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Gmg, alla scoperta di Lisbona

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C’eravamo persi una festa molto bella, ma al prezzo di un’avventura spettacolare a perdifiato per Lisbona...


Gmg, alla scoperta di Lisbona
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Il secondo giorno della Giornata Mondiale della Gioventù è stato decisamente diverso come impostazione di base. Non c’era un evento solenne come la messa alla sera, ma in più qualcosa di decisamente più interessante si sarebbe svolto alla mattina.
Dopo essersi svegliati e aver fatto colazione, ci siamo questa volta diretti al padiglione dell’Expo di Torres Vedras, perchè sarebbero iniziate le catechesi dei vescovi di Trento e dopo la messa col vescovo di Lodi. Il posto era gigantesco, vuoto come il vecchio guscio di una lumaca e ampio come un piccolo palazzetto. Solo le sedie e un palchetto in fondo hanno rimediato alla situazione.

Il tema della catechesi era l’Ecologia Integrale. Al non credente all’ascolto: trattasi del tema della “Laudato Sii”, l’enciclica che sua santità il papa ha scritto nel 2015 sul cambiamento climatico. I temi erano due: interconnessione e, specialmente, giustizia sociale.

Il problema climatico non è infatti a sé stante e si declina in altre tragedie umane, in primis impattando la giustizia sociale, dato che non tutti contribuiscono ugualmente all’inquinamento; chi ha avuto più fortuna è chiamato a dare un contributo maggiore, questo è il messaggio. Infatti Stefano, un ragazzo lombardo che è stato a lungo in Fridays for Future, ha spiegato che se un italiano consuma mediamente in un anno 5.5 t di CO2, un kenyota ne consuma 0.7 t e un statunitense 14 t; allo stesso modo, negli USA il 50% più povero consuma una media di 9.7 t di CO2, l’1% più ricco ben 269 t. Saremo tutti sulla stessa barca, ma decisamente non abbiamo tutti la stessa responsabilità nelle sue falle.

A questo punto abbiamo fatto una condivisione a gruppi prima della catechesi, similmente agli incontri della Cattedra dei Giovani che abbiamo fatto e continueremo a fare con Don Erio sui diversi temi sociali nella Diocesi di Modena. Cosa è emerso dal nostro gruppo è che non dobbiamo svalutare la piccola azione di ciascuno perchè, giustamente, ognuno deve fare qualcosa (pur in misura diversa) e questi gesti rendono una sfida collettiva e non individuale. Personalmente, mi sono sentito di constatare come servirebbe anche focalizzarci sulle grande sfide ecologiche che da soli non possiamo affrontare. L’energia, ad esempio, non possiamo pensare che il singolo faccia più di un po’. Dobbiamo avere il coraggio di farci le grandi domande come cristiani e cattolici: nucleare sì o no? OGM? Cosa ridurre nei consumi? Meglio tutte le macchine elettriche o incentivare i trasporti pubblici? È tempo di parlarne e anche il gruppo mi è parso abbastanza allineato con la mia considerazione.

Terminato il momento, ha cominciato a parlare il vescovo di Trento, Lauro Tisi, un uomo dalla voce squillante, l’esse strisciata e un tono serio ma non grave; parlava velocemente, con tutta le sue energia e con tutto il suo corpo.
Ci ha ricordato la potenza rivoluzionaria di Nostro Signore Gesù che ha spezzato 2000 anni di teologia in un colpo solo. Ha voluto un po’ provocarci, dicendo che ecologia è fare spazio e farsi piccoli, sia nelle esigenze che nelle azioni, nei confronti del prossimo e della natura. Così ha fatto anche Dio, diventando addirittura embrione; non è un factotum, ma uno che ci lascia continuare il suo lavoro proprio per questo.

Altra provocazione che ci ha fatto è di trasformare il nemico in opportunità. Ci chiede di provocare e lasciarci provocare, anche nei confronti della Chiesa che viene da una storia di sterilità come Elisabetta (madre di San Giovanni Battista, era detta sterile) perché anche lui vede, come noi, una Chiesa che sa dire solo dei no e non si presenta al mondo. Dio non ci mollerà e anche lui perché banalmente non ci riesce.
Dopo la sua catechesi abbiamo fatto una messa presieduta dal vescovo di Lodi, Maurizio Malvestiti, che ci ha ricordato l’umiltà e la modestia come chiavi per poter splendere in volto come Mosè di fronte a Dio (era la prima lettura della messa).

