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Post-voto: il socialismo deve tornare ad essere un plus

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Il quadro di Pelizza da Volpedo può essere disegnato con volti e abiti del nuovo millennio, ma i difetti, le differenze, le esigenze sono le stesse


Post-voto: il socialismo deve tornare ad essere un plus
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Non siamo intervenuti a Bologna perché occorre meditare meglio sugli avvenimenti e perché siamo rimasti meravigliati dalla grande partecipazione. Nel merito cominciamo così: proviamo senza ipocrisia a raccontarci le verità dure per testimoniare la voglia di esistere e la certezza di essere necessari dalla democrazia. Luca Tentone nell’articolo pubblicato sul nr. 3 di “Mondo Operario” ha chiarito statisticamente il movimento elettorale e ha scattato una fotografia perfetta del responso del 4 marzo. Ci poniamo, a questo punto, la prima domanda per argomentare e arrivare alle proposte su cui ragionare: è stata ribellione o rivoluzione? Quel 30% di giovani entro i 40 anni hanno voluto dare un segnale contro la classe politica cercando il demiurgo che risolva i problemi al di là del merito dei programmi o sono andati oltre? E in questo caso consapevoli che un rinnovamento qualsivoglia è meglio della palude e, comunque, non mette a rischio la democrazia?


Sempre Tentoni dice che gli operari hanno votato per il 37% i 5 Stelle, il 23% Lega, il 12,5% FI e solo l’11,3% il PD; i dipendenti pubblici hanno votato il 23% il PD, ma solo l’8-10% dei disoccupati votano centro sinistra – PD. È tutto significativo che questi dati presuppongono una ribellione-rivoluzione che deve fare i conti con la democrazia e l’economia. Non escludiamo a priori che il profondo divario della società che ha aumentato la ricchezza per pochi e conseguentemente, i poveri, i diseredati e gli insicuri professionalmente lasciando intatti desideri e follie della società dei consumi. Un coacervo di contradizioni che fomentano ribellione e scarsa considerazione della logica analitica. Ciò che prima era necessario oggi diventa demagogico, ciò che prima era demagogico oggi è dimostrazione di novità.

Mentre tutto corre su internet e la macchina è indispensabile per raggiunge il lavoro, il presidente della camera dice che andrà in autobus a Roma, dove per percorrere un chilometro occorrono 40 minuti, se arriva il mezzo. Non diamo giudizi: evidenziamo solo contradizioni, populismi inutili che anzi che smussare rabbia e oddio li rinfocolano. Ecco il primo obiettivo per noi: non possiamo non pensare di costruire una proposta se non studiamo un nuovo linguaggio che ci permetta di essere riconosciuti e ascoltati. I bisogni del 21° secolo sono immutati: aiutare i poveri, i delusi, i senza lavoro, i diseredati, a salire la scala verso la giudizia sociale, cultura, lavoro e dignità. I ricchi, le aziende, sono nostri alleati purché rispettino le leggi e distribuiscano nel modo giusto la ricchezza. E la prima battaglia non di un giorno ma di tutti i giorni brandendo la costituzione è la lotta all’evasione fiscale. La prima conseguenza positiva di questa battaglia è il contrasto alla corruzione di ogni ordine e grado. Il denaro che viene distribuito per la corruzione deriva dall’evasione fiscale complici sistemi finanziari e attività formalmente lecite ma gestite in modo oscuro senza controllo e spesso sottovalutate. Cominciamo dai comuni, dalle regioni ed enti di ogni grado che generano uno stato nello stato la cui negatività si rileva non solo nel mare di debiti ma nella libertà di rapporti con le aziende in ogni campo e settore che lasciano molto spazio alla oscurità: dalle energie alla sanità, dall’acqua ai trasporti, dall’edilizia all’industria dove azioni personali di potere danno a certi manager l’aria di padroni onnipotenti fuori da ogni controllo. Per incidere questo bubbone non servono nuovi leggi o regolamenti: ce ne sono anche troppi o inapplicati o soggetti ad interpretazioni dialettiche a volte anche dalla magistratura. Serve una conoscenza dello stato che faccia d’argine alla diffusa idea del sotterfugio, dell’amichevole consulenza, insomma della subalternità della legge al bisogno personale. Perciò, siccome la coscienza dello stato si forma alla base riscopriamo il socialismo municipale come antidoto. Non è la semplice esibizione del campanile, ma la partecipazione alla responsabilità del rapporto con il cittadino tutti i giorni, la realizzazione della coscienza civica e dell’educazione a rispetto di leggi, regolamenti compresa la priorità da realizzare non nell’interesse del singolo, ma nell’interesse della collettività. Un socialismo municipale, moderno che usi internet per dare una coscienza frutto della conoscenza dove i valori, e i sapori fisici ed esistenziali, restituiscono dignità e consapevolezza a donne, giovani e anziane. È la nuova sfida della democrazia. Non basta la conoscenza per ottenere i risultati e neanche la declamazione dei principi. Come nella vita la natura non fa salti occorre lavorare e patire l’indifferenza e l’insolenza di chi non crede in te per ottenere risultati. Occorre ripartire da qui se si vuole rinascere. I nostri fondatori che ricordiamo in ogni assemblea hanno subito soprusi, carcere, a volte la morte per ciò che facevano. Quando li ricordiamo a noi pare di sentire l’attesa della reincarnazione. Cominciamo con lo stabilire il criterio del rinnovamento dei gruppi dirigenti per dare ruoli diversi in un’ottica nazionale. Ne vento del sud-antistatale e assistenziale; ne vento del nord borghese-pro globalizzazione ma razzista e sazio. La lotta perché nessun rimanga ultimo è un rischio da correre, fraternizzare richiamare a rispetto di leggi e diritti offesi riequilibrando responsabilità e dovere capacità professionale e rapporto sociale. La scuola, l’università, la scolarizzazione permanente, il mondo del lavoro giovanile: qui dobbiamo riappropriarci pacificamente con la nostra cultura di governo per far nascere la lingua e le azioni che questo mondo aspetta.

Chi è il corpo intermedio che può fare da argonauta. Sarebbe il sindacato ma per loro vale quello che vale per noi è necessario affrontare una grande rivoluzione culturale. Il sindacato è in ogni dove dal CNEL, alla miriade di enti statali o di emanazione di leggi e regolamenti conseguenti. Vogliamo citare un solo esempio emerso in questi giorni: la legge 104. Quale azione democratica di contenimento della deriva dell’abuso di questa giusta legge è stato portato avanti dal sindacato; i sindacati sono tanti e la tessera vale più del principio; come nei partiti, nella cooperazione, nelle associazioni di categoria. Che vuole essere cittadino democratico dello stato costituzionale non può non osservare questa decadenza e stare a guardare. “Chi è socialista ancora di più; il socialismo deve tornare ad essere un plus” per l’individuo cittadino. Il quadro di Pelizza da Volpedo può essere disegnato con volti e abiti del nuovo millennio, ma i difetti, le differenze, le esigenze sono le stesse a fronte del bene e del male che il turbo capitalismo finanziario della globalizzazione ha prodotto. Oggi è iniziato il percorso su cui insistiamo perché finché c’è un socialista c’è un idea e un principio su cui costruire.

Paolo Cristoni

Giuseppe Guberti


Redazione Pressa
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