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Guerra in Ucraina, quella clausola sulle biotecnologie in agricoltura

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Questa clausola è sorprendente, considerato che la maggior parte dei consumatori europei rifiuta le coltivazioni geneticamente modificate


Guerra in Ucraina, quella clausola sulle biotecnologie in agricoltura
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Nei conflitti, c’è sempre chi s’arricchisce e chi perde tutto. Chi muore credendo di servire una bandiera e chi mette in campo una retorica interventista pensando al business, da attivare o salvare. La guerra in Ucraina non fa eccezione e, alcune scelte, potrebbero essere spiegate in un modo assai diverso da quello ampiamente diffuso dai media e nel quale libertà e democrazia sono fuori luogo. In quanto alla “sovranità territoriale” esistono tanti modi per conquistare un Paese o venderlo ad un altro.

Riavvolgiamo il nastro del tempo: a metà dicembre 2014, nel momento stesso in cui Stati Uniti, Canada e Unione europea annunciavano una serie di nuove sanzioni contro la Russia, l’Ucraina riceveva aiuti militari USA per 350 milioni di dollari, che andavano ad aggiungersi al miliardo già approvato dal Congresso degli Stati Uniti a marzo dello stesso anno.


I governi occidentali sono sempre più coinvolti nel problema Donbass e Crimea e ciò testimonia una grande fiducia nel gabinetto nominato dal nuovo governo di Kiev nel dicembre 2014. In questo governo è singolare che tre dei più importanti ministeri sono stati assegnati a persone nate all’estero, ai quali la cittadinanza ucraina era stata concessa solo poche ore prima della loro nomina.

Il Ministero delle finanze è stato assegnato a Natalie Jaresko, imprenditrice nata negli Stati Uniti dove ha completato gli studi e che dalla metà degli anni novanta lavora in Ucraina. Il suo impegno è stato quello di supervisionare un fondo di “private equity”, istituito dal governo americano al fine di investire a Kiev. La signora Jaresko è anche l’Amministratore Delegato di Horizon Capital, società di investimento che gestisce un certo numero di investimenti occidentali in Ucraina.


Per molti analisti, Horizon Capital è la porta che apre la scalata occidentale all’economia Ucraina e in modo particolare all’agricoltura.

Uno dei principali fattori della crisi, che ha portato alle sanguinose proteste e infine alla destituzione del Presidente Viktor Yanukovich nel febbraio 2014,  è stato il rifiuto di quest’ultimo di firmare l’accordo di associazione con l’Unione europea (UE), finalizzato allo sviluppo del commercio e all’integrazione con l’Unione europea. Legato a questo accordo era un prestito all’Ucraina di 17 miliardi di dollari da parte del fondo monetario (FMI).

Yanukovich è costretto alla fuga e, con l’insediamento del nuovo governo filo-occidentale, il FMI lancia un programma di riforme, alle quali era subordinato il prestito, con lo scopo di aumentare l’investimento privato in Ucraina.

L’insieme delle misure prevede una riforma dei servizi pubblici, specificatamente per quanto concerne la gestione dell’acqua e dell’energia e, cosa ancora più importante, cerca di affrontare ciò che la Banca Mondiale identifica come la “radice strutturale” della crisi economica in Ucraina e cioè l’elevato costo degli investimenti e delle attività commerciali.

Il settore agricolo ucraino è stato il primo obiettivo degli investimenti privati stranieri, specialmente americani, e ovviamente è considerato dal FMI e dalla Banca Mondiale come area prioritaria della riforma. Le due istituzioni elogiano il nuovo governo di Kiev che facilita l’acquisizione di terreni agricoli, alleggerisce la regolamentazione e i controlli nell’agro-alimentare e riduce le tasse per le imprese e i dazi doganali. Insomma, sfruttare gli immensi campi dell’Ucraina diventa un ottimo affare per Europa e USA.
La posta in gioco è guadagnare una montagna di dollari o euro, perché l’Ucraina è al terzo posto mondiale nell’esportazione di mais e al quinto per quanto riguarda il frumento; questo Paese, al penultimo posto per ricchezza in Europa,  è noto per le sue immense distese di ricche ”terre nere”, particolarmente fertili, e vanta più di 32 milioni di ettari di terra coltivabile e fertile, l’equivalente di un terzo dei terreni agricoli dell’intera Unione europea!

La presenza di aziende straniere all’interno dell’agricoltura ucraina cresce rapidamente, con più di 1,6 milioni di ettari di terreni coltivabili passati nelle mani di società straniere dal 2014 in poi. Monsanto, Cargill e DuPont sono presenti in Ucraina già da alcuni anni, ma i loro investimenti aumentano notevolmente grazie a Natalie Jaresko, alla Horizon Capital e a tutte le agevolazioni messe in atto dal governo di Kiev.

Cargill vende pesticidi, sementi e fertilizzanti, ma estende i suoi investimenti agricoli, includendo lo stoccaggio dei cereali e l’alimentazione per animali, acquisendo azioni della società agricola più grande del Paese: la UkrLandFarming. Monsanto, invece, raddoppia il proprio organico negli ultimi tre anni. A marzo 2014, appena poche settimane dopo la rimozione del Presidente Yanukovich, l’azienda ha investito 140 milioni di dollari nella costruzione di un nuovo impianto di produzione di sementi. La DuPont non resta al palo a anch’essa amplia i propri investimenti in Ucraina, annunciando un nuovo impianto per la lavorazione dei sementi.

Le grandi aziende occidentali si rivolgono anche a infrastrutture e trasporti. Cargill fa costruire silos granari e due impianti di trasformazione per la produzione di olio di semi di girasole.  Già nel dicembre 2013, la società ha acquisito una partecipazione del 25%  in un terminale granario della capacità di 3,5 milioni di tonnellate l’anno, situato a Novorossijsk, porto sul Mar Nero. Qualcosa s’incomincia a comprendere sulla carestia mondiale dovuta, secondo l’Occidente, alla mancanza di grano proveniente dall’Ucraina con la sua produzione di 25 milioni di tonnellate su 790 milioni di tonnellate della produzione mondiale… Non sarà l’Ucraina a guadagnare dalla vendita del grano stoccato.

Le istituzioni europee, e il governo degli Stati Uniti hanno molto incoraggiato questa espansione, che è iniziata con il finanziare la Rivoluzione Arancione e ha portato al cambio di governo. Nel  momento in cui il Presidente Yanukovitch è stato percepito come filo-russo e contrario a questa svendita del Paese, è stato costretto alla fuga per consentire una “esportazione della ricchezza e della democrazia anche in Ucraina”. Nel febbraio del 2014, il governo di Kiev lancia un piano di riforme per incoraggiare gli investimenti stranieri e lo sviluppo è descritto dal segretario americano al commercio Penny Pritzker nel suo incontro con il primo ministro Arsenly Yatsenyuk nell’ottobre 2014.

L’Unione europea guarda altrove durante gli eccidi di Odessa o i cannoneggiamenti nel Donbass ad opera del Battaglione Azov, ma non distoglie lo sguardo dai soldi che può far guadagnare alle sue industrie; insomma, cammina a braccetto con gli Stati Uniti.  Benché l’Ucraina abbia vietato la produzione di colture geneticamente modificate, l’accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea, all’origine del conflitto che ha destituito Yanukovich, include una clausola (articolo 404) che impegna le due parti a cooperare per “estendere l’uso della biotecnologia” nel Paese.

Questa clausola è sorprendente, considerato che la maggior parte dei consumatori europei rifiuta le coltivazioni geneticamente modificate. Secondo l’analista Frederic Mousseau, Direttore delle politiche presso l’Istituto di Oakland, ciò deve essere interpretato come una breccia per la penetrazione degli OGM in Europa, una opportunità costantemente ricercata da grandi aziende agro-alimentari come Monsanto.

Altra “curiosità”, è che gli ucraini non hanno sostanzialmente beneficiato di questa ondata di investimenti stranieri nella loro agricoltura e quando smetteranno di pronunciare “slava ukainii” si renderanno conto di cosa è rimasto della loro capacità di controllare l’approvvigionamento alimentare e di gestire l’economia a proprio beneficio.

Se resterà qualcosa… l’Occidente, e specialmente Stati Uniti ed Europa, stanno finanziando a suon di miliardi quella che alcuni nostalgici delle nostre lotte contro il fascismo definiscono “resistenza partigiana”; forniamo armi sempre più pesanti, affinché gli ucraini difendano fino all’ultimo uomo il loro territorio, e prospettiamo un rapido ingresso in Europa, purché i soldati di Kiev non smettano di combattere con fiera e tenace determinazione, ma la domanda che noi, semplici cittadini, dovremmo presentare ai vari Draghi, Macron, Scholz è ben diversa da quella che potrebbe nascere dalla narrazione del conflitto: questa gente muore per la propria Patria o per evitare che i russi, nel caso cambino i loro obiettivi militari ed estendano la conquista a tutta l’Ucraina, mandino in fumo i miliardi investiti per comprare terre, concessioni d’estrazione mineraria nel Donbass e costruire terminal, depositi e impianti di lavorazione? L’Occidente è già in fibrillazione e spera addirittura in una vittoria dell’Ucraina, con cacciata dei russi oltre i loro confini, perché in un eventuale accordo di pace potrebbe esserci il cessate il fuoco conservando lo status quo e cioè i russi fermi nel Donbass con miliardi di dollari andati in fumo.

Sul Presidente Zelensky, nuovo Churchill del XXI secolo, eroico difensore dell’identità ucraina, acclamato da tutti i Parlamenti occidentali con standing ovation, sarà la Storia a giudicarlo.

Qui i dati e la tesi proposta da Frederic Mousseau, Direttore delle politiche presso l’Istituto di Oakland e co-autore del rapporto: Walking on the West Side: the World Bank and the IMF in the Ukraine Conflict.
Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegna

Visiting Professor London Performing Academy of Music di Londra. Docente di Formazione Corale e del master in Musica e Cinema presso Istituto Superiore di Studi Musicali Vecchi Tonelli..   Continua >>



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