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MODENA: INTEGRAZIONI AL ROVESCIO?
Ha fatto scalpore, nella nostra città, il caso di una madre che ha denunciato la difficile situazione di sua figlia iscritta, unica italiana, in una classe della scuola Cittadella, una ottima scuola fortemente sostenuta nei suoi progetti dal Comune, con bravissimi insegnanti e diretta da un’ottima dirigente
Come, purtroppo, accade spesso, si sono subito formate due fazioni: da una parte coloro che accusavano la madre di razzismo minimizzando il problema; dall’altra, coloro che se la prendevano con l’invasione degli stranieri con relativa ghettizzazione degli italiani.
Ma ecco che il Sindaco ha indicato una possibile la soluzione: modificare gli stradari, cioè le zone vicino alle scuole i cui i residenti sono assegnati alle stesse. (anche se poi ha giustamente precisato che non è la bacchetta magica)
MA CHI SONO I BAMBINI STRANIERI
Parlare di bambini stranieri è come parlare di un universo indefinito; infatti bisognerebbe distinguere tra quelli appena arrivati e quelli nati a Modena, magari da genitori residenti in Italia da molti anni.
E, se proprio si vuole sottilizzare, tra quelli che hanno con noi “comuni radici” e quelli che provengono da culture anche molto differenti.
MA CERCHIAMO DI CAPIRE COME STANNO LE COSE
A Modena, nascono ogni anno circa 1.600 bambini di cui quasi 400 sono stranieri; quindi se fossero distribuiti in modo omogeno nelle diverse classi della città, ogni 20 alunni ce ne sarebbero circa cinque stranieri e comunque, si tratterebbe più che di stranieri, di figli di stranieri.
Purtroppo, non è così per due ragioni principali.
La prima è che le residenze di questi ultimi non sono distribuite in modo omogeneo nel territorio; infatti ci sono aree di maggior concentrazione ed altre dove non se ne vedono; ciò dipende prevalentemente dal costo degli appartamenti; in sintesi: nelle zone abitate dai ricchi, di stranieri non se ne vedono, mentre sono più numerosi nelle zone più povere.
Su questo si inserisce un effetto di ricaduta provocando un circolo vizioso: quando la concentrazione è alta, i pochi italiani tendono ad allontanarsi dalla quella scuola; è così che si formano le cosiddette “classi ghetto”.
Nella mia trentennale esperienza di direttore didattico a Modena, ne ho viste di tutti i colori, nel senso vero e proprio della parola; venivano da me genitori di sinistra, cattolici, simpatizzanti di destra, senza distinzioni, a chiedermi se avevo posto nelle “mie” scuole volendosi allontanare da scuole che non ritenevano all’altezza per diversi motivi tra cui anche la particolare concentrazione di stranieri.
NON E’ UN PROBLEMA SOLO MODENESE, MA A MODENA….
Non è un problema solo modenese e neanche solo italiano; in tutto i mondo esiste questo problema laddove ci sono forti spinte migratorie.
Il problema è aggravato dal fatto che lo “stradario” non è vincolante come lo era una volta, ma solo poco più che indicativo; basti pensare che, a Modena, circa il 50% dei bambini frequenta una scuola diversa da quella assegnata.
A questo, poi, si aggiunge che la costituzione degli istituti comprensivi, nella nostra città, avvenuta in modo assai dilettantesco, non ha certo migliorato la situazione.
Vorrei ricordare, infine, che la scuola Cittadella, venne costruita ex novo per poter accogliere gli alunni del centro e zone limitrofe, ponendo così le condizioni per chiudere la scuola “ghetto” storica di Modena: le Ceccherelli.
Con i risultati che vediamo….
Infatti il problema non si è risolto, ma soltanto spostato.
Ma di situazioni analoghe, a Modena, se ne ricordano altre e non sempre a causa della presenza di alunni stranieri; a volte erano i “meridionali” (come alle ex Ceccherelli), oppure era la concentrazione di problemi sociali dovuta alle case popolari costruite l’una vicino all’altra. Molti ricordano gli anni difficili vissuti dalle scuole del Villaggio Giardino (ora Galileo Galilei) e delle scuole Manzoni (ora Rodari), proprio a causa di quest’ultimo problema.
QUALE RIMEDIO
Pensare di porvi rimedio, modificando gli stradari è più o meno come pensare di ripulire l’aria, spegnendo i caminetti.
E se invece di problema scolastico o sociale o ancor peggio di razzismo, fosse un problema urbanistico?
E perché non dare uno sguardo alla situazione delle scuole dell’infanzia?
E magari anche alle paritarie?
Purtroppo, sembra che a volte, manchi la competenza necessaria per affrontare problemi non nuovi, ma ormai conosciuti e studiati.
A problemi complessi, non ci sono soluzioni semplici.
Franco Fondriest