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Cispadana e Pedemontana: due progetti colpevolmente diversi

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Quale programmazione della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Modena in materia di infrastrutture?


Cispadana e Pedemontana: due progetti colpevolmente diversi
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La Regione Emilia Romagna chiarisce molto bene a settembre 2018, che la programmazione viaria Est–Ovest della Regione prevede due assi paralleli la Cispadana e la Pedemontana.

Nell’ambito della Grande Rete, il PRIT98 (tuttora vigente in attesa del completamento dell’iter approvativo del PRIT 2015) individua due grandi assi con andamento est-ovest, la Pedemontana e la Cispadana, la cui competenza, all’epoca in capo all’ANAS, a seguito del processo di regionalizzazione della rete statale è passata in capo alla Regione e quindi alle Province.

Cispadana

Lunghezza complessiva di circa 67 km, con inizio nel comune di Reggiolo (dove si raccorda con l'autostrada A22 del Brennero) e termine nel comune di Ferrara (con attestazione finale sulla barriera di Ferrara Sud della A13 Bologna-Padova).

Cispadana urbana: 209 milioni di euro a carico della Regione Emilia Romagna già pronti nel 2002
Autostrada Cispadana: 1 miliardo 308 milioni di euro + 350 milioni di opere complementari di cui circa 580 milioni a carico della Regione Emilia Romagna.
La programmazione progettuale  intravista dalla RER per la Cispadana è quella di un ASSE A (autostrada) quindi con standard di sicurezza massimo (5% di sinistri in RER) ed un costo elevato, in rapporto alla sua lunghezza (67 km).
La realizzazione di un asse B al suo posto si tradurrebbe certamente in una diminuzione vistosa dei costi, ma sarebbe certamente meno sicura per gli utenti.

Pedemontana

La programmazione invece che la Regione prevede per il territorio maggiormente industrializzato della Provincia di Modena (Sassuolo, Fiorano, Maranello, Castelvetro ma che si estende fino a Parma) in merito alla Pedemontana (130 km), è di realizzare un Asse C, cioè una Extraurbana Secondaria, fruibile in base al codice della strada da cicli, motocicli e pedoni, realizzata nel tratto di Castelvetro con 5 intersezioni a raso con rotonde.

Era quindi prevista la sua realizzazione, nel tratto ricadente nella “Grande Rete”, a uno standard a carreggiate separate a 2 corsie/senso e svincoli senza punti di conflitto, realizzabile anche per fasi funzionali successive: una prima fase con piattaforma a standard IV CNR (ora tipo C1) e passaggio in una fase successiva da singola a doppia carreggiata.

Il PRIT 2025 conferma quindi il completamento della Pedemontana nel tratto ricadente nella Grande rete fra Bologna e il fiume Taro, ma con caratteristiche di strada extraurbana secondaria ad una corsia per senso di marcia (tipo C), tramite la realizzazione sia di tratti in nuova sede sia con adeguamenti alla viabilità esistente, privilegiando le soluzioni delle intersezioni con sistemi a rotatoria, piuttosto che svincoli a livello sfalsato.

La realizzazione di un asse C nel territorio maggiormente industrializzato di Modena viene motivato dal fatto che i fondi a disposizione sono pochi e quindi la realizzazione a spizzichi e bocconi (1 km dopo 17 anni, via Belvedere) è motivata dalla penuria di pecunia (e l’imbuto o collo di bottiglia creato in questi decenni?).

Viene ora da chiedersi la motivazione che ha indotto la Regione ad usare due pesi e due misure, anche perché la industrializzazione nel sito della Cispadana è nettamente inferiore a quello del polo di Sassuolo .

A ragion di logica era prevedibile un incanalamento di automezzi con sovrappassi e sottopassi almeno nei 40 km  (casello Valsamoggia A1 - Sassuolo) con un asse B (extraurbana principale senza intersezioni a raso con rotonde) non interferendo con la qualità della vita dei residenti  e garantendo una maggiore sicurezza per gli utenti.

