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Fino a non molti anni fa, nel pubblico impiego, col pieno accordo di partiti e sindacati, senza distinzione, si poteva lavorare quindici anni e godere la pensione per quaranta; ora, si lavora quaranta anni per goderne quindici di pensione. Nessuno di quei soggetti ha nulla da dire? Tutto colpa della cattiva Fornero? O di Monti, Renzi, Gentiloni?
Ma veniamo al tema di oggi.
Dal rapporto sull’economia della bici in Italia, pubblicato da Legambiente emerge che, “nonostante le piste ciclabili urbani nei capoluoghi di provincia dal 2008 al 2015 siano aumentate del 50 per cento - da 2823 km a 4169 -, la percentuale di italiani che usano la bici abitualmente per gli spostamenti è rimasta immutata: non si è schiodata dal 3,6 per cento”. Un innegabile fallimento. Ci sarà un motivo! Forse perché sono discontinue e poco sicure?
Dai dati Aci-Istat risulta che nel solo 2016 sono morti sulle strade 275 ciclisti, con un aumento sul 2015. Ci sarà un motivo! Forse perché i ciclisti sono poco tutelati? O perché sono scorretti?
BOLOGNA, LA GUERRA AI CICLISTI
E così il Comune di Bologna dichiara guerra ai ciclisti indisciplinati (che in genere non solo altro che automobilisti che, in quella occasione, usano la bici).
Giusto o sbagliato? Certo, giusto perché è doveroso che tutti quelli che circolano sulla strada, ne osservino le regole. Sbagliato se contestualmente non si puniscono con la stessa determinazione gli automobilisti (che, talvolta, non sono altro che ciclisti che usano l’automobile.)
Lo ha ricordato recentemente Andrea Burzacchini, amministratore di AMO, che ha duramente condannato due gravi comportamenti che, da noi, sono scarsamente puniti: l’eccesso di velocità e il non dare la precedenza ai pedoni negli attraversamenti.
Personalmente, a questi aggiungerei l’uso della freccia (o del braccio per i ciclisti) per segnalare la svolta; una prescrizione ormai del tutto dimenticata.
LE ALTRE CITTA’
Intanto numerose città stanno vietando, contrariamente a quanto prevede il codice della strada, il transito dei ciclisti nelle aree pedonali. Al di là delle motivazioni più o meno plausibili che hanno condotto a queste decisioni, resta il fatto che sembra più facile chiudere le strade ai ciclisti che agli automobilisti. D’altro canto, altre consentono ai ciclisti di pedalare “contromano”, in perfetta sintonia col codice; altre, invece lo vietano, anch’esse in perfetta sintonia col codice.
E A MODENA?
E i modenesi cosa ne pensano della mobilità? Ce ne dà una risposta “QUO VADIS MODENA?”, CONVEGNO SULLA CITTÀ CHE CAMBIA, una ricerca presentata venerdì 3 novembre, promossa dal Comune di Modena sulle aspettative e i bisogni dei modenesi su famiglia, lavoro, servizi e conciliazione. Ecco cosa vorrebbero (secondo questa ricerca) i modenesi: “Il miglioramento del trasporto pubblico ma senza limitare in alcun modo la possibilità di utilizzare l’auto privata e, anzi, aumentando i parcheggi e agevolando la viabilità automobilistica”. Insomma la botte piena e la moglie ubriaca; chissà quali utili indicazioni ne trarrà l’assessorato competente…
Infatti, a Modena, come sempre in questa materia, si galleggia: non si permette il “contromano”, ritenuto in contrasto col codice, non si realizza la tanto promessa, dall’assessore Giacobazzi, revisione dei sensi unici in centro storico per consentire ai ciclisti di muoversi in sicurezza ed i vigili fanno finta di non vedere. Questa è la via modenese alla nuova ciclabilità. Quieta non movere… e così si accontenterà la maggior parte dei modenesi.
Ma l’aria che respiriamo? Beh, quello è un altro problema…
Franco Fondriest