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La vicenda Esposito e le analogie con il caso-Giovanardi

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La questione riguarda la libertà dei Parlamentari di poter esprimere le loro opinioni senza essere spiati e intercettati


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L'articolo 68 comma 1 della Costituzione stabilisce che 'i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell' esercizio delle loro funzioni'. 
Il terzo comma dello stesso articolo prevede che ci vuole l'autorizzazione della Camera di appartenenza per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
In questo contesto giovedì scorso è stata resa nota la Sentenza della Corte Costituzionale che ha ribadito che dopo il caso di Matteo Renzi, anche il processo a carico dell'ex senatore Pd Stefano Esposito deve essere annullato in quanto costruito su intercettazioni per l'utilizzo delle quali il tribunale di Torino non aveva mai chiesto l'autorizzazione.

Le vicende di Renzi ed Esposito ripropongono la questione che riguarda la libertà dei Parlamentari di poter esprimere le loro opinioni senza essere spiati e intercettati, ma anche un'altra questione recentemente affrontata dalla Corte Costituzionale, riguardante l'ex ministro modenese Carlo Giovanardi, i cui interventi in ambito Parlamentare erano state definite dall'Aula del Senato come opinioni non sindacabili.
Secondo la Corte Costituzionale, viceversa, che ha annullato la delibera del Senato, se i pubblici ministeri reputano le opinioni come diffamazioni, vilipendio, pressioni, minacce... è inapplicabile la guarentigia costituzionale.

Per Giovanardi (video sopra) con questa logica il Parlamento 'si trasforma in Zittimento, alla mercè delle iniziative della Magistratura, che può svuotare le Camere di una delle fondamentali prerogative dei rappresentanti del popolo, che è proprio la difesa dei cittadini dai sempre possibili straripamenti di potere dell'esecutivo, nel caso di specie le Prefetture'.

Giovanardi, appena venuto a conoscenza della decisione della Corte, ha quindi investito della questione la Presidenza del Senato che ha già provveduto a trasmettere alla Giunta delle Autorizzazioni la richiesta dell'ex ministro di rinnovare la decisione, già votata nella scorsa legislatura, secondo la quale il processo per direttissima (saltando addirittura la fase del Gup) si basava su intercettazioni allo stesso fraudolentemente carpite nel corso di conversazioni private, per l'utilizzo delle quali il Tribunale di Modena non ha mai chiesto l'Autorizzazione al Senato.
E cioè la stessa identica fattispecie che ha portato la Corte Costituzionale a censurare il comportamento dei Tribunali che hanno omesso di rispettare il dettato dell' art 68 Cost nei casi Renzi ed Esposito.

Si ricorda che i fatti modenesi in discussione risalgono al 2014 e che nel frattempo il dottor Marco Mescolini, all'epoca Pubblico Ministero che condusse le indagini alla  Direzione Distrettuale Antimafia, è stato allontanato nel 2021, con voto unanime del CSM, da Reggio Emilia, dove svolgeva il nuovo incarico di Procuratore della Repubblica poichè 'la credibilità, in un ambiente piccolo come quello reggiano, è stata fortemente deteriorata'.
Il problema per Giovanardi non è pertanto 'quello di un processo già condannato alla prescrizione ma il gigantesco tema del tentativo, che non ha precedenti nella storia dell'Italia democratica nata dalla Resistenza, di contestare prima al legislativo il potere di controllare l'operato dell'esecutivo e successivamente teorizzare che questa funzione di critica e verifica, sulla cui correttezza si è espresso positivamente il Senato della Repubblica, possa essere interpretata dai Pubblici Ministeri come una pratica criminale. Trasformando appunto il Parlamento in uno Zittimento'.

Redazione Pressa
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