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Passati 80 anni dalla caduta del regime fascista, impostosi venti anni prima con la violenza e la complicità della monarchia, ci sono italiani che non solo rifiutano di fare i conti con quella storia tragica, ma tentano di accreditare un presunto “fascismo buono”. Negano che la Costituzione liberale, democratica e progressista sia figlia della lotta antifascista e della Resistenza. Ne usano strumentalmente i diritti che tutela e promuove, ottenuti con il sacrificio di partigiani e soldati, di donne e cittadini di ogni ceto e fede ideale, uniti contro il nazifascismo. Il disegno è chiaro: svuotare la Costituzione dei suoi caratteri progressisti. Si ripropone in forme nuove, come negli “anni di piombo”, una questione democratica. Una questione che impone a tutti gli antifascisti un forte impegno.
La minaccia non sta nella riedizione del regime dittatoriale mussoliniano, ma nella possibile instaurazione di un sistema che, facendo leva sulle paure, agitando populismi e nazionalismi e legittimando parte del vecchio regime fascista, raccolga consensi alla svolta autoritaria, insita anche nel disegno di modifica della Costituzione per l’elezione diretta del Capo del Governo. Le politiche economiche delle destre rafforzano tale disegno, nell’intento di costruire un blocco sociale alimentato anche da vecchie ideologie. In questo contesto politico, con un governo di destra e un Presidente del Consiglio fondatore di un partito che nel simbolo richiama l’MSI, protuberanza della RSI, il Comitato Provinciale dell’ANPI di Modena esprime forte preoccupazione per la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, circa l’interpretazione del reato connesso al saluto fascista in pubblico'.
A intervenire in una nota è l'Anpi di Modena.
'In attesa delle motivazioni della sentenza la Corte, a quanto pare, ammette l’ostentazione di simboli e gesti del regime fascista, se non riconducibili ad una effettiva intenzione di ricostituire il partito fascista. Una interpretazione restrittiva e parziale della legge del 1952 che inoltre persegue l’apologia di fascismo, ovvero l’esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista. Una disposizione rafforzata dall’articolo 5 che punisce “Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste…” Già la Corte Costituzionale nel 1956 aveva delimitato l’applicazione della legge, segnalando che il reato si configura allorquando l'apologia non consista in una mera 'difesa elogiativa', bensì in una «esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista», cioè in una «istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente». Per decenni si è ignorato il rischio d’inefficacia insito nelle norme di oltre 70 anni fa. Si doveva dunque provvedere, con leggi aggiornate e precise, non solo a determinare meccanismi certi per lo scioglimento delle formazioni chiaramente neo fasciste, ma per impedire l’uso strumentale dell’armamentario retorico, che oggi serve a raccontare un’altra storia, a ricercare una rivincita. Per questo sbaglia chi sottovaluta i rischi, derubricando il saluto fascista e altra paccottiglia come trascurabile “nostalgia” di minoranze. Quel gesto e l’ostentazione dei simboli del nazi-fascismo, che la sentenza incoraggia, sono parte di un disegno politico ogni giorno più chiaro confermato dal silenzio del Governo e dai suoi provvedimenti economici, sociali e giuridici. Questione sociale e questione democratica sono strettamente connesse. Per questo per noi il saluto fascista resta un delitto verso la storia, verso il sacrificio dei caduti per la libertà, verso l’intelligenza e la convivenza sociale. Per questo chiediamo a tutte le forze democratiche antifasciste di non sottovalutare quanto accade, di non ripetere errori del passato, per non pregiudicare il futuro' - chiude l'Anpi.
Redazione Pressa
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