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Non solo chi legge abitualmente la Bibbia sa bene che c’é un tempo per ogni cosa, uno per nascere, uno per crescere, uno per morire e, volendo applicare questa massima universale (senza pregiudizio per alcuno) alla situazione che la nostra Città sta vivendo a proposito del concerto del 1 luglio, potremmo dire che c’é stato un tempo, all’incirca l’anno scorso, in cui si é tentato (inutilmente) di far riflettere l’Amministrazione circa l’impegno che con tale evento sarebbe andata assumendosi, poi c’è stato un tempo in cui, vedendola persa, anche per il rifiuto di prendere in considerazione qualsiasi altra alternativa logistica, si cercato di individuare le ‘debolezze’ del proposito di convocare in parco cittadino, a pochi metri dal centro, una massa umana equivalente a quella di una Città di medie dimensioni e si sono messe all’attenzione di chi di dovere diverse problematiche sia di impatto organizzativo che, conseguentemente, di tipo gestionale.
Fra i favorevoli ed i contrari, da una parte e dall’altra c’é stato senza dubbio chi ‘ci ha marciato’, come abitualmente si usa dire, cioè chi ha manifestato la sua contrarietà anche solo pregiudizialmente almeno tanto quanto c’é stato chi si é detto entusiasta dell’evento perché lo ha identificato, altrettanto pregiudizialmente, come una decisione politica di un’Amministrazione, da scelta da difendere ad ogni costo. E, a questo proposito, non posso certo scordare che alcuni miei interlocutori (nella fattispecie alcuni Consiglieri comunali), messi di fronte alle perplessità che gli esprimevo, mi abbiano accusato, a suo tempo, di aver assunto una posizione eccessivamente allarmata, ansiosa al limite dell’angosciata. Mi hanno ‘rimproverato’ di essere eccessivamente preoccupato, ad esempio, dell’organizzazione dei servizi sanitari necessari per garantire l’assistenza dovuta e, seppure bonariamente, hanno deriso i miei dubbi circa la difficoltà di provvedere alla sistemazione dei gabinetti chimici per evitare ciò che può essere facilmente immaginabile, per non parlare della salute del parco etc. Ma mi fermo qui, perché, appunto, non é più quel tempo.
Adesso é il tempo della speranza e dell’auspicio. Occorre sperare che tutto vada bene, che tutto si svolga al meglio. Perché questo é l’atteggiamento maturo di una Comunità che vuole esercitare il suo ruolo in maniera responsabile. Chi, ed io sono fra questi, ha scelto da sempre di non mettersi fra quelli del “tanto peggio, tanto meglio” non può che augurarsi ed augurare alla Città in cui vive che il concerto si svolga ed alimenti il divertimento di quanti vi assisteranno. Che gli spettatori giunti da fuori Modena siano rispettosi dell’ospitalità che troveranno e che, nonostante il loro numero impressionante, riescano a ridurre al minimo i disagi che arrecheranno … patrimonio verde compreso, ovviamente.
Sono convinto che una Comunità equilibrata e cresciuta, quale noi siamo, deve porsi (ADESSO) con questo atteggiamento ed attivarsi perché ciò che si augura si realizzi.
Nessuno pensi, peró, che dopo il 1 luglio potrà evitare, per stare in tema, il tempo delle riflessioni e dei conti, e certo non solo quelli economici. Personalmente, ho condiviso gli appelli (gli interessati mi perdoneranno se li definisco tali) degli amici Memi Campana e Paolo Trande, che, intervenendo in Consiglio comunale, hanno ritenuto doveroso rivolgere a tutti noi, che hanno invocato una serena pazienza e tolleranza ed hanno sollecitato tutti a smetterla di soffiare su un fuoco già ben alimentato di suo. Stiano sicuri (non sereni…) che lo faremo, che, ciascuno di noi, con le sue possibilità, cercherà di indurre coloro che avrà modo di contattare ad accogliere il loro appello.
Alla Città e a tutta la Comunità, del resto, vista anche solo con grande prosaicità, non sarebbe di alcuna utilità che il concerto tanto tenacemente voluto potesse essere ricordato per qualcosa di diverso da un’occasione di svago.
E certamente, il tempo dei conti indurrà e si porterà dietro tutta una serie di pensieri e di interrogativi che, a prescindere dalla valutazione degli esiti, dovranno mettere in prim’ordine la domanda se può valere la pena di riprovarci in futuro.
Giovanni Finali