Diritti dell’Infanzia, Giornata che dimentica i bimbi vittime dell'orrore Green Pass

Un bimbo discriminato per mesi, come potrà celebrare con gioia questa giornata insieme ai suoi amici dopo essere stato usato vigliaccamente come un ostaggio, per punire i genitori?


Certo, rispetto al passato, sono stati fatti numerosi passi avanti grazie anche al contributo di numerosi pedagogisti ed educatori che hanno contribuito a costruire un’immagine di bambino capace di valorizzarne le caratteristiche e i bisogni, fino ad arrivare al 1989, anno dell’approvazione della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza da parte delle Nazioni Unite.
Tuttavia, è evidente come ciò purtroppo non sia ancora sufficiente; molti bambini nel mondo vivono in condizioni molto difficili, basti pensare alle situazioni di povertà con cui ancora oggi l’infanzia deve fare i conti, alle guerre, sia quelle più note sia quelle meno spettacolarizzate dai media che continuano a mietere numerose vittime tra i minori o a lasciare nelle loro vite traumi indelebili, o ai problemi di ansia e depressione che negli ultimi anni sono di gran lunga aumentati tra gli adolescenti.
Nonostante sia consapevole dell’ipocrisia che spesso si cela dietro questa giornata, come futura insegnante, non posso fare a meno di esprimere qualche riflessione e pormi qualche semplice domanda in merito alla tutela dei diritti dei bambini alla luce di ciò che avvenuto nel nostro paese negli ultimi due anni.
Anni vissuti tra lockdown e restrizioni in cui l’infanzia, insieme ad una serie di libertà e diritti fondamentali, è stata sospesa, dimenticata e oppressa dalla paura che ha dominato le vite degli adulti, coloro che dovrebbero avere il compito di proteggerla, a prescindere da quanto possa essere difficile la situazione in cui ci si trova. Privati per lunghi mesi della socialità e della frequenza scolastica, bambini e ragazzi hanno dovuto fare i conti con la solitudine e l’isolamento e, una volta tornati a scuola, hanno dovuto sottostare per ben due anni scolastici a regole e comportamenti che poco hanno a che fare con il loro bisogno di interazione, affetto e condivisione, ormai riconosciuto da ogni teoria pedagogica contemporanea. Ai bambini, probabilmente, sono stati chiesti i sacrifici più grandi e ad un prezzo altissimo di cui probabilmente tutti noi, sia giovani che vecchi, pagheremo le conseguenze in futuro quando dovremo fare i conti con una generazione che è stata completamente ignorata e schiacciata in quegli anni in cui avremmo dovuto costruirla.
Ho sempre pensato che gli avvenimenti degli ultimi anni abbiano prodotto soltanto vittime, vittime che molto spesso non hanno avuto il coraggio e la forza di aiutarsi a vicenda per liberarsi da tale condizione, ma che, al contrario, abbiano contribuito a fortificarla, trasformandosi essi stessi in carnefici per sé e per gli altri. Tuttavia, penso che ci siano alcune persone che siano state più vittime di altri. Tra questi vi sono sicuramente i bambini, tutti i bambini, ma in particolare quelli che hanno vissuto sulla loro pelle l’orrore del green pass e le sue conseguenze devastanti sul piano sociale ed umano. Bambini la cui infanzia, condizione che contribuisce a costituire la propria identità, è stata per qualche mese annullata e ridotta ad un’unica categoria priva d’individualità, i No-vax. Categoria nella quale sono stati relegati senza avere alcuna voce in capitolo tra l’altro, in quanto, al di sotto dei diciotto anni, le scelte sanitarie vengono prese dai genitori.
Oggi 20 novembre 2022, Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza mi chiedo come si sentiranno quei ragazzini quando ascolteranno qualche paladino della giustizia e dell’uguaglianza citare gli articoli presenti nella Convenzione dei diritti dell’Infanzia? Cosa proverà un bambino cacciato dalla propria squadra sportiva perché non vaccinato nell’udire l’Articolo 31 che recita “Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica. Rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali”?
Cosa proverà un ragazzino, impossibilitato a prendere il bus per raggiungere la propria scuola perché privo di green pass nel sentire l’articolo 28 che fa riferimento all’educazione del bambino, di come essa dovrebbe essere aperta e accessibile a tutti, sottolineando il dovere degli stati firmatari della Convenzione, tra cui anche l’Italia il loro dovere a rimuovere gli ostacoli che possono compromettere la piena realizzazione di tale diritto? Impedirgli di viaggiare sui mezzi pubblici per raggiungere una delle principali istituzioni responsabili della sua educazione non è stato forse ostacolare la piena attuazione di quel diritto che in quanto bambino gli spetta?
Non proverà forse un certo disagio, nel sentire che tra le finalità educative indicate dall’articolo successivo, il numero 29 vi è quella di “sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite” e “preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona” dopo essere stato costretto a rimanere a casa da scuola davanti ad un PC, punito e additato come un potenziale untore benché egli fosse perfettamente sano quanto i suoi compagni vaccinati?
Non sarà forse uno schiaffo per lui ascoltare parole, come libertà, tolleranza, comprensione, pace dopo aver osservato quell’ostilità reciproca generata e perpetrata da noi adulti che è sfociata in una spaccatura sociale ancora non ancora del tutto sanata? E infine che cosa penserà quando qualcuno leggerà l’Articolo 2 quello che sancisce il principio dell’uguaglianza e che recita “Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari”? Come si sentirà quel bambino dopo aver dovuto pagare in prima persona per le scelte, le opinioni e le convinzioni dei propri genitori, tra l’altro legittime?
Come potrà celebrare con gioia questa giornata insieme ai suoi amici dopo essere stato usato vigliaccamente come un ostaggio, per punire chi per lui aveva preso, in buona fede, una determinata decisione? E gli adulti? Coloro che, con la loro indifferenza e in alcuni casi anche approvazione, hanno contribuito a calpestare o quanto meno ad ostacolare la piena realizzazione dei principi e dei valori espressi dalla Convenzione come vivranno questa giornata? Sarà forse un’occasione per riflettere su quanto avvenuto? Non credo, purtroppo. Nonostante l’orrore del green pass, almeno per i bambini, è terminato già da alcuni mesi, la strada da percorrere per compiere una riflessione collettiva che coinvolga tutti, vaccinati e non, sulle ingiustizie perpetrate per il bene delle generazioni future appare parecchio tortuosa.
Nessuno si è scusato, nemmeno con i bambini, ai quali noi adulti ripetiamo in continuazione di chiedere “scusa”. Eppure mi auguro che, in occasione di questa giornata, accanto alle solite celebrazioni autoreferenziali di scuole e istituzioni ci siano persone, magari un insegnante che guarda i suoi alunni finalmente sorridere o un genitore che dà la buonanotte ai suoi figli o semplicemente un adulto che osserva dei bambini giocare al parco, che rivolgono un pensiero ai ragazzi vittime del green pass con la consapevolezza che occorre fare i conti con il silenzio che gli adulti hanno mostrato nei confronti della loro sofferenza se si vuole costruire una vera cultura dei diritti dell’infanzia di cui ogni bambino si senta parte.
Camilla Dolcini
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