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E così, nel silenzio totale, lo scorso 25 aprile, Cesar Brie se ne andato dall’ Italia. Ma chi è Cesar Brie?
E’ un autore, regista, e attore teatrale. Nato in Argentina, ben presto, dovette lasciare il paese a causa delle persecuzioni, dopo il colpo di stato dei generali e la seguente dittatura; successivamente, soggiornò lungamente in Europa, in particolare in Italia e Danimarca, ma poi riprese la via dell’ America Latina per arrivare in Bolivia dove allestì un nuovo teatro sperimentale.
A seguito di nuove minacce di morte da parte di oppositori di Evo Morales, fu poi costretto a lasciare il paese.
Dal 2010 era in Italia, dove ha scritto, prodotto ed interpretato diversi spettacoli che hanno emozionato gli spettatori.
Prima della sua ultima rappresentazione, a Modena, lo abbiamo intervistato anche per capire i motivi di questo suo allontanamento.
Ecco una sintesi.
Questo per te, è un addio o un arrivederci dall’Italia?
Dal punto di vista personale è certamente un arrivederci, visto che qui vivono le mie figlie; dal punto di vista artistico, il mio futuro sarà in America Latina, anche se verrò in Italia se mi inviteranno.
Quali sono i motivi che ti hanno spinto a prendere questa decisione, che immagino, non sia stata facile?
Penso di non entrarci niente col mondo organizzativo del teatro italiano. Questo è un paese dove non si premia il merito, dove per esistere devi bussare alle porte di chi decide cosa si fa o non si fa; sono i teatri che gestiscono e quindi funziona moltissimo lo scambio tra i grandi teatri.; si tratta di un rapporto non di stima, ma di convenienza che mediocrizza tutto. E quindi gli artisti che non sono ammanicati, che producono in modo indipendente, in questo schema non entrano.
Io lavoro in modo indipendente. Negli anni ’70, in questo paese, si riusciva a vivere in modo indipendente, ora non più.. Io ho montato quattro spettacoli dei Fratelli Karamazov che, tranne uno, hanno trovato grandi difficoltà a sopravvivere, non perché sono brutti, ma perché non rientrano nello scambio. Con l’ultimo spettacolo (n.r.quello su Simone Veil), in due anni abbiamo fatto pochissimo. Trenta date, di cui dodici a Milano e una vicino a Vignola, perché a Modena non mi chiamavano; poi Pietro Valenti, col quale non mi parlo più, ma che devo ringraziare ogni giorno, in uno dei suoi ultimi atti, mi ha chiamato qui. Sembra che disturbi tutti ricordare quanto miserabile sia questa struttura gestionale e invece io lo dico senza peli sulla lingua, perché è la verità. Ormai si fanno solo piccoli spettacoli, in poco tempo, con poche persone o con molte persone molto mal pagate, utilizzando spesso le scuole di teatro. Lo stato mettendo tante regole per lavorare, di fatto impedisce di lavorare. E’ su questa miseria che si fonda adesso il teatro e questo per me è inaccettabile. Il teatro è il luogo dove tutta l’inquietudine e il disagio vivono e trovano forza. A Buenos Aires, ci sono, ogni giorno circa seicento spettacoli; se il pubblico c’è e ti sostiene, sono pochi soldi, maledetti, ma subito.
Ma è l’Italia che è così, in declino, mentre l’Argentina ha più spinta?
L’Italia è un paese vecchio, con un sistema vecchio. La finta opulenza del primo mondo è una miseria. Qui il tempo è denaro. Ma il teatro ha bisogno di tempo.
Un ricordo bello dell’Italia?
L’ Italia è un paese accogliente: Io sono sfuggito dalla mia terra e so cosa vuol dire essere rifugiato. E poi all’ Italia sono particolarmente legato perché sono nate le mie figlie. E… anche il cibo non è male; la cucina italiana è grande perchè è una cucina povera che si è raffinata, al contrario di quella francese che è raffinata e si è impoverita. Ormai noi attori per mangiare una pizza dobbiamo andare dai cinesi perché sono gli unici che hanno aperto di notte.
Il ricordo più brutto?
La bestia che ha bruciato vivo quel clochard a Roma; l’opulenza addormenta le coscienze e poi c’è la frustrazione che questa opulenza sia finita; ho molta paura di quello che accadrà, siamo alle soglie di qualcosa di molto brutto. Non è solo l’Italia, ma l’Europa e tutto il primo mondo.
Un ultimo messaggio?
Bisognerebbe raccordare etica ed arte; questo si fa poco, invece è fondamentale; come artista certe cose non le puoi dire, non te lo puoi permettere, perché vai contro il genere umano; ci sono persone che artisticamente sono bravissime, ma eticamente sono un disastro.
Adesso per te inizia una nuova avventura; come vedi il tuo futuro?
Duro! Tanta fatica, tanto lavoro. Lavorerò con i giovani a creare bellezza ed onestà.
Auguri a nome nostro e di tante persone che ti vogliono bene. La tua partenza è una grave perdita umana e professionale. Ciao Cesar Brie e grazie...
Franco Fondriest