Renzi ha azzerato il Fondo Nazionale per l'affitto: a Modena 1 milione in meno per aiutare chi ha bisogno
Il Comune ha compensato con risorse proprie e nuove misure gli aiuti mancanti, rilanciando un nuovo piano per l'abitare
Anche perché i dati che a Modena, complice la crisi economica, confermano una emergenza abitativa, ci sono. Partendo dal numero degli sfratti esecutivi ed eseguiti con l'uso della forza che sono passati dai 241 del 2014 ai circa 300 del 2016. Emergenza alla quale il Comune ha cercato di fare fronte investendo risorse proprie per più di un milione di euro solo per la rinegoziazione dei contratti di affitto, che ha portato la media delle rate mensili a carico delle famiglie ad abbassarsi ulteriormente. In questo ambito, in due anni, sono stati 230 i contratti rinegoziati. Un altro importante intervento, giudicato tale dall'Assessore al Welfare del Comune di Modena Giuliana Urbelli in un seminario con le associazioni modenesi che si muovono sul tema dell'abitare e dell'accoglienza, organizzato martedì al Windsor Park, è stato quello intitolato 'Modena per l'Affitto'. Un'azione che prevedeva semplicemente (ma non troppo), il contributo per il pagamento della rata mensile. A Modena ne hanno usufruito in 377 nuclei che hanno ricevuto un contributo per l'affitto pari ad una media di tre mensilità. Circa 1300 euro.
ll fondo nazionale per l'affitto che è stato cancellato
'Il Fondo nazionale per l'affitto, previsto dall'art. 11 della legge 431/98, prevede, visto che come misura (anche se azzerata nei contenuti), c'è ancora, l'erogazione di contributi a favore di famiglie che abitano in affitto ed hanno un canone di locazione eccessivamente oneroso rispetto al reddito. Con il Fondo, per la prima volta era stato individuato uno strumento che, attraverso il sostegno finanziato al reddito delle famiglie che vivono in locazione, aveva consentito di stabilizzare la permanenza negli alloggi di proprietà privata riducendo, così, la pressione della domanda sul versante pubblico'. In pratica un circolo virtuoso innestato dall'immissione di denaro pubblico per importi tali da evitare una somma di situazioni di emergenza che, se verificate, avrebbero comportato una spesa maggiore da parte del pubblico. Un provvedimento che, però, nel 2015, il governo ha deciso di non rifinanziare.
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