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Pd, un partito senza anima che ha esaurito la sua ragione d'essere

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I voti ottenuti dai Fratelli d'Italia (passati dal 4 al 26 per cento) provengono anche da elettori delusi e scontenti del Pd e 5 Stelle


Pd, un partito senza anima che ha esaurito la sua ragione d'essere
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L'Istituto Cattaneo di Bologna ha esaminato e studiato il flusso dei voti delle politiche, come si sono spostati i consensi da un partito all'altro, dalle precedenti elezioni all'ultima del 25 settembre. Ed è così emerso che i voti ottenuti dai Fratelli d'Italia (passati dal 4 al 25 per cento a Modena e al 26 in sede nazionale) provengono anche da elettori delusi e scontenti del Pd e dei 5Stelle. Il Pd a tutti i livelli ha taciuto e ha cercato di tenere nascosto questo dato che andava a peggiorare il quadro negativo emerso il 25 settembre, anche se ci si era immediatamente posti l'interrogativo da dove provenissero tutti questi voti ottenuti dalla Meloni in Italia ma anche in una provincia 'rossa' sin dal dopoguerra come Modena e in molte zone della 'Bassa' e in montagna.

Confermato anche dal dato, anche questo 'storico', dei sette modenesi eletti in Parlamento di cui solo tre sono del Pd (Vaccari, Rando e Guerra, quest'ultima tra l'altro andata con Articolo Uno ed eletta in Piemonte, nemmeno a Modena), mentre gli altri quattro sono andati due al partito della Meloni (Barcaiuolo e Dondi) e uno ciascuno ad Azione (Richetti) e ai 5Stelle (Ascari).

“Il partitone messo all'angolo”, come hanno commentato un pò tutti anche a sinistra. Da dove sono venute le critiche più crude nei confronti del segretario Letta, rimasto alla fine isolato per non essere riuscito a creare il tanto sbandierato 'campo largo' che alla fine è risultato una sorta di 'campo santo'. Ma tutto il vertice del Nazareno è stato messo sotto accusa dalla 'base' per non essere riuscito ad elaborare un progetto politico chiaro e una identità certa al Pd.

E nessun aiuto pare essere venuto in termini elettorali  dalle abituali feste dell'Unità quest'anno effettuate in piena campagna elettorale.

“Un partito senz'anima”, l'ha definito il politologo Luca Ricolfi che ha anche lamentato che sin dalla sua formazione il Pd “non si sia caratterizzato nè come partito socialdemocratico e nemmeno come partito liberaldemocratico”, nè carne nè pesce,  insomma, che non ha convinto e rassicurato gli elettori che se ne sono allontanati. 

Anche l'altro politologo bolognese ex diessino Gianfranco Pasquino non è stato tenero parlando di un “partito privo di cultura politica e di un precisa identità se non quella dell'ansia di restare al governo per esercitare il potere”. Pure il docente universitario Pietro Ignazi è stato severo affermando che “ci si è soffermati sui diritti civili e su jus soli ma non sui problemi sociali, quelli che interessano da vicino i lavoratori”. Mentre uno dei capi corrente più forti, il ministro del Lavoro Orlandi, si è dimostrato pessimista quando ha detto che “siamo vicini al punto di non ritorno”. Molti hanno anche proposto di “rifondare dalla base il partito -  come ha fatto Gianni Cuperlo - a causa della perdita di valori morali,  culturali, ideologici”.

Insomma, il non avere raggiunto il 20 per cento dei voti in sede nazionale, considerato il punto di sopravvivenza,  ha messo in moto un vasto movimento interno con la comparsa improvvisa di almeno cinque-sei candidati alla segreteria al posto del perdente Letta: la De Micheli, il sindaco di Pesaro Ricci, il sindaco di Firenze Nardella, l'attuale vice segretario Provenzano e presidente e vice presidente della Regione Emilia  Bonaccini e Schlein che, secondo alcuni commentatori, invece di alimentare un dibattito interno sui contenuti, non farebbe che aggiungere  confusione di lunguaggi e giochi di potere da parte delle correnti interne.

C'è infine da registrare alcune bocciature clamorose che hanno ulteriormente innervosito e reso incandescente il dopo elezioni al Nazareno: quella di Monica Cirinnà e di Marcucci a Roma, di Cottarelli a Milano ma, soprattutto, quella di Valentina Cuppi, presidente dell'assemblea nazionale del partito (voluta a suo tempo dal segretario Zingaretti) che è anche sindaco di Marzabotto, la località simbolo della Resistenza, che ha rilasciato dichiarazioni assai polemiche sulla sua mancata elezione alla Camera  “dovute – essa ha dichiarato – alla posizione  che mi hanno dato in lista”. Terza dietro la Schlein e Vaccari. 

Insomma “un partito senza anima che ha esaurito la sua ragione d'essere”, come hanno aggiunto i vari Sansonetti, Cacciari, Padellaro, De Bortoli e, in sede locale, Santagata e altri, vittima della presunzione da primi della classe, del settarismo ideologico, della arroganza di un gruppo dirigente che anche per questi atteggiamenti insulsi di presunta superiorità politica, è stato duramente punito dal proprio elettorato.

Cesare Pradella

Cesare Pradella
Cesare Pradella

Giornalista pubblicista, è stato per dieci anni corrispondente da Modena del Giornale diretto da Indro Montanelli, per vent'anni corrispondente da Carpi del Resto del Carlino, per cinque..   Continua >>


 


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