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La recente presa di posizione della Flc Cgil nei confronti di alcuni dirigenti scolastici in relazione all’esercizio del diritto di sciopero degli insegnanti, riapre opportunamente, un dibattito sulle regole in essere che, per la loro formulazione, si prestano ad interpretazioni diverse, generando inutili e dannose conflittualità nel mondo della scuola pubblica che già, di pe sé, non se la passa benissimo.
Ecco il famigerato codice di autoregolamentazione
Ricordiamo brevemente come funzionano gli scioperi nel comparto scolastico, riconosciuto come servizio pubblico in cui stanno dei minori. A tal fine, si riporta il famigerato articolo 2 comma 3 del codice di autoregolamentazione che tanto sta tanto a cuore alle organizzazioni sindacali del settore e che recita: “In occasione di ogni sciopero, i capi d'istituto inviteranno in forma scritta il personale a rendere comunicazione volontaria circa l'adesione allo sciopero… Decorso tale termine, sulla base dei dati conoscitivi disponibili, i capi d'istituto valuteranno l'entità della riduzione del servizio scolastico e, almeno cinque giorni prima dell'effettuazione dello sciopero, comunicheranno le modalità di funzionamento o la sospensione del servizio alle famiglie nonché al provveditore agli studi“.
Un bel gioco di parole per dire tutto ed il suo contrario.
Quindi gli inseganti sono invitati a comunicare prima le loro intenzioni, affinché i dirigenti scolastici possano a loro volta preavvertire le famiglie sulla reale situazione di erogazione del servizio scolastico in relazione alle adesione allo sciopero pervenute.
Ma attenzione alle parole: nel codice di autoregolamentazione sta scritto che questa comunicazione “deve” essere fatta “volontariamente”, quindi, secondo l’interpretazione sindacale, nessuno è obbligato a farlo...
E allora?
I dirigenti scolastici tra due fuochi
E allora, i dirigenti scolastici, non potendo aver la certezza di garantire il servizio, in alcuni casi lo assicurano, in tutto o in parte, utilizzando quegli insegnanti che sulla base delle comunicazioni volontarie, risultano non aderenti allo sciopero.
Ma poiché, sempre più spesso, una certa parte di insegnanti non comunica nulla in ordine alla adesione o meno, i dirigenti scolastici sono costretti o a chiudere le scuole o a invitare i genitori a presentarsi davanti alle stesse per verificare se gli insegnanti siano presenti o meno, con tutti i prevedibili disagi nell’organizzazione familiare.
In quest’ultimo caso, molti genitori, infatti, nel dubbio, preferiscono organizzarsi autonomamente per non rischiare di trovarsi poi in emergenza all’ultimo minuto.
E così succede, spesso, che a scuola ci siano diversi docenti, ma non gli alunni.
Quindi, uno sciopero che avrebbe riguardato, in provincia, magari qualche centinaio di persone, a volte anche solo qualche decina, si trasforma in una chiusura generalizzata del servizio, senza che nessuno o quasi perda lo stipendio, provocando spesso una sproporzione tra le adesioni allo sciopero e le difficoltà delle famiglie e degli studenti ad esercitare i loro diritti.
Tutto questo con l’aiuto, involontario, di diversi mezzi di comunicazione che, a caratteri cubitali scrivono: “domani scuole chiuse per sciopero”.
Si tratta, forse, dell’unico caso al mondo in cui chi non sciopera provoca un disagio all’utenza maggiore di chi sciopera. Insomma, una gran confusione che crea sconcerto e rabbia tra le famiglie.
E una “guerra” tra dirigenti scolastici, insegnanti, sindacati e famiglie che, certo, non giova alla scuola pubblica.
Tutto bene? Lasciamo ai lettori trarre le proprie considerazioni, nel vuoto di prese di posizione dei partiti attenti a non alienarsi le “simpatie” elettorali dei docenti.
Franco Fondriest