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La cultura dell'acqua/1: fingere di credere che l'acqua non finisca mai

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Esistono trucchi di consolidata efficacia per dare l'impressione che l'acqua non finisca mai e per fare sembrare il paesaggio che ci circonda quello che non ?


La cultura dell'acqua/1: fingere di credere che l'acqua non finisca mai
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Esiste una cultura dell’acqua? Le trivelle presenti nello stemma della città di Modena indicano quanto meno una certa tradizione sull’argomento. Ci si aspetta che le tradizioni vengano coltivate e che possano quanto meno innescare processi di miglioramento nelle conoscenze e nei comportamenti. In effetti l’estate siccitosa del 2017 ha fatto sembrare un po' fuori luogo fontane, giochi d’acqua, sorgenti urbane, case dell’acqua e altri simboli legati all’abbondanza di una risorsa in via di esaurimento. D’altra parte se è vero che le fontane sono alimentate con acqua riciclata qualche problema serio è sicuramente presente anche se sfugge il bandolo della matassa. Se si approfondisce l’argomento si scopre facilmente che l’acqua ha significati differenti per i cittadini, per i tecnici, per gli economisti e per i politici.

Il trucco dell’acqua che non finisce mai

Malgrado il caldo molto forte della scorsa estate non sembra esserci piena consapevolezza di quanto sta accadendo.

Esistono numerose valutazioni scientifiche o da bar sul caldo ma alla fine gli effetti che il clima caldo produce sulle risorse naturali e in particolare sull’acqua restano ancora un po' misteriose. L'impressione collettiva è che l'acqua non finisca mai, tanto è vero che i giornali ne parlano solo nel periodo estivo.

Esistono trucchi di consolidata efficacia per dare l’impressione che l’acqua non finisca mai e per fare sembrare il paesaggio che ci circonda quello che non è. Funziona così: quando c’è molto caldo e piove poco i consumi di acqua dell’industria e quelli degli acquedotti che portano acqua alle abitazioni non subiscono variazioni significative. L’agricoltura invece consuma più acqua per l’irrigazione. Da dove viene l’acqua per l’agricoltura? Dai fiumi e dai canali di bonifica. Quando l’acqua dei fiumi e dei canali di bonifica finisce a causa della siccità vengono utilizzate le acque sotterranee tramite una fitta rete di pozzi.

Due tipi di acqua

 Le acque sotterranee si dividono in due categorie principali: quelle ravvenate dalle piogge e quelle poco o per nulla rimpinguate dalle precipitazioni.

Generalmente i pozzi attingono alle acque sotterranee della prima categoria; esistono quindi forti consumi ma le piogge soprattutto nelle aree collinari e montane fanno sì che queste acque siano costantemente rinnovate. E se il caldo è molto forte e c’è assenza di precipitazioni? Anche in questo caso le acque soggette a rinnovamento sono disponibili e restano disponibili anche se non piove. Come è possibile? E’ semplice: quando la richiesta di acqua sotterranea è veramente molto forte gli stessi acquiferi che ospitano acque rinnovabili in esaurimento richiamano dal sottosuolo acque fossili finite là sotto durante antichissimi periodi glaciali. Esistono forti scorte di acque fossili e quindi l’acqua continua a uscire dal rubinetto, le industrie non si fermano e, soprattutto, è sempre possibile irrigare almeno un po' le campagne.

 L' acqua dei pozzi destinata all' industria e all'agricoltura costa, indicativamente, circa cento volte meno rispetto all'acqua destinata agli impieghi domestici e ce n'è tanta. Il problema della siccità viene quindi temporaneamente risolto in questo modo, attingendo cioè non all'acqua piovuta l'inverno prima ma durante gli inverni dei 50000 anni precedenti. Con le acque antiche dei pozzi il problema della siccità è facilmente risolto perché permette, in ogni luogo del mondo, di evitare la soglia della cosiddetta sostenibilità. Qualunque consumo diventa, nella pratica di tutti i giorni, del tutto sostenibile, visto che la risorsa non si esaurisce mai e che il costo è puramente simbolico. Questo trucco permette di evitare di costruire dighe o di prendere misure per immagazzinare l'acqua che piove. Il sistema è andato avanti così per molto tempo ma da parecchi anni i tecnici si sono accorti che il consumo dell'acqua dei pozzi, e in particolare di quelli profondi 100 e più metri, produce una preoccupante diminuzione delle riserve e un contemporaneo abbassamento del suolo in quasi tutte le aree di pianura Italiane con valori record nelle province di Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena dove il terreno si è abbassato di circa 1 metro dal 1950 ai giorni nostri. Fanno eccezione Bologna, dove l’abbassamento ha raggiunto i due metri e Parma e Piacenza dove sono stati registrati valori più bassi. Quanto è grande l’eccesso dei prelievi oltre la soglia della sostenibilità? Secondo il Piano di tutela delle acque della Regione Emilia-Romagna si tratta di circa 24 milioni di metri cubi all’anno in condizioni climatiche normali. E’ immaginabile che il valore si alzi in caso di annata particolarmente siccitosa.

Il trucco ha un costo

L' abbassamento del suolo di 1 o 2 metri nei territori di pianura caratterizzati da basse pendenze pari a 1 metro al chilometro o anche meno induce un aumento delle probabilità di alluvione come, ad esempio, abbiamo potuto tutti vedere l’estate scorsa nelle aree di pianura affette da subsidenza e conseguente scarsa capacità di drenaggio del Texas. Esistono, come ovvio, costi collettivi e privati per rimettere a posto il territorio e le attività danneggiate. Questi fenomeni sono inoltre incrementati dall' aumento delle parti di suolo impermeabilizzate dal cemento e dalle accertate variazioni nella frequenza e intensità delle precipitazioni. Ricapitolando: l’acqua non finisce mai, ma si tratta di un trucco. Il lento esaurimento della componente fossile produce i danni economici che tutti compensiamo con le nostre tasse quando c’è una alluvione. Quindi il trucco c’è e consiste nel fare pagare l’acqua attinta in deficit, cioè oltre la soglia della sostenibilità, con le spese per il successivo restauro del territorio. Vale la pena ricordare che chi estrae acqua in eccesso è generalmente un operatore privato mentre le risorse economiche necessarie per riparare i danni derivanti sono spesso pubbliche. Il restauro delle aree di pianura della nostra regione costa parecchi milioni di Euro tutti gli anni da sempre. Si può fare qualcosa per evitare questa spesa continua? Da sempre le terapie proposte comprendono il riciclo dell’acqua, la riduzione dei consumi, la ricarica artificiale delle falde acquifere e, aggiungerei io, un po' di dispositivi per bloccare l’acqua che piove evitando che raggiunga subito il mare. Si tratta di invasi di piccole, medie e grandi dimensioni o in una parola: dighe.

Giovanni Martinelli

(Segue)


Redazione Pressa
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