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Alla lunga e da mesi quotidiana serie di operatori sanitari (soprattutto medici ed infermieri) che si dimettono o che recedono volontariamente dal contratto, a pesare sulla tenuta del sistema sanitario pubblico modenese e regionale, è anche l'altrettanto lunga serie di pensionamenti. In molti casi professionisti di ogni categoria con contratto a tempo indeterminato, che appena raggiunte le condizioni contributive minime per farlo, decidono di fermarsi, anche anticipatamente. La giornata di ieri ne è la conferma. Sugli undici contratti risolti definitivamente, nei settori più diversi della sanità pubblica, nove hanno riguardato pensionamenti. Dagli infermieri ai medici, dai tecnici di laboratorio agli assistenti amministrativi, agli autisti. Personale specializzato e di lunga esperienza che si aggiunge a quella grande quantità di professionisti dimissionari e che nei prossimi mesi, e soprattutto dal 1 gennaio 2024, usciranno dal sistema.
Diverse decine in un solo mese, con picchi come quello del 4 settembre dove furono una decina le dimissioni volontarie. Nove invece i contratti risolti solo ieri in applicazione della legge 112/2008, che sancisce che nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni hanno la facoltà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi.
Nella sola giornata di ieri, una possibilità di cui l'Ausl si è avvalsa, appunto, nove volte, per nove rispettivi contratti. A questi, sempre ieri, si aggiungono due dimissioni volontarie. Una riguardante una figura amministrativa, figure queste ultime che solitamente non rientrano in quella categoria del personale sanitario a contatto diretto con i pazienti che, come spiegato dall'Assessore regionale Donini e dal Direttore Generale del Policlinico di Modena Vagnini, sono spinti a lasciare il servizio pubblico per remunarazione bassa, e per turni di lavoro rimasti pesanti anche nel post emergenza covid, spesso incompatibili con il proprio contesto famigliare.
Fatto sta che al di la delle motivazioni personali, specifiche, o generali, legate ad una pregressa mancata programmazione politica e amministrativa capace di fare fronte alla seppur prevedibile raffica di pensionamenti e prepensionamenti che avrebbe investito, come nelle forse di polizia, anche la sanità pubblica, quest'ultima si trova in una condizione davvero difficile per non dire emergenziale. Non a caso è stata la grave ed endemica carenza di personale che investe soprattutto i pronto soccorso a fare correre ai ripari la Regione attraverso il varo della riforma dell'Emergenza-Urgenza nel tentativo di coprire, anche attraverso tagli come nei confronti della auto infermieristiche, gli stessi servizi con una coperta sempre più corta di personale. Una riforma di cui è difficile prevedere effetti ed esito, considerando che per dichiarazione dello stesso assessore regionale la carenza di personale peserà sempre più almeno nel breve e nel medio periodo di due, tre anni. Uno scenario preoccupante se si considera che la carenza di personale è stata ufficialmente posta alla base della decisione della Regione e dell'Ausl di Modena di chiudere anche il punto nascita di Mirandola dove con la fine dell'anno e i primi mesi del 2024, cesseranno anche gli incarichi esterni affidati a cooperative di medici i cui contratti, per dichiarazione dell'Assessore regionale alla sanità, non saranno più rinnovati.
Gianni Galeotti
Redazione Pressa
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