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Mettere qualcuno con le spalle al muro, senza via di uscita, è estremamente pericoloso per tutti. La rivolta carceraria di ieri a Modena ne è l’ennesima prova. In un carcere da decenni sovraffollato, in un momento in cui stare lontani almeno 1 metro dagli altri è giustamente presentato come un salva vita, le micro celle del S.Anna dove stanno anche 3 detenuti in pochi metri quadri hanno fatto esplodere la rabbia e la paura.
Perché è vero che se sei in carcere il tuo senso civico è sicuramente molto danneggiato, ma la sopravvivenza va garantita. Pretendere il sacrificio di non avere i colloqui coi familiari poteva passare solo se allo stesso tempo si garantiva il diritto alla salute all’interno della struttura e questo con numeri di incarcerati anche oltre il 50% al disopra del massimo ammissibile, non è stato possibile.
Così ora paghiamo tutti. Il personale penitenziario, i detenuti morti, il carcere di Campobasso, per ora zona a rischio contenuto Covid-19 dove saranno trasferiti parte dei detenuti.
I Verdi hanno sempre condiviso il pensiero di Voltaire espresso nella frase “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri” e oggi più che mai ci deve fare riflettere e avviare una battaglia politica nello spirito del terzo comma dell’art. 27 della Costituzione che recita “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. In Italia non è ammessa la pena di morte”. Non avere le giuste condizioni per non essere infettati da un virus che può essere letale è una condanna. Ma non vorremmo neppure che la criticità della situazione portasse a svuotare le prigioni attraverso un indulto, come stanno chiedendo i detenuti. Crediamo invece che sia possibile percorrere la via della temporanea conversione delle pene minori in arresti domiciliari, laddove un domicilio esista per davvero, assieme a qualcuno che si assumà la responsabilità della quarantena.
Paola Aime - Verdi Modena
Redazione Pressa
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