Emergenza turistica, così l'Appennino va avanti nonostante la politica

L’Appennino oramai è allo stesso tempo un presidio e un pretesto. Un presidio per chi lo governa e un pretesto per poter parlare di gioie e dolori


Il fatto è che quando furono creati i calendari, non si sapeva che poi secoli dopo sarebbe arrivato il consumismo a inventarsi, oltre alle stagioni naturali, quelle turistiche. Ragion per cui, abituati al Natale con la neve dai film americani, ambientati a latitudini più a nord rispetto al nostro Appennino, ogni anno la gente “vuole il natale con la neve” come cantava Vasco Rossi. Ma a mia memoria, sotto ai 1500 metri le vacanze natalizie han sempre visto poca neve e, se gli impianti erano aperti non lo erano al 100% in nessun consorzio. Questo durante il periodo dal 24 dicembre al 6 gennaio.
Han gioco facile CNA e Legambiente a dare la colpa al cambiamento climatico e a sollecitare un turismo differenziato anche come offerta, ma mentre la prima osservazione fa parte del correntone “gretino” che dimentica volutamente che una stagione nonè mai uguale all’altra, la seconda fa parte delle interminabili campagne elettorali dei pretoriani di Bonaccini. A ogni crisi dal cilindro vengono magicamente tirate fuori dichiarazioni che dicono che 'Servono investimenti che permettano al settore ricettivo di essere competititvo con le strutture alpine, servono fondi per la riqualificazione dell’impiantistica sportiva, servono investimenti sulle strade, servizi sanitari all’altezza di una presenza turistica importante' come ha detto Marco Bonucchi attuale vice sindaco di Sestola dopo che ha seduto sullo scranno più altro per 15 anni, dicendo queste cose a ogni campagna elettorale.
Viene applaudito Bonaccini che propone il tavolo urgente col governo, ma lo stesso non mosse un dito quando i suoi sodali, prima al governo con Conte, e poi con Draghi, hanno impedito la stagione turistica 2020/21 quando di neve ce n’era in abbondanza con addirittura i passi dell’Abetone e delle Radici chiusi per troppe precipitazioni.
Lo stesso Bonaccini che doveva riaprire il punto nascita di Pavullo ma nel frattempo ha chiuso quello di Mirandola, a proposito di avere servizi sanitari all’altezza. O che si autoelogia per le iniziative sul ripopolamento della montagna che però non sono accompagnate da investimenti strutturali e creazione di posti di lavoro.
Dal canto loro, tutto l’indotto ha poco da lamentarsi, della serie “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Passi per ciò che accadde a marzo 2020 con il lockdown che piombò come un ladro nella notte, ma le associazioni di categoria che oggi incolpano il cambiamento climatico, non mossero un dito per tutelare il settore turistico invernale, dopo che quello estivo, evidentemente troppo grande per poterlo chiudere, era stato ampiamente tutelato. Prima le chiusure, poi i green pass, tagliare fuori una fetta importante fetta di utenti (e quindi di incassi) perché lo dice la scienza, e poi trovarsi a piangere per contrappasso.
La realtà è che l’Appennino oramai è allo stesso tempo un presidio e un pretesto. Un presidio per chi lo governa a tempo indeterminato e mette a disposizione il proprio bacino elettorale e un pretesto per poter parlare di gioie e dolori, allo scopo di ricordare a chi ci abita che “stiamo lavorando per voi”.
Sarebbe ora che qualcuno rispondesse, stiamo andando avanti nonostante voi.
Stefano Bonacorsi
Modenese nel senso di montanaro, laureato in giurisprudenza, imprenditore artigiano, corrispondente, blogger e, più raramente, performer. Di fede cristiana, mi piace dire che sono .. Continua >>