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La strage di Capaci e il 'non passa lo straniero'

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Il 24 maggio 1915 l'Italia entra in guerra. E il 23 maggio del 1992 la mafia dichiara guerra allo Stato con la strage di Capaci


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“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio, dei primi fanti, il ventiquattro maggio…” così inizia la canzone forse più famosa della Grande Guerra, che quasi tutti conoscono per quel “il Piave mormorò: non passa lo straniero!”. Chi ha frequentato la scuola fino all’inizio degli anni settanta difficilmente ha potuto evitare di impararla a memoria, ma difficilmente ha imparato il significato di quel 24 maggio, 'catturato' dal riuscito inciso di quel Piave che impone lo stop allo straniero.

Il 24 maggio fu l’inizio di quella che, nel pensiero dei tanti italiani che si arruolarono quasi festosi, doveva essere una guerra breve e vittoriosa per riconquistare territori e prestigio all’Italia. In realtà il 23 maggio, non aveva segnato semplicemente l'entrata in guerra dell'Italia, ma aveva stabilito un confine tra un mondo ed un altro.

Difficile era stato il percorso politico che aveva portato a decidere di entrare in guerra.

L’Italia, naturalmente portata ad evitare le guerre, si era come sempre divisa più o meno a metà, tra interventisti e neutralisti.

Inoltre, il Regno savoiardo era schierato in una alleanza con Germania e Austria, la cosiddetta triplice alleanza. In perfetto stile italo/sabaudo, tuttavia, un accordo in gran segreto porterà le truppe di Cadorna a schierarsi repentinamente con Inghilterra Francia e Russia, le nazioni che si erano alleate nella cosiddetta “Triplice Intesa”.

Alle nazioni dell'Intesa, preparate da tempo alla guerra contro la Germania, non parve vero di potere aprire un fronte meridionale che di fatto accerchiava le truppe teutoniche, ed accettarono di buon grado. Ponendo come unica condizione, quasi fossero impaurite dalla “affidabilità” italiana, che le truppe del regno entrassero in azione entro venti giorni dalla firma dell’accordo.

Il 23 di maggio, dunque, la dichiarazione di guerra viene consegnata all'Austria.

La Germania verrà “risparmiata” fino all’Agosto del 1916, ma si racconta che l'ambasciatore italiano a Berlino venne trattato in malo modo già dal 22 maggio, addirittura malmenato e preso a bastonate, è scritto su alcuni giornali dell’epoca.

Il 24 di maggio le truppe erano già schierate sul fronte. Impreparate, dal momento che l’accordo era stato così segreto che gli unici a saperlo (o meglio a capirlo) erano stati l’Austria e la Germania. Impreparate, perché così si conviene al patrio esercito in ogni conflitto. Ma tant'è, la certezza era che la guerra sarebbe durata poco (corsi e ricorsi) Cominciava così, anche per l’Italia, la Grande Guerra. Quello che doveva essere il percorso di completamento dell’Italia unita (!), segnerà in realtà un periodo tra i più sanguinosi e difficili della storia del belpaese, dalla quale lo stivale uscirà, sostanzialmente, con un pugno di mosche ed una crisi senza fine.

A volte ci chiediamo come sarebbe stato il mondo e la sua storia, se l’Italia fosse rimasta al proprio posto, e se magari la Triplice intesa avesse vinto la guerra.

Ma oggi è anche l’anniversario di un’altra dichiarazione di guerra. E’ quella lanciata dalla mafia allo stato. Il teatro non è un’ambasciata, ma l’autostrada per Capaci. Anche quella fu a suo modo una data che stabilì un confine epocale. Quello tra il mondo della mafia che uccide “in silenzio” e quella che manda messaggi eclatanti. Come si è soliti dire, quella che “alza il tiro”. Una guerra che sapevamo, questa volta,(o meglio sappiamo), non essere breve. Una guerra strisciante che durava già da decenni ma che il 23 maggio del 1992 viene dichiarata con uno degli episodi più eclatanti mai accaduti. Una guerra che non si dichiara con l’ambasciatore, ma con seicento chili di esplosivo. Un attentato che, a ben vedere, fa impallidire quello di Sarajevo in cui nel 1914 muoiono il Principe Francesco Ferdinando e la consorte Sofia, scintilla del conflitto. Una guerra condotta da un esercito (quasi) invisibile, vigliacco e subdolo, contro un esercito, il solito patrio esercito per l’ennesima volta mal dotato e abbandonato alla sua sorte. Da uno stato spesso assente quando non connivente con il nemico. Una guerra nella quale l’unico Piave a mormorare può essere la (spesso invocata a sproposito) Società Civile. Da un epocale (anche quello) cambio di mentalità. Dalla interruzione di quella “Duplice Intesa” stato mafia che porta i nemici fin dentro alle tue trincee, tra i tuoi stessi commilitoni. Dal superamento di quella omertà che di quella stessa mentalità mafiosa è sussistenza, arma e trincea. Perché non esiste Trieste che possa essere liberata se non lo vuole. E allora, fino ad allora, sarà sempre Caporetto…

Anche in questo caso ci chiediamo cosa sarebbe successo se il paese fosse rimasto al suo posto, e a vincere fosse stato lo stato invece della mafia. Perché a ben vedere, come per la Grande Guerra, non esistono in vita persone che possano testimoniare un Italia senza mafia...

 Mirko Ballotta


Redazione Pressa
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