La difformità progettuale tra i due assi, un asse A nella Cispadana e un asse C nella Pedemontana si traduce in una scelta precisa che confligge con la VISS, valutazione impatto sicurezza stradale, per la Pedemontana, normata dal dlgs 35/2011, e dal 285/1992, e rende incomprensibile la scelta di realizzare un asse stradale di tipo C con rotonde e pedonali, nel  maggior polo industriale del Paese.

Gli stessi dati che il Ministero e la stessa Regione forniscono in materia di sicurezza stradale individuano proprio negli assi B e C  la tipologia di strada che ha gli indici di lesività e pericolosità maggiore.



La dichiarazione che il sindaco di Sassuolo ha fatto a mezzo stampa pochi giorni fa, nella quale delinea uno scenario di raddoppio di carreggiata per l’attuale asse di Pedemontana, in discussione da 18 mesi con la Provincia, è in contrasto con quanto il 2 Settembre la Provincia scrive rispondendo ad alcuni quesiti in merito, e cioè che a Est e Ovest di Castelvetro non sono previsti raddoppi di carreggiate (non è in corso nessun esproprio per il raddoppio di capacità della Pedemontana nei due tronconi limitrofi a Castelvetro, né tale opera risulta in programmazione).

La stessa nuova Bazzanese è stata realizzata espropriando i terreni a latere per il raddoppio di carreggiata, utilizzando 9 milioni della Regione e 45 della Società Autostrade.

La difformità progettuale e realizzativa nell’asse Valsamoggia –Sassuolo quando viene ad essere interessato il territorio di Castelvetro è evidente.

Per affiancare un esempio potremmo citare la costruenda Pedemontana Veneta, programmata come Asse tipo B , quindi extraurbana principale, e quindi senza intersezioni a raso con rotonde ma solo con svincoli.

Il raddoppio di carreggiata nei due tratti limitrofi a Castelvetro per circa 30 km (ma negato dalla Provincia) farebbe pensare ad un asse stradale di tipo B in futuro, ma che risulta incompatibile con i 5 km di Castelvetro di tipo C.

Le differenze

Che qualcosa non torni è lampante, da un lato ci si appresta a costi stratosferici , vicino ai 2 miliardi, in un area che ha, sì una industrializzazione, ma non certamente paragonabile a Sassuolo, dall’altro lato la Pedemontana, che dovrebbe fungere da valvola di sfogo per tutto il transito pesante ceramico, collegando il polo all’A1, al fine di riqualificare il territorio, e declassare le strade con dossi , limitatori e altro, viene realizzata come strada C con realizzazione di 1 km alla volta (17 anni per il Cavalcavia su via Belvedere trasformato in rotonda) e fondi UE FAS quando arrivano.

In questa programmazione inesistente, 20 anni di Cispadana mai realizzata, 50 anni di Pedemontana, non ancora conclusa, ma realizzata come asse C, ci si rende conto solo ora che l’industrializzazione, (1300 AIA tra Modena e Reggio) non è stata supportata da una adeguata rete di infrastrutture che tutelasse l’utente debole (pedoni e ciclisti) e la stessa industria (rete stradale, ferroviaria, siti di deposito).

È evidente che le priorità raccontate sono diverse dagli obiettivi reali, qualche pensiero malvagio allora comincia a delinearsi, ricordando sempre gli articoli 1 e 2 del testo base relativo alla sicurezza stradale e alla realizzazione delle infrastrutture:

Il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 Nuovo codice della strada afferma chiaramente che 'La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato' e che 'La circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulle strade è regolata dalle norme del presente codice e dai provvedimenti emanati in applicazione di esse, nel rispetto delle normative internazionali e comunitarie in materia. Le norme e i provvedimenti attuativi si ispirano al principio della sicurezza stradale, perseguendo gli obiettivi: di ridurre i costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio; di migliorare la fluidità della circolazione'.

La mancata realizzazione delle infrastrutture disattendono certamente i principi cardine dei sopracitati articoli di legge.

Roberto Monfredini e Filippo Gianaroli


Redazione Pressa
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