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Ho incontrato, nelle scorse settimane, una professionista modenese, benestante e colta. Mi ha spiegato come, dopo diverse incertezze e con la consapevolezza che sua figlia avrebbe perso tutte le amiche, l’ha iscritta ad una prima classe di una scuola pubblica. Mi ha raccontato con passione ed orgoglio come, in questa classe, convivessero metà bambini italiani e metà stranieri e come conviva un “genietto” con due stranieri che non conoscono neppure la nostra lingua; mi ha raccontato della passione con cui le insegnanti hanno seguito i loro alunni durante il lungo periodo della chiusura delle scuole.
Confesso che il suo racconto mi ha emozionato.
A Modena, più dell’80% dei bambini frequenta una scuola primaria statale; non sempre le cose vanno bene, spesso non per colpa degli insegnanti, ma piuttosto di meccanismi che, mentre non consentono la selezione del personale, sono invece molto larghi nell’accogliere le richieste di trasferimento, cosa che provoca, oltre al precariato, un notevole turn over degli insegnanti.
Nonostante tutto, il sistema regge e regge anche di fronte ad un sempre più massiccio ingresso di alunni definiti stranieri, anche se, spesso, sono nati a Modena. La scuola statale si conferma come la scuola di tutti, la scuola dell’inclusione, la scuola della costituzione.
La stituazione delle scuole d'infanzia modenesi
Già in diverse occasioni, su queste pagine, (2 settembre 2019, 7 gennaio, 13 febbraio, 29 aprile, 11, 13, 15, 20, 22 e 26 maggio 2020), ho affrontato il tema dell’iniquità del sistema di accesso alle scuole dell’infanzia modenesi. Qui la presenza dello Stato, per scelta delle amministrazioni che si sono succedute nel dopoguerra, è minima (solo 12 scuole su circa una cinquantina); eppure esse sono gratuite per le famiglie e non pesano sul bilancio del comune.
In compenso, abbiamo un fiorire di scuole gestite da diversi enti sia religiosi che non, da cooperative e da una fondazione, oltre che da privati; molte di queste sono abbondantemente finanziate dallo Stato e dal Comune, e naturalmente, ogni scuola richiede proprie rette che vanno dai:
- 0 euro (100 con il contributo per le attività integrative) per chi frequenta la statale senza pasto
- ai 1.650 massimi per le scuole comunali e di Cresciamo
- ai 2.000/3.000 per le scuole convenzionate FISM
- ai circa 7.000 e oltre per la frequenza piena nelle scuole vip
Creando forti disuguaglianze fin dall’età più precoce.
Nel chiacchiericcio sotterraneo, si dice che nella nostra città non ci sono disuguaglianze di accesso, perché li Comune, direttamente o tramite accordi, pratica “sconti tariffari” alle famiglie più povere. E’ una affermazione aberrante che ci riporta alla mente la “politica compassionevole” addebitata al centro destra. Sì, perché i bonus, i voucher, utilizzati anche nei discriminanti centri estivi, non sono altro che espressioni di quel tipo di politica che tanto venne contestata dal centro sinistra.
Quello che occorre garantire, soprattutto in un sistema plurale come quello modenese, è la parità di accesso. Mi spiego meglio: occorre garantire che tutti i bambini, a prescindere dalle condizioni economiche familiari, possano aver accesso a qualsiasi scuola faccia parte del sistema integrato. Tutto qui. Basta con le scuole per l’èlite e quelle per i poveri. E sia chiara una cosa: non è la professionalità delle insegnanti o quella delle attività che per molti vip fa la differenza, quanto piuttosto l’ “ambiente”.
Statalizzare le scuole dell'infanzia, escluso le Comunali
Ma la scelta fondamentale sarà quella di allargare in numero di scuole statali fino ad arrivare alla loro generalizzazione così come accade, senza nessun scandalo alla primaria, consentendo ad un sempre maggior numero di bambini un accesso gratuito, ma anche e soprattutto, un ambiente rappresentativo di quella che è la società di oggi e una sostanziale uguaglianza di opportunità; il tutto, lo ripeto, con consistenti risparmi per il Comune, quantificabili in circa 300.000 euro all’anno per scuola.
Buon anno scolastico.
Franco Fondriest