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Assolto con formula piena, il fatto non sussiste. L’ex consigliere regionale di Forza Italia Andrea Leoni, coinvolto insieme ad altri consiglieri regionali dell’Emilia Romagna nell’inchiesta avviata nel 2012 sulle cosiddette spese pazze esce a testa alta e senza macchia con il più importante dei risultati: la dimostrazione, all’ultimo grado di giudizio, che i reati contestati non sono stati commessi. “Una sentenza capace di restituirmi l’onore che era stato infangato ingiustamente, ma che non mi ridarà 12 anni in cui le vite mia e della mia famiglia sono state stravolte da una inchiesta che nel pieno della carriera politica, a 42 anni, consigliere regionale, mi ha anche negato quell'attivitá che amavo e che ho scelto di abbandonare”- commenta Leoni.
“L’accusa di peculato, per un politico, è la più infamante quella che di fatto non ti consente più di fare attività politica.
Ci accusavano di avere destinato a spese non inerenti con il mandato risorse pubbliche. A me contestarono 150.000 euro per un periodo di dieci anni. Già con la sentenza di primo grado ne erano rimasti soli 6000, poi l’assoluzione che ha tolto ogni dubbio di merito anche su quelli. Il problema è che una giustizia che arriva dopo 12 anni, non si può più chiamare giustizia”.
Andrea Leoni in questo risultato non ha mai smesso di credere, al punto di scegliere subito il rito abbreviato, sicuro di potere dimostrare di avere agito sempre correttamente. Le indagini scattarono nel 2012 con una enorme task force della Guardia di Finanza, accompagnata da un grande clamore mediatico e sfociarono nelle richieste di rinvio a giudizio e in altri 10 anni di calvario.Cosa successe? “Scelsi il rito abbreviato per dimostrare l’assoluta regolarità del mio operato, e che, per quanto mi riguardava, non c’era nessuna spesa pazza. Anche perché bisogna partire da un presupposto: le spese di cui parliamo e che ci contestavano erano tutte disciplinate da leggi e regolamenti regionali. Funzionava così. Ogni consigliere pagava di tasca propria le spese sostenute per l’attività istituzionale. Spese che venivano rendicontate dal gruppo, sottoposte anche all’analisi degli organismi di vigilanza interna alla Regione e solo dopo questi controlli venivano rimborsate'.
Allora secondo lei da cosa è nata l’inchiesta? Si è dato una spiegazione? “Credo sulla scia del caso Fiorito (consigliere della regione Lazio) si fosse scatenata una sorta di caccia alle streghe. Forse pensavano di trovare un Fiorito anche in Emilia-Romagna, ma non avendo nessun fatto clamoroso in mano, gli inquirenti hanno sperato di trovare qualcosa vagliando migliaia di documenti relativi alle spese di tanti anni di attivitá di tutti i gruppi regionali. Hanno fatto una indagine a strascico. Ricordo il sequestro da parte della Guardia di Finanza, di centinaia di faldoni di carte. Per assurdo non trovando evidentemente nulla di clamoroso, raccolsero e ci contestarono tutte le spese di circa 10 anni di attività. Per difendermi da queste assurde accuse, con un lavoro immane mio, dei miei avvocati e dei miei collaboratori ho ricostruito e giustificato tutte le spese sostenute. Tutte. Basta pensare che la memoria difensiva depositata contava 6000 pagine”.
Può farci un esempio di spesa contestata? “La spesa per partecipare ad un convegno sulla scuola alla presenza dell’allora ministro Gelmini. Mi venne detto che non era pertinente con il mio ruolo di consigliere regionale, nonostante fossi Vicepresidente della commissione regionale scuola. Naturalmente avevo ragione io. E mi chiedo, è corretto che un finanziere o un magistrato possano decidere a quale convegno un consigliere regionale può o non può partecipare? Di questo passo la Magistratura si sostituirà a chi è democraticamente eletto dal popolo attraverso libere elezioni”.
Dopo due gradi di giudizio nel 2021 la suprema Corte di Cassazione mi ha assolto dal reato di peculato. Fu addirittura lo stesso Procuratore Generale (ndr l'accusa) a richiedere l'assoluzione. Questa sentenza sconfessava totalmente i giudici di primo e secondo grado, demolendo il fallace teorema accusatorio dei giudici bolognesi. La sentenza peró prevedeva che gli atti fossero rinviati alla Corte di Appello di Bologna perché valutasse se vi fossero altri reati da contestare.
E veniamo a venerdi scorso di fronte alla quarta sezione della Corte di Appello di Bologna, dove l'accusa mi contesta non piu il peculato, bensì la truffa. A questo punto avrei potuto avvalermi della prescrizione (visto che tale reato si prescrive in 7 anni e mezzo) invece decido senza esitazione di dimostrare fino in fondo, fino all’ultimo euro, la mia innocenza. Ho avuto ragione. Dopo una lunga camera di consiglio, la Corte mi ha assolto con formula piena da tutte le accuse perché il fatto non sussiste'.
Oggi come si sente?: “Sono contento. E’ la fine di un incubo che ha stravolto la mia vita e che ha portato a conseguenze, alcune non più rimediabili, sul piano umano, professionale ed economico, ma rimane tanto amaro in bocca”.
Cosa intende? “Siamo di fronte ad un enorme flop giudiziario. Il disegno e il sistema criminale che si voleva dimostrare non c’era. Una inchiesta costata milioni di euro ai contribuenti finita in nulla, perché oltre alla mia ci sono state raffiche di assoluzioni. Ci sono persone accusate sulla base di tesi assurde e senza prove che sono morte prima della sentenza.
In un paese normale i responsabili di una inchiesta giudiziaria fallimentare come questa dovrebbero risponderne. E invece questo normalmente non accade e temo non accadrà nemmeno questa volta. Mi auguro solo che nessuno debba subire quello che ho patito io'.
Gianni Galeotti
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>