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Caro Paolo,
consentimi alcune riflessioni e considerazioni, anche critiche, sull’incontro di sabato scorso col collega giornalista Giuseppe Leonelli.
Intanto la mancanza assoluta nel tuo intervento ma anche nel libro ‘Un granello’, che ho letto tutto d’un fiato, del termine Socialismo Democratico o Socialdemocrazia, sostituito da un generico ‘riformismo’ che, in realtà, è storicamente niente altro che il Socialismo Democratico. Inutile girarci intorno ed essere ipocriti. Tra l’altro il termine ‘riformista’ viene utilizzato ora anche dai diessini ex comunisti che vogliono con questo artificio lessicale far dimenticare alla gente il loro passato politico fallimentare e cercare de entrare in una famiglia, la nostra, che loro hanno sempre combattuto, respinto, denigrato, osteggiando personaggi che hanno fatto la storia dei loro Paesi e del Socialismo Democratico europeo, come lo svedese Olof Palme, il tedesco Willy Brandt, l’austriaco Bruno Kreisky, Giuseppe Saragat fondatore nel dopoguerra della Socialdemocrazia italiana, degno erede di Turati, Matteotti, Treves, Prampolini, Agnini, Massarenti che già avevano scelto la via del Socialismo Democratico prima del’avvento del fascismo.
E tu sai bene quanta importanza abbia avuto per le sorti della democrazia italiana il voto delle politiche del 1948 che mantenne la libertà e la democrazia in Italia, faticosamente conquistata, grazie al successo elettorale della Dc ma anche al provvidenziale 7 per cento ottenuto del Psdi di Saragat, senza del quale avrebbe vinto il Fronte Popolare di Togliatti-Nenni che avrebbe fatto fare all’Italia la fine della Jugoslavia e delle tante dittature comuniste imposte dall’Urss nei paesi dell’est europeo. E che nel 1948 abbia avuto ragione Saragat e torto Nenni lo stanno a dimostrare la rottura del Fronte Popolare da parte dello stesso Nenni qualche anno dopo e l’adesione alle posizioni del Psdi di autorevoli esponenti dell’allora Psi come Garosci, Zagari, Faravelli, Giolitti dei due figli di Matteotti e di altri.
Altro elemento di critica amichevole che mi permetto di farti per quanto scrivi nel libro e per quanto hai detto nel dibattito, è la contraddizione in cui cadi quando, da un lato, vuoi confermare l’alleanza elettorale con l’attuale Pd (“un partito mai nato – l’ha invece definito l’ex sindaco comunista di Venezia Cacciari - perchè frutto di un accordo di vertice tra comunisti e democristiani per mantenere il potere attraverso l’Ulivo, quindi senza un’anima e una identità politica precisa stante l’inconciliabilità delle due posizioni ideologiche”), magari allargato, come affermi tu, con non meglio precisati ‘pezzi della società civile’, per confermare alla fine e una volta ancora, dopo oltre settantanni, un sindaco comunista a Modena, Carpi, Vignola, Mirandola, Sassuolo, Castelfranco mentre, dall’altro, ammetti la presenza di una “cultura comunista italiana che arriva sempre in ritardo e in modo non lineare ai principi della democrazia perchè vive di egemonia”. Oppure quando scrivi della fissazione, sempre dei diessini, di escludere i socialisti “sull’altare di una loro presunta autosufficienza, questione francamente irrisolta anche dal Pd attuale a riprova di quanto ci sia ancora da lavorare e da soffrire intellettualmente in questa Provincia”.
Provincia nella quale, aggiungo io, il Pci, poi Pds, Ds e ora Pd, ha da tempo messo da parte il Psi sostituendo bellamente i suoi uomini con altri della ex Dc che sono divenuti indispensabili per mantenere al potere gli ex diessini nei Comuni e in Provincia ai quali è stato graziosamente concessa la carica di vice sindaco un tempo occupata da uomini del Psi.
E tutto questo mentre il mondo è cambiato con la comparsa di una nuova generazione di politici-manager in tutti i paesi e il prevalere nefasto della globalizzazione in economia che, non governata, ha sinora prodotto solo danni alla umanità e ai popoli progressivamente impoveriti ovunque e anche i n Europa e in Italia come dimostrano i cinque milioni di nuovi poveri italiani cui né Prodi, né l’Ulivo, né il Psi, né il Pci , né il Pd hanno saputo contrastare. Un fallimento storico e politico sfociato in una stanchezza e in una delusione dell’elettorato, in una sfiducia progressiva nella classe politica che ci ha governato in questi dieci, venti, trenta, quarant’anni, che li ha allontanati dai partiti tradizionali e che è interessata ora a soli tre macro aspetti della vita quotidiana: migranti-sicurezza-lavoro. Che sono i veri problemi italiani di oggi che angustiano e preoccupano la popolazione e che, non averlo capito e continuando a non capirlo, ha consegnato il Paese alla Lega e ai Cinque Stelle alle elezioni politiche del 4 marzo.
E allora, non ti sembra che confermare fiducia a Muzzarelli, come gli hai esplicitamente detto, sia da parte tua e del Psi una resa al più forte, una dichiarazione di impotenza, un ritorno al passato piuttosto che vedere e guardare al futuro e alle giovani generazioni e ad una nuova classe dirigente composta da manager usciti dalle università italiane che, piuttosto che rimanere in Italia governata dall’Ulivo, dai diesse e dal Pd, preferisce e ha preferito andare all’estero?
Con la simpatia di sempre ti saluto caramente.
Cesare Pradella