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Dopo le elezioni regionali del 17 novembre sembra che tutto sia facile da spiegare. Vince il Pd, perdono tutti gli altri, compreso Fratelli d'Italia.
Il nuovo presidente è un galantuomo e la perdente è una professionista troppo colta e signorile da poter sopportare chi pensa, nel suo campo, a richiamare Vannacci come competitor adeguato a risollevare una destra senza prospettiva, almeno in regione. Ma un problema c'è: la maggioranza non è andata a votare. Allora proviamo a capire se la politica può riprendersi il popolo degli anni duemila. Analizzando i dati viene in mente un vecchio adagio: la paura fa novanta.
Dopo la Liguria dove il candidato del centrosinistra, non di razza, nè simpatico, tantomeno capace di aggregare, nella nostra regione Bonaccini ha scelto e proposto il riformismo comunale chiamando il meglio di una generazione di amministratori locali conosciuti, in grado di fare collante con un mondo civico non qualunquista e rispettoso di partiti associazioni, mondo imprenditoriale piccolo e grande.
Questo è servito al grande elettorato per votare il Pd e lasciar un po' di spazio al cosiddetto campo largo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Contro la paura di avere i salviniani o i meloniani che dipingevano una regione da far nera, hanno deciso che il colore riformista era difeso dal Pd e gli altri avevano un piccolo spazio molto inferiore a quello naturale. A cominciare da Verdi e sinistra, dai grillini, alla lista riformista formata in fretta e caduta su qualche inciampo personale e di candidati ognuno per se.
Ma il vero punto è risultato essere la debacle social: il casa per casa, il rapporto coi cittadini, la vicinanza col popolo non si è fatta sentire.
Basta confrontare le manifestazioni finali dell'ultimo Bonaccini con quelle del 15 novembre. Ha ragione il professor Pasquino a ricordare le tre ragioni di una crisi partecipativa.
La nostra regione deve reinvestire sul valore della partecipazione aldilà del terzo settore e dell'associazionismo senza simboli: che va bene di fronte alle emergenze che opportunamente vanno evitate con adeguate politiche giorno per giorno da parte delle istituzioni, ma la politica che ci vuole è quella del confronto vero sulle idee e la costituzione la fissa nei partiti e nelle organizzazioni economiche e civili dove lo scontro nasce e si chiude con la ricerca delle soluzioni. E vale per tutti: maggioranze e opposizioni.
Valgano le parole e gli insegnamenti del nuovo presidente della regione: appena ha vinto ha telefonato al primo ministro per proporre un patto repubblicano per risolvere i problemi. Sanità, scuola territorio, trasporti e assistenza ai più fragili sono azioni per tutti i cittadini. Cosi si potrà dire che la politica recupera il popolo e frena arroganza e qualunquismo.
Paolo Cristoni
Redazione Pressa
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