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'Cari leader leghisti, apritevi al dialogo: sbagliato affidarsi agli adulatori'

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'Normalmente la politica si circonda dei personaggi più servili e più accondiscendenti e quindi controllabili, ma questo si è rivelato sempre un errore fatale'


'Cari leader leghisti, apritevi al dialogo: sbagliato affidarsi agli adulatori'
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Vae victis, forse a maggio lo diranno le minoranze al sindaco Gian Carlo Muzzarelli. Se fino a poco tempo fa la sua fortezza sembrava inespugnabile, qualcosa sta cambiando. Le elezioni in Abruzzo e Sardegna lo confermano. Vedo incertezze, dove prima tutto era assoluto. Sento voci fin qui solamente sussurrate, prendere forma. Riscontro l’insicurezza di gente che fino a poco tempo fa era ben piantata su due gambe, e al solo nome, Muzzarelli, metteva con piglio braccia e mani sui fianchi, come dire: qui non si passa, Muzzarelli è sindaco e sindaco rimane. Molti stanno dalla sua parte, ma con meno grinta. Alcuni sembrano reggersi su una gamba sola mentre l’altra è lanciata in avanti per trascinare con sé tutto il corpo e spiccare il volo nel tentativo di liberarsi da una posizione ormai scomoda.

Muzzarelli ogni tanto cambia: prima con Bersani, poi con Renzi, ora con Zingaretti... E’ la vita. La salita è inebriante, porta in alto e procura soddisfazioni, ma a ogni salita si accompagna una discesa. Il problema non è questo. Son cose, codeste, che si hanno in conto. Il problema è vedere quando le mani che prima applaudivano, accarezzavano, e si stringevano forte alle proprie per far sentire il calore della presenza e della solidarietà, cominciano a stringersi con minor vigore; quando le carezze diventano di rito; e l’applauso meno fragoroso. Se questo avviene, vuol dire che è iniziata la fase discendente e che bisogna prepararsi a guardare la politica con distacco: che è arrivato il momento di ritornare indietro, di abbandonare, di ritrovare i vecchi amici; di godersi gli affetti, e rivalutare tutto ciò che l’esercizio del potere aveva messo in secondo piano.

Chi primeggia alla fine deve aspettarsi il conto. 

Poco tempo fa scrissi: Muzzarelli vincerà e sarà canonizzato in municipio e in cattedrale. Lo vedevo ben sistemato dentro a un carro armato con il quale aveva distribuito di tutto: incarichi, appalti, promozioni, nomine. Una piccola mina anticarro confezionata da mani non certo esperte, com’erano quelle del colonnello Hugh Robert Hibbert, o da Vjačeslav Michajlovič Molotov, ma di alcuni giovani militanti dell’informazione, asserragliati dentro il giornale on line, La Pressa, era pronta da qualche tempo con la miccia accesa. Oggi, con l’avanzare della Lega, potrebbero riuscire veramente a far saltare quel carro armato che da oltre settant’anni controlla la città. Quei giovani sono un gruppetto di giornalisti con a capo il “bastigliese” Giuseppe Leonelli che ha continuato a credere (anche quando un ordigno gli ha fatto saltare il giornale Prima Pagina tra le mani), che un cambiamento fosse possibile. La “dinamite” che ha distrutto Prima Pagina è stata preparata con la complicità della politica. Ciononostante, non sono riusciti a far tacer per sempre la sua voce critica. Hanno cercato di far sparire dei giornalisti liberi che lavoravano per la realizzazione di quei valori di libertà che la sinistra, sempre più compromessa con il mondo imprenditoriale, solo a parole urla nelle piazze.

Il vento che soffia in Italia e in Europa ha creato le condizioni per bloccare il carro armato di Muzzarelli. Dopo cinque anni di lotta quotidiana contro la sua amministrazione, proprio nel momento in cui s’intravvede una possibilità di vittoria, il sorriso del capo di quei ragazzi de La Pressa piano piano ha lasciato il posto alla preoccupazione. Se vincere a Modena, è per le opposizioni un’impresa titanica, altrettanto lo sarà governare. Abbiamo avuto più di ’70 anni di amministrazione monocolore che ha propagato i suoi tentacoli in tutti i settori della vita sociale. Che ha usato la macchina comunale per conservare il suo sistema politico in tutti i modi. Invertire la rotta non sarà facile. Per questo sono necessarie persone capaci e nuove energie, prestando attenzione agli opportunismi. In primo luogo si deve avere al comando della macchina politica un leader vero, capace di guidare, di motivare, innovare e guardare avanti. Disposto a lasciarsi alle spalle pregiudizi, risentimenti o incomprensioni. Un vero leader deve saper distinguere i professionisti migliori dai tanti mistificatori. Si deve circondare di gente capace, e non affidarsi a mediocri adulatori. Non sempre, anzi quasi mai, il più disponibile è anche il più capace e il più preparato. Normalmente la politica si circonda dei personaggi più servili e più accondiscendenti e quindi controllabili, ma questo si è rivelato sempre un errore fatale.

Spero che i cittadini, e in primis i dirigenti modenesi della Lega, abbiano letto l’articolo pubblicato il 24 febbraio, col titolo “I disastri del Sistema Modena?”. In esso si pongono interrogativi e preoccupazioni. L'autore con lucidità e intelligenza ha esaminato il problema politico che avrà di fronte il vincitore delle prossime elezioni. Ha preso in considerazione i centri del potere e gli uomini che hanno governato nell’ultimo periodo. Ha parlato di un sistema che ha impedito alle forze migliori di esprimersi. Ha fatto osservare come la Lega punti più che a un’alternativa al Sistema Modena, a cavalcare il tema che fin qui ha prodotto consenso elettorale, e cioè l’immigrazione e la sicurezza. Il direttore de La Pressa, ritiene che soltanto la creazione di un “modello diverso di città” possa produrre un sistema migliore. In questo senso sostiene la necessità di mettere in essere le basi di un reale cambiamento fin dalla formulazione dei programmi elettorali.

Nell’analisi di Leonelli vi sono diversi passaggi polemici verso la Lega, ma ritengo che il suo sia un intervento da esaminare con sereno distacco emotivo, e che si tratti di riflessioni su cui meditare. E’ necessario tener conto dei passaggi più importanti. In modo particolare dove pone l’accento sul pericolo che si annida nei cambiamenti se non hanno alla base solide visioni alternative. Da questa preoccupazione ne consegue l’invito a considerare il rischio di avere, egli dice: “Un Sistema incapace di innovarsi dall’interno e che confonde l’idea di apertura all’esterno con un'alternativa che fa leva solo sulla caccia al diverso”. A parte l’aspetto polemico, non sarebbe effettivamente garanzia di reale cambiamento se la Lega si limitasse a questo. Chiude il ragionamento con un’altra preoccupazione: “Che il Sistema, vinca il Pd o vinca la Lega, si riproponga tal quale. Camuffato dalla (falsa) coesione sbandierata dal Pd o dal sovranismo identitario della Lega poco importa. Una mano di vernice diversa sulla stessa inscalfibile matassa”. Il contenuto di queste parole, che a mio modo di vedere possono sembrare di sfiducia, e che hanno anche un intento di provocazione e di critica verso Pd e Lega, è da interpretate nel suo intrinseco significato. E’ solo superando l’aspetto propriamente lessicale, che pure esiste, che si può portare la riflessione sull’analisi. In altre parole, sul pericolo che il cambiamento, se non affronta i nodi strutturali dell’organizzazione di tutta una comunità, nella complessità e nella varietà dei suoi problemi, non saranno alcuni temi, sia pure di grande sensibilità, a realizzare un sogno di cambiamento radicale. Esso richiede analisi, organizzazione, consapevolezza, intelligenza e cultura.

A volte anche la polemica, se è sostenuta contro l’accattonaggio della benevolenza, può essere di stimolo alla riflessione. Lo scontro quando avviene per un fine superiore che ha come obiettivo una sociatà nuova, più giusta, capace di produrre reddito e di distribuirlo in modo equo; anche la critica, la polemica o lo scontro, spesso giudicati fattori negativi, completano il dibattito. Quando il fine è la realizzazione di una società di progresso, tutti gli aspetti anche contrapposti di una seria discussione servono alla riflessione. Il Patto di Jalta fece incontrare Roosevelt, Churchill e Stalin, e se posso fare un paragone ameno, si possono anche incontrare Stefano Vernole, Luca Bagnoli e il direttore di questo quotidiano 'ribelle'. Tenendo conto dei rispettivi ruoli sarebbe utile alla città.

Un partito deve avere dei leader capaci di guardare al futuro, lasciando dietro di sé, come già ho accennato, incomprensioni e giudizi personali. Solo così i veri leader potranno garantire la loro longevità e quella del loro partito. Se Stefano Vernole e Luca Bagnoli saranno capaci di questo, e il mio auspicio è che lo siano, il beneficio andrà a favore di tutti. Senza ricorrere al solito Macchiavelli, il problema non è di astuzia ma di visione per un futuro che possa garantire servizi, sicurezza e benessere, utilizzando le forze migliori anche se a volte scomode. I leader, e parlo in generale, se non sanno realizzare e governare tutto questo, come ha scritto Marcello Veneziani, tanto per citare un intellettuale scomodo, non sono leader ma solo degli speaker.

Adriano Primo Baldi

Nella foto il candidato sindaco Prampolini ieri si è fatto fotografare mentre salutava Sandrone: 'Am sun fermè a saluter Sandroun!' - ha commentato su Facebook


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