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Caro direttore, chi si è vaccinato non vuole medaglie nè invoca la forca

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Più difficile, invece, è senz'altro risultato per quei tanti giustificare comportamenti individuali che, in un periodo pandemico occorre mettere da parte


Caro direttore, chi si è vaccinato non vuole medaglie nè invoca la forca
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Gentile Direttore,
Le scrivo avendo letto questa mattina, con grande attenzione, il suo “Punto” di ieri, nel quale richiamava alla paura che incuterebbe, oggi, l’abitare in Italia e che, seppure non condiviso in larga parte, ho molto apprezzato. In primo luogo per aver finalmente ravvisato, almeno nella sua pagina, un tono legittimamente convinto, ma pacato, con cui porre questioni concrete e, soprattutto, senza per questo negare a differenza di molti altri che si oppongono ai vaccini (o al «prodotto», se preferisce) l’esistenza della pandemia.

Entrando quindi nel merito del suo editoriale, pur concordando che più di una «irrazionalità» sia contestabile circa l’attuale utilizzo del “green pass” in Italia (come pure in altri Paesi, dove l’obbligatorietà non è ancora, o non è più, stabilita per Legge, ma continua a risultare nei fatti: vedi Austria e Germania), prendo invece le distanze riguardo alla «ferocia» e al «sadismo» col quale, sempre secondo Lei, sarebbero trattati i non vaccinati (non trovo sinonimi adeguati), da una non meglio precisata «fetta di (giubilante!) popolazione».


Ora, premesso che come tutte le categorie umane, anche quella delle persone che hanno assunto il «farmaco anti-Covid», annovera sicuramente al proprio interno (oltre a quanti portano l’orologio a destra, o indossano bretelle), anche un cospicuo numero di irrecuperabili idioti, dalla descrizione che Lei ne traccia, non mi è davvero possibile comprendere a chi si riferisca.

Spero invece che mi creda, quando affermo che la non minima realtà di persone vaccinate da me frequentate (come pure i commercianti che esercitano il controllo dei clienti), al riguardo non abbia nulla di cui vergognarsi. Incontriamo regolarmente le persone che, sempre citando il suo pezzo: «non hanno porto il braccio» e, ora come allora, non le schiviamo e tanto meno le schifiamo; prendiamo atto delle loro scelte e le rispettiamo.
A patto, però, di essere rispettati noi stessi, nei modi che a seguire cercherò di spiegare.



Provo pertanto a proporre, restando sempre sul tema: discriminati e discriminanti un altro punto di vista. Prendiamo una persona che nella vita non si occupa di scienza (la maggioranza); una persona la cui vita, all’improvviso, è stravolta da un virus letale che appare invincibile prima ancora che invisibile; una persona che è stata educata (questo il dato fondamentale) secondo il principio democratico basilare per cui il bene della Collettività - qualsiasi tipo di bene - viene sempre prima di quello individuale; una persona cui un’intera e accreditata Comunità scientifica internazionale guidata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, un presidente della Repubblica esemplare come Sergio Mattarella e un presidente del Consiglio autorevole come Mario Draghi spiegano che il “vaccino” è il solo strumento utile all’immunità propria e degli altri, la cui assunzione costituisce un vero e proprio “Dovere civico”. Una persona come tante, insomma, che come tutti in quei tragici giorni viveva blindato la morte, nella speranza che non fosse la propria.

Tra questi, fortunatamente, in molti a quel dovere hanno ritenuto di dover adempiere, seppure consapevoli (basta leggere un qualsiasi foglietto illustrativo) dei rischi che farmaci, o vaccini, comportano a prescindere e per quanto possano essere stati sperimentati.
Una decisione sicuramente non banale, frutto di una scelta dettata dal bollettino giornaliero dei decessi, la quale pur non avendo la pretesa di essere «saggia» (cito ancora i termini che ha usato Lei), fosse almeno più utile che rimanere chiuso in casa con le mani in mano, chiedendo ad altri di rispettare tempi che non c’erano e di applicare protocolli inapplicabili in un contesto emergenziale come quello. Nessuno di loro ha preteso, per questo, medaglie né, tantomeno, ha invocato la forca per gli altri.

Più difficile, invece, è senz’altro risultato per quei tanti giustificare comportamenti individuali che, in un periodo pandemico sarebbe stato forse più opportuno mettere da parte.
Perseguendo l’interesse comune prima del proprio, lo si è detto, senza bisogno di sancire un’obbligatorietà legale che peraltro la maggioranza governativa populista e demagogica composta da Lega e Movimento 5 stelle, non aveva né intenzione, né interesse ad adottare. Quanto poi al «Mal comune mezzo gaudio» da Lei inteso, gentile Direttore, quale premio di consolazione per i vaccinati colti da effetti collaterali, i quali auspicherebbero parità di danni ai contrari, la ritengo un’analisi non provata e obiettivamente ingenerosa.

Amarezza invece sì che se ne prova, ripensando alle parole di molti anche tra i medici che ritengono inutile il “green pass”, postati online nelle centinaia di chat amministrate da chi è contro l’inoculazione, secondo cui (almeno nella prima fase vaccinale) i “prodotti” iniettati a milioni di persone avrebbero letteralmente abbattuto il numero dei ricoveri e quello delle terapie intensive. Un beneficio di cui hanno fruito tutti, ma che non tutti hanno contribuito a realizzare. Infine, Direttore, mi permetto di farle osservare che il «Male di una società» - così come lo definisce sempre Lei - purtroppo ha molte teste. E non mi riferisco - poiché lo strumentalizzare in tal senso sarebbe un gioco tanto facile, quanto meschino - ai criminali che distruggono gli hub vaccinali e minacciano di morte politici, medici e virologi.

Parlo invece dei tanti, troppi “contrari della porta accanto” per i quali - incuranti delle storie personali di chi attaccano - chiunque abbia deciso di vaccinarsi, non avrebbe agito sulla base di una scelta libera e responsabile al pari della loro e degna quindi del medesimo rispetto, ma avrebbero agito in quanto «pecore, allineati al sistema o servi del potere, cui interessa solo il green pass …».
Peggio ancora, va per i giornalisti delle grandi testate: professionisti integerrimi quali Mattia Feltri e Massimo Gramellini, per citare due esempi tra i più noti, che da sempre criticano in maniera bipartisan i personaggi politici, i Governi e le Opposizioni, improvvisamente destituiti a “zerbini delle multinazionali, o a libro paga di Bill Gates e delle case farmaceutiche”, solo perché esprimono un’opinione diversa, anche se mai irriguardosa.

Spero sinceramente che Le faccia orrore anche questo tipo di Italia, gentile Direttore. Le parlo di un’Italia che purtroppo esiste e alla quale interessa poco, o nulla, quella solidarietà e quel moto di protesta collettiva di cui Lei, non senza qualche ragione, lamenta l’assenza. Una situazione che sostiene rimandarla a Sanremo, mentre a me (se mi si passa il gioco di parole) ricorda piuttosto San Giacomo. Si può chiedere ai lapidati di comprendere le ragioni dei lapidatori, o addirittura di perdonarli, ma non di porgere loro anche le pietre.

Con stima,
Maurizio Scordino

PS. Evito, infine, per quanto riguarda l’inflazione da Lei richiamata e che stiamo patendo, di addentrarmi in analisi spericolate. Mi limito, semmai, a ritenere parimenti azzardato il voler imputare tale fenomeno, disastroso come la pandemia da cui deriva, alla responsabilità del medesimo Mario Draghi che, Whatever it takes, in tempi e ruoli né sospetti, né lontani ha salvato l’Europa da un baratro economico finanziario di analoga, se non maggiore, gravità.

Ringrazio lei per la sua pacata analisi, distante da quella proposta dal nostro giornale, ma certamente utile a un dibattito sereno e plurale. La proponiamo ai nostri lettori con piacere.
Giuseppe Leonelli

Redazione Pressa
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