberalizzazione del governo Monti. Nonostante le lettere di richiamo al buon senso e ad una ragionata applicazione della teoria economica giunta persino al prof. Monti, il governo varò un provvedimento, caldeggiato soprattutto dalla grande distribuzione organizzata. Si trattava della manovra finanziaria del 6 luglio 2011, seguita dalla Circolare esplicativa ministeriale (Ministero dello sviluppo economico) 28-10-2011, n. 3644/C, che hanno previsto la liberalizzazione degli esercizi commerciali con effetto dal 2 gennaio 2012 confermata con Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201.
La Conferenza Stato-Regioni propose da subito una modifica dei provvedimenti in favore dell’autonomia dei territori a sperimentare accordi con tutti gli operatori che ovviassero agli inconvenienti citati. Alcune associazioni di categoria lanciarono allarmi per gli effetti peggiorativi sul piccolo commercio in mondo di libere aperture che avvantaggia prevalentemente la grande distribuzione. Alcune sigle sindacali hanno continuato a tener alta l’attenzione. Il Comune di Modena adottò negli anni successivi un accordo sulle sole aperture festive più rilevanti, secondo quanto proposto in pratica dai maggiori operatori.
Ora il nuovo Governo sembra intenzionato a mettere mano alla normativa regolamentando le aperture festive, ma la proposta sembra essere solo una parziale copiatura del Modello Modena. Nei prossimi giorni sarà all’o.d.g. del Consiglio comunale di Modena una Mozione a sostegno del ripristino dell’accordo.
Graziano Pini