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Omicidio Campanella: l’avvocato non difende i reati, ma i diritti
La Pressa
L’avvocato è colui che, a prescindere dalla gravità del reato commesso, non manca mai di sedere dalla parte del torto per garantire che l’imputato venga processato secondo le regole del gioco

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Stefano Argentino, l'uomo che ha confessato l'omicidio della studentessa universitaria Sara Campanella, dovrà trovare un nuovo difensore. L'avvocato Raffaele Leone, che era stato contattato dalla famiglia di Argentino per difendere il 27enne, aveva fatto sapere di avere rifiutato il mandato per una 'scelta personale'.
Sul tema del ruolo dell'avvocato in casi così tragici come quello che vede coinvolta Sara Campanella, è oggetto di una riflessione da parte del legale modenese Guido Sola.
Insindacabile la «scelta personale» dell’avvocato. Ma la giustizia è una cosa seria. Non si può continuare a vedere nell’avvocato che accetta il mandato defensionale l’amichetto del furbetto di turno.
L’avvocato non accetta «per scelta personale» il mandato defensionale conferendo dalla famiglia d’una persona accusata d’omicidio e l’universo-social festeggia inneggiando all’«avvocato con le palle» che, finalmente, dice no benché ciò significhi rinunciare a fortuna e gloria.
A patto che si tratti di difesa di fiducia – la difesa d'ufficio, come noto, vive d'altre logiche –, nessuno dubita del fatto che anche l’avvocato possa liberamente decidere se accettare o meno un mandato defensionale.
E' mia opinione, infatti, che nessuno possa discutere, né, men che meno, giudicare, le libere scelte che, nell’esercizio della propria libertà morale, qualunque professionista, ivi compreso l’avvocato, deve poter sempre porre in essere.
Vero ciò, non è certamente mia intenzione discutere, né, men che meno, giudicare, la «scelta personale» che, nell’ambito dell’affaire Argentino, ha condotto l’avvocato a non accettare appunto il mandato defensionale conferendo dalla famiglia della persona accusata d’omicidio. Ma questo non può e non deve in nessun modo giustificare le prese di posizione proprie degli ultras giustizialisti, vale a dire di coloro che hanno inteso cogliere al balzo anche questa palla per inneggiare, come detto, all’«avvocato con le palle» che, finalmente, dice no.
L’avvocato non difende i reati, ma i diritti.
L’avvocato è colui che, a prescindere dalla gravità del reato commesso, non manca mai di sedere dalla parte del torto per garantire che l’imputato venga processato secondo le regole del gioco, vale a dire secondo legge.
Non è accettabile – né deve più essere considerato accettabile – che, ancora oggi, i cattivi maestri social possano continuare a far credere che, nel mondo della giustizia penale, a fronte del buono – il pubblico ministero –, stia un cattivo – l’avvocato –, visto alla stregua dell’azzeccagarbugli chiamato a tutelare gli interessi del furbetto di turno.
Non esiste, né può esistere, nessuna vera giustizia se, sulla scena processuale, non v’è anche chi, l’avvocato appunto, opera per garantire che qualunque processo sia giusto, giusto potendo essere, per definizione – è bene ripetere –, esclusivamente quel processo che venga ad essere celebrato nell’assoluto rispetto delle regole sostanziali – il riferimento è qui alle regole proprie del codice penale – e processuali – il riferimento è qui alle regole proprie del codice di procedura penale –.
Continuare a far credere il contrario, aggredendo la figura dell’avvocato anche pubblicamente e parificando la stessa a quella del delinquentello di turno, è cosa che, oggettivamente, offende la giustizia.
A) perché non esistono delinquentelli di turno, ma esclusivamente imputati, vale a dire persone, presunte non colpevoli fino a condanna definitiva peraltro, che hanno pieno diritto di difendere se stesse nell’ambito del proprio processo avanti il proprio giudice.
B) perché l’avvocato non esiste per giustificare – per scusare? – quanto addebitato all’imputato, bensì – ripeto – per garantirne, in qualunque situazione, i diritti.
La giustizia dell’uomo è fallibile. È fallibile perché fallibile è l’uomo. Non c’è antidoto a ciò. Siamo fallaci e, siccome fallaci, inclini all’errore.
Né a consimile, triste, ma seria, evidenza può sfuggire la giustizia dell'uomo, se è vero che, in Italia, la quasi metà degli imputati processati risulta destinataria di sentenze d’assoluzione.
Ma è anche e soprattutto per questo che essere garantisti è semplicemente doveroso. Posto che solo il rigoroso rispetto delle regole, sostanziali e processuali, s’appalesa in grado di ridurre, per quanto possibile, il rischio di errare nel giudicare l’imputato, deflagrando la vita vera di persone vere.
L’avvocato esiste semplicemente per essere garante di ciò. Ovvero del fatto che, ove e fin quando possibile, il sistema non erri condannando un innocente.
Azzerandone progetti, sogni e speranze sull’altare dell’arroganza propria di chi, inconsapevole del rischio, altissimo, conseguente alla propria immatura, epidermica, impostazione, ancora oggi, crede di fare buon servizio alla giustizia inneggiando all’«avvocato con le palle» che, finalmente, dice no benché ciò significhi rinunciare a fortuna e gloria.
Non c’è fortuna e, soprattutto, c’è ben poca gloria nella vita di chi, l'avvocato, si trova costantemente dall'altra parte.
Però c’è una ferma, assoluta, consapevolezza. Quella che sempre ne accompagna pensiero e azione.
Perché, come era solito ricordare Piero Calamandrei, se gli avvocati non sono né giocolieri da circo, né conferenzieri da salotto, la giustizia è – o dovrebbe sempre essere – una cosa seria.
Avvocato Guido Sola
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>
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