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Tenuta come una schiava per 8 anni: a Carpi succede anche questo

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E' lecito chiederci in cosa abbiamo sbagliato noi, cosa non ha funzionato nella società e nella politica carpigiana nell’ambito della integrazione tra etnie


Tenuta come una schiava per 8 anni: a Carpi succede anche questo
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Per otto anni ha vissuto come schiava in un appartamento di Carpi. E questo è accaduto ad una ragazza del Kosovo che, allora tredicenne, è stata “venduta” nel 2012 per diecimila euro dal nonno ad una famiglia di connazionali residente a Carpi.
'E da quando mi hanno portata qui a Carpi – ha raccontato - non sono più potuta uscire di casa, non potevo parlare con nessuno, ero una sequestrata, con nessun diritto, punita, percossa, minacciata e insultata dai genitori e dal loro figlio divenuto per imposizione dei genitori mio “marito” e padre dei mie tre figli. Non mi hanno permesso nemmeno di andare a scuola. Ero insomma una vera schiava. E così tra maltrattamenti, privazioni, vessazioni, violenze, percosse, sono stata messa incinta dal figlio della coppia e ho partorito tre figli sempre su ordine del capo famiglia, il mio vero padrone'.



La drammatica storia di schiavismo in tempi moderni nella civile, democratica e progredita Carpi, è venuto alla luce soltanto quando la ragazza è riuscita a fare conoscere il suo stato di “schiavitù” ai carabinieri, dopo però ben otto lunghi anni di sofferenze, carabinieri che sono intervenuti fermando i tre aguzzini della kosovara (che hanno poi portato in luogo sicuro e protetto insieme ai suoi tre figli) e a denunciare alla autorità giudiziaria gli autori del prolungato sequestro di persona. Il processo in corso ha già visto la condanna del ’marito’ e si attende ora la condanna anche dei due genitori sequestratori.

Un fatto clamoroso e drammatico avvenuto non in una remota località di un paese dell’est europeo, ma nella moderna e civile società carpigiana.

Nella quale né i vicini di casa, nè i Servizi sociali del Comune, né la Consulta per l’integrazione degli immigrati residenti a Carpi si sono mai accorti di nulla e così nessuno è mai intervenuto o, coloro che sapevano, hanno taciuto per otto anni. Come nelle più arretrate zone dove regnano sovrani reticenza, omertà e il silenzio imposto.

Ma allora è lecito chiederci in cosa abbiamo sbagliato noi, cosa non ha funzionato nella società e nella politica carpigiana nell’ambito della integrazione tra etnie, nella difesa dei diritti delle persone, sia italiane che straniere, specie nelle fasce deboli, integrazione che pure è stata perseguita e attuata,  come ci è stato più volte assicurato dalla amministrazione comunale, dal sindaco e dagli assessori.

Non sono questi interrogativi retorici ma sostanziali che attendono risposte concrete e convincenti da chi ci amministra per dare sicurezza e tranquillità specie a chi arriva da noi in stato di necessità e chiede quanto meno garanzie sulla tutela della libertà e della dignità personale. Perchè questo è il terzo drammatico episodio di violenza sulle donne accaduto dalle nostre parti dopo quello sconvolgente di Saman ammazzata dai suoi stessi famigliari nel 2021 in un casolare di campagna tra Novi e Novellara e l’altro di una decina di anni fa, altrettanto delittuoso, che vide l’uccisione di una ragazza immigrata avvenuta in una abitazione del centro di Novi, anche in questo caso per mano dei famigliari.

Cesare Pradella

Cesare Pradella
Cesare Pradella

Giornalista pubblicista, è stato per dieci anni corrispondente da Modena del Giornale diretto da Indro Montanelli, per vent'anni corrispondente da Carpi del Resto del Carlino, per cinque..   Continua >>


 


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