Successivamente siamo stati congedati e siamo volati con gli altri a cercare da mangiare. Volendo evitare di tornare negli stessi posti, mi sono nuovamente unito alla truppa degli scout e siamo volati ad un poke (cibo nato alle Hawaii) dove decisamente il menù del pellegrino era il più sano della città. Oltre a una bibita, dentro la poke bowl (ciotola) c’era del riso, avocado, mango, pollo saltato, alghe e una crema di formaggio sopra al riso. Davvero buono!
Siamo di nuovo partiti per Lisbona e questa volta l’evento del momento era la Festa degli Italiani che si sarebbe tenuta alla sera. Avrebbe moderato Don Alberto Ravagnani, un parroco milanese mio coetaneo che è diventato famoso su YouTube e TikTok, con gli interventi del cardinale Matteo Maria Zuppi e di don Ciotti, non propriamente pinzillaccheri. Peccato che non ci sia mai andato.

Sì, inizia qui un carosello delizioso che sarebbe durato tutto il pomeriggio e la sera fino alle 22:15 circa.
Una volta usciti mi sono aggregato al gruppo di Marta, sua sorella Sofia e le loro amiche (sempre con Stefano, il mio compare coraggioso) perché lei sapeva alcuni posti interessanti, essendoci già stata. Siamo prima andati alla torre di Belem, immancabile bastione del vecchio porto trionfale di Lisbona, costeggiando un centro di studi oncologici e un monumento ai morti delle guerre coloniali portoghesi, fino ad arrivare alla torre dove molti pellegrini si stavano facendo un bel bagnetto in barba al divieto scritto grande come una casa. Foto e via al monumento delle scoperte, un monumento all’ardire umano nei confronti del mare che si proietta all’orizzonte come una caravella. Foto, fermata alle bancarelle per un souvenir e poi andammo verso il Monastero dos Jerónimos che però vedemmo solo da fuori, visto che il Papa sarebbe arrivato lì. Dato che sarebbe arrivato verso sera e già tutti i posti attorno alle recinzioni erano stati occupati, siamo andati a prenderci lì vicino un Pasticcino di Belem, una specie di crema catalana dentro un po’ di pasta sfoglia a forma di tortina con il sopra leggermente caramellato e gelatinoso. Lì incontrammo il mio amico Marco, suo fratello e altri ragazzi della mia parrocchia. Ci siamo uniti e abbiamo avuto la malsana idea di arrivare in città. Malsana perchè serviva prendere un bel trenino che, per accedervi, era pieno di persone tanto che eravamo fianco contro fianco e se non fosse stato per i poliziotti sarebbe pure degenerata. Saliti sopra alla linea Calais, da Belem siamo scesi a Cais do Sodre, il capolinea, da dove siamo andati verso la Piazza del Commercio e da lì verso la Cattedrale di fronte a cui abbiamo fatto una foto. Infine siamo arrivati in un punto panoramico, Miradouro das Portas do Sol, da cui abbiamo ammirato la foce del fiume Tago su cui Lisbona è stata costruita a strapiombo. Una vista incredibile, seduto sotto un gazebo di vite i cui grappoli acerbi penzolavano sopra di noi, per terra e sulla base del gazebo un muro tappezzato di azulejos, le piastrelle tipiche portoghesi con motivi azzurri disegnati e poi smaltati. Le case di fronte a me che scivolano verso il mare che biancheggia in lontananza.

Da qui, il delirio.
Dopo aver perso tempo con un vucumprà, che aveva però espressioni bellissime come “incavolato bianco”, siamo andati ad un Taco per mangiare ma non aveva più niente, da lì giù di nuovo a cercane un altro e così via, attraverso tutta Lisbona, non trovando niente. A quanto pare le razioni erano contate e, non sapendo se c’erano ancora pasti, siamo andati da uno all’altro a chiedere fino a trovare due posti e spezzarci tra quelli. Io sono finito con Marco a mangiare un panino con ketchup e due bistecche di pollo, Marta e altre erano andate altrove (è il problema di girare in tanti). Nel mentre, la Festa degli Spagnoli era finita alla Piazza del Mercato e si erano tutti svuotati per le strade con le bandiere al vento. Per cui abbiamo fatto una mossa rischiosissima nel pieno del marasma: abbiamo chiamato un Uber. Siamo saliti e per 10 euro neanche siamo arrivati ciascuno al proprio pullman (davvero un servizio incredibile, veloce ed economico), mentre Marta e le altre sarebbero arrivate 30 minuti dopo.
C’eravamo persi una festa molto bella, ma al prezzo di un’avventura spettacolare a perdifiato per Lisbona, mangiando le strade con i nostri piedi. Alla fine la vita è fatta di alternative e la provvidenza e i nostri desideri ci avevano spinto nella direzione di una bella storia. 
Alberto Avallone

Redazione Pressa
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