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La strategia geopolitica americana è ormai chiara. Convinti che Mosca non stringerà mai un vero patto di alleanza con Pechino – le due superpotenze hanno una storia antica di contrasti, neppure stemperata al tempo dell’Unione Sovietica – Washington si lancia in un tentativo d’isolare il Cremlino anche sul fronte orientale. E, a mio parere, sbaglia i calcoli.
La ragione è semplice: l’Europa sta entrando in una fase di sofferenza economica a causa delle sanzioni e siccome l’Occidente non è il mondo, Putin ha intensificato gli scambi commerciali con quei Paesi che non hanno voluto allinearsi all’atteggiamento ostile verso la Federazione Russa. Per prima, proprio la Cina.
A dire il vero, questa sanzioni si sono rivelate un flop: molti Stati tra quelli neutrali – compresa la Turchia che è pure nella NATO – si sono prestati al giochino delle triangolazioni commerciali.
E’ un guadagno assicurato e senza impegnarsi molto. Anzi, l’impegno rasenta lo zero. Il Presidente russo l’ha annunciato ieri, dicendo che il tentativo di soffocare l’economia russa è fallito e qualsiasi analista potrà confermare che la notizia è molto vicina al vero.
Nello stesso discorso, Putin ha parlato della Svezia e della Finlandia, che hanno deciso di presentare domanda per un loro ingresso nella NATO. Le due nazioni, a quanto pare impaurite dall’aggressività del Cremlino in Ucraina, hanno temuto di fare la stessa fine e così hanno abbandonato la loro secolare neutralità. Non si vorrebbe peccare di presunzione, ma la NATO sarebbe intervenuta a difendere i due Stati anche senza sottoscrizioni di trattati, come ha fatto con Kiev, e in più, poco tempo fa Stoccolma ed Helsinki hanno firmato con la Gran Bretagna un accordo proprio per assicurarsi una protezione in caso d’aggressione.
Non vi era quindi motivo, nella mia opinione, di gettare altra benzina sul fuoco e in questo momento, ma tant’è: la Russia ha già annunciato che, prevedendo l’immediata costruzione di basi missilistiche americane in Scandinavia, sarà costretta a rispondere militarmente con 12 suoi presidi.
Siamo sempre alla stessa teoria che si ripete all’infinito e riprende il motto latino dello scrittore romano Vegezio “Si vis pacem, para bellum”, se vuoi la pace, preparati alla guerra. Il risultato è che, dove prima non c’era neppure un soldato, a breve vi stazioneranno 200 mila militi.
Ma torniamo agli intendimenti di Biden d’isolare commercialmente la Russia e creare la NATO asiatica, con sempre l’America a capeggiarla, naturalmente. Ieri, il presidente degli Stati Uniti è arrivato a Seul e poi proseguirà per Tokyo, dove sarà proprio per presenziare alla cerimonia del Quad, questa sorta di Nato 2 non molto gradita dalla Cina.
Quando si muove Washington, si parla sempre di soldi a palate per tutti e infatti a Tokyo, Biden lancerà il piano economico per l'Indo-Pacifico, atto a contrastare la crescente influenza economica cinese. Pechino è il vero nemico americano e, come in una partita a scacchi, prima di attaccare la Regina (Pechino) si sono fiaccati gli Alfieri o le Torri, se preferite (Mosca e l’Europa: strano partner che, però, non deve allargarsi troppo economicamente). L’obiettivo, dando per scontato che la Russia sarà ridotta a miti consigli, è quello di creare un fronte unito anche in Oriente, perché gli americani hanno una visione del mondo unipolare: comandano gli USA insieme agli alleati con diversa importanza tra loro e gli altri sono il “nemico” o non contano nulla, perché non c’è nulla da prendere.
Quali saranno le conseguenze di questa bella pensata del Pentagono e dei suoi analisti? Si sta preparando un altro terreno di conflitto nel Pacifico, ancora più terribile di quello in Ucraina – (i cinesi sono un miliardo e 400 milioni di persone...) e se Pechino non vedeva con grande entusiasmo l’idea di fare blocco economico e militare con la Russia, ora dovrà rivedere il suo atteggiamento.
C’è da domandarsi se i vari atlantisti si rendono conto che a minare la pace nel mondo non sono solo i Putin, i Xi Jinping o qualsiasi altro, ma anche gli inquilini della White House. Oggi, poi, vi abita un signore che non si comprende se presti la voce a chi sta nell’ombra o è proprio lui a inanellare perle di diplomazia e strategia. Il problema di questo dinamismo nella politica estera è che a morire e a impoverirsi sono gli altri, ma nessuno pare avere il coraggio e l’amor di Patria – che significa anche difendere gli interessi nazionali prima di quelli degli altri – per dire a Biden e ai suoi di darci un taglio. Il mondo vuole la pace, vendere e comprare con chi gli pare, muoversi liberamente e altrettanto liberamente decidere da chi vuole essere governato.
Massimo Carpegna