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Polemica a Carpi per la mostra intitolata Gratia Plena dell’artista Andrea Saltini, inaugurata sabato presso il Museo Diocesano.
'Centinaia di persone sono intervenute all’evento inaugurale e nella prima giornata di apertura. Segno inequivocabile di un interesse per questa proposta culturale di dialogo tra chiesa e arte contemporanea che ha preso il via nel giugno scorso dal discorso di Papa Francesco agli artisti in occasione del 50esimo anniversario dell’inaugurazione della collezione d’arte moderna dei Musei Vaticani. Un testo la cui lettura è caldamente consigliata a chiunque si avventuri in questa materia senza pregiudizi e animato da sincera volontà di confronto'.
'Quanto ai giudizi (o pregiudizi) secondo cui alcuni quadri esposti riproducono immagini blasfeme o dissacranti, pur rientrando nella libera circolazione delle opinioni, oltre a risultare irrispettosi nei riguardi del percorso compiuto soprattutto dall’artista e anche dai promotori, nulla di tutto questo è rilevabile davanti ad una visione delle opere corretta (ovvero ognuna vista nell’insieme dell’esposizione), documentata (l’esatto punto di visione come indicato anche nel catalogo ad esempio per il quadro intitolato “INRI – San Longino”) e con sguardo limpido (vedi fra Cristoforo nei Promessi Sposi “omnia munda mundis” “tutto è puro per i puri” citando San Paolo, Tt 1,15). A tal scopo sarà predisposto, in addendum al catalogo della mostra, un sussidio che presenta le singole opere dal punto di vista dell’artista che illustra la sua ricerca religiosa e spirituale, fornendo gli elementi culturali e personali per comprenderne il senso'.
Ma da dove arriva questa esigenza di replica? Tutto parte, anche se la Diocesi di Carpi non lo cita, da una analisi pubblicata questa mattina su La Nuova Bussola Quotidiana, a firma di Andrea Zambrano.
'Il quadro che sta scandalizzando e indignando ritrae un Cristo in croce perfettamente riconoscibile dalla scritta INRI (che dà il nome all’opera in gesso, cera e argilla pigmentata) e dai segni dei chiodi sui piedi - scrive il collega Zambrano -. Solo che davanti al Cristo c’è un uomo che ha il volto completamente rivolto verso le parti intime di nostro Signore (Dio ci perdoni l’ardire delle parole, ma quello è) che non è nemmeno rivestito di un misero straccio. La mano destra è nascosta dietro le cosce del Redentore, mentre la sinistra si allunga fino a premere il costato di Gesù. Trattandosi di arte figurativa, anche se dallo stile urbano, a chiunque la guardi, l’immagine restituisce proprio quella cosa lì, che se applicata alla figura del Salvatore mette in moto nei sentimenti dei visitatori un'istintiva ripugnanza'.
Nella foto sopra, che la Bussola ci ha gentilmente concesso, il quadro come appare ai visitatori. A ogni la possibilità di farsi la propria idea. Anche perchè il punto è proprio questo: al di là delle intenzione che cosa l'opera trasmette al visitatore.
'A documentare il percorso di ricerca artistica e spirituale che la pastorale ha sviluppato, nel clima del cammino sinodale, anche con gli artisti e correndo il rischio che un linguaggio provocatorio sconcerti qualcuno, c’è il commento posto in apertura del catalogo della mostra a firma di don Carlo Bellini, vicario episcopale per la pastorale, frutto di un confronto approfondito con l’artista - continua la Diocesi -. “Se la spiritualità è un sistema di senso che rende plausibile per un individuo la propria biografia – scrive Bellini - allora l’arte contemporanea ne è intrisa. Andrea Saltini rientra a pieno titolo in questo quadro ma ha una caratteristica oggi rara: fa riferimento esplicito ad una narrazione religiosa e a una teