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Modena, scuole d'infanzia: costose diseguaglianze

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Non sarebbe più semplice avere un sistema composto da scuole statali (come per elementari, medie e superiori), a costo zero per le famiglie e per il Comune?


Modena, scuole d'infanzia: costose diseguaglianze
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In precedenti tre articoli (2 settembre, 7 gennaio e 13 febbraio), ho cercato di dimostrare come il sistema delle scuole dell’infanzia modenesi sia fondamentalmente iniquo e aumenti le diseguaglianze sociali già presenti sul nostro territorio. Insomma funziona esattamente al contrario del dovuto; se poi questo è scientificamente organizzato da amministrazioni che si definiscono di centro sinistra, c’è veramente da preoccuparsi.
C’è una soluzione per venirne fuori? Certo, ma quello che manca è la volontà politica.

DAL DOPOSCUOLA COMUNALE AL TEMPO PIENO STATALE

Siccome la storia ci è maestra, torniamo indietro di qualche decennio: siamo tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘90.
Liliano Famigli è stato assessore alla pubblica istruzione del Comune di Modena dal dicembre 1964 fino al 1980. In quasi 17 anni ha costruito esperienze straordinarie e di carattere estremamente innovativo sul piano nazionale.

Nei primi anni '70 avviò l'esperienza che portò alla trasformazione dei dopo scuola delle elementari, gestiti dai patronati, nelle scuole a tempo pieno comunali. Alla fine degli anni ’70, gli inseganti comunali erano circa 180. A lui succedette, alla guida dell’assessorato, Sandra Forghieri che, anche alla luce dei gravi oneri di bilancio che questo impegno comportava, intraprese la strada della conversione dei posti di doposcuola in posti di tempo pieno statale di cui Modena era stata antesignana con la sperimentazione, concessa dall’allora ministro Bodrato del cosiddetto “tempo pieno misto”. In pochi anni, il Comune di Modena venne sgravato da costi enormi e la città divenne la prima in Italia per percentuale di classi a tempo pieno statale.
Come fu possibile tutto ciò? Fu possibile grazie ad una precisa volontà politica, alla determinazione dell’assessore Forghieri ed all’accordo del sindacato scuola della CGIL, oltre che ad una forte mobilitazione delle famiglie.

ISTITUTO FERMI: DALLA PROVINCIA ALLO STATO

Ora andiamo indietro di qualche anno; siamo nel settembre del 1957; il preside dell’istituto Corni va a trovare l’assessore provinciale all’istruzione: Rubens Triva (che sarebbe poi diventato sindaco e senatore) e gli comunica che circa 70 studenti non avevano trovato posto nella sua scuola e lo implora a fare qualcosa. Da quell’incontro, in meno di un mese, nasce l’istituto Provinciale Enrico Fermi. Ora veniamo ai giorni nostri; siamo nel 2007, anche in questo caso per problemi di bilancio della provincia, dopo anni di lunghe discussioni, si decise di “passare allo stato” l’istituto che era considerato un gioiello della scuola superiore modenese.
Anche qui, in pochi anni, si è riusciti a portare a termine un’operazione altamente difficile dall’assessore provinciale Silvia Facchini con la decisiva collaborazione del vice ministro Mariangela Bastico.
Come fu possibile tutto ciò? Fu possibile, anche in questo caso, grazie ad una precisa volontà politica e nonostante non poche resistenze.

SCUOLE DELL’INFANZIA: DAI PRIVATI AL COMUNE E AI… PRIVATI

IL 21 aprile 1950 il consiglio comunale di Modena approvava una delibera in cui si affermava “il criterio dell’Amministrazione di far sorgere a poco a poco asili Infantili nelle zone periferiche”, iniziando da quel quartiere (Sacca) in seguito all’insistente richiesta degli abitanti. La delibera venne approvata con 23 voti favorevoli e 2 astenuti su 25 consiglieri presenti, ma il consigliere Nava dichiarò la sua astensione motivandola con un dubbio, “quello che l’Asilo da comunale diventi comunista”. In effetti, in quegli anni, gli “asili infantili” erano tutti gestiti da religiosi o privati; l’apertura di uno comunale non poteva che destare sospetti di colonizzazione culturale; negli anni successivi molti comuni, in particolare quelli di sinistra del nord, ampliarono la loro rete di scuole dell’infanzia a gestione diretta.
Ma, intanto, nel 1968, su forte spinta del PSI, nonostante una recalcitrante DC, venne approvata una legge per istituire scuole materne statali, così come avveniva negli altri ordini scolastici; molti comuni, anche per sgravarsi da importanti oneri finanziari, ne chiesero l’istituzione e, in molti casi, chiesero la “riconversione” di preesistenti scuole comunali.
Modena no; a Modena le scuole statali sono sempre state viste con il fumo negli occhi; Modena, oltre ad investire consistenti risorse di bilancio per mantenere le proprie scuole, ha continuato a profondere ingenti somme a sostegno di scuole private, religiose e cooperative. Infine nel 2012, ha costituito una sua costosa fondazione, Cresciamo, che attualmente gestisce una decina di scuole ex comunali, ovviamente, salvo le rette ed un contributo statale, a totale carico del comune. In questi anni, a causa di ciò, diversi milioni di euro sono stati sottratti a ben più urgenti necessità della nostra città. Lo ripeto: un sacco di milioni di euro della fiscalità (che in Italia vuol dire, prevalentemente, soldi presi dalle tasche dei lavoratori dipendenti e dei pensionati) utilizzati per fornire servizi a pagamento (rette) quando, lo stesso servizio avrebbe potuto essere erogato, dallo Stato, a costo zero.

Il risultato è un guazzabuglio di scuole statali, comunali, dipendenti dalla fondazione, religiose, private, cooperative in cui i genitori fanno sempre più fatica a districarsi, ma soprattutto con rette che vanno dai zero euro fino a diverse migliaia ampliando così le già presenti diseguaglianze sociali e creando dei veri e propri ghetti.
Mantenere questa situazione, soprattutto con i problemi che ci aspettano, è pura follia se non irresponsabilità. A meno che gli interessi non siano altri. E sia chiaro, non è solo un problema finanziario; è soprattutto un problema di equità e di integrazione
Non sarebbe più semplice avere un sistema composto tutto da scuole statali (come per le elementari, le medie e superiori), a costo zero per le famiglie e per il comune?
Sì. Ma occorre quella volontà politica che in anni passati davanti a scelte difficili non era mancata. Ora che c’è un “governo quasi amico” sarebbe forse ora di muoversi. E velocemente.

Riporto da un articolo di Omer Bonezzi, intitolato: Nidi e Scuole dell’infanzia a Modena: dal Bilancio del Comune si può risparmiare almeno 2.903.208 Euro

Si è affidato il Servizio alla Fondazione “Cresci@mo”, ma questa scelta costa! Nel 2019 la Fondazione, che applica il contratto Aninsei ( Scuole Private), ha avuto costi pari a 4.389.020 euro, cui si è fatto fronte con 2.903.208 euro di trasferimenti dal Comune di Modena. 430.919 euro di trasferimenti dallo Stato, 999.542 euro da rette ed altre minori entrate. Va tenuto conto che il Comune, oltre al trasferimento finanziario di cui sopra, assicura anche diversi servizi (coordinamento pedagogico, manutenzione agli immobili, responsabile della sicurezza, fornitura degli arredi, assegnazione degli utenti, collocazione nelle fasce di reddito, ecc.). La Fondazione Cresci@mo, che gestisce 10 scuole, ha pesato perciò (e si poteva evitare) con oltre 2.903.208 euro all’anno sui bilanci del Comune di Modena.

Franco Fondriest


Franco Fondriest
Franco Fondriest

Sono di origine trentine, ma ho trascorso la maggior parte della mia vita a Modena. Mi sono laureato in pedagogia ed ho svolto la mia attività lavorativa prevalentemente nella mia ..   Continua >>


 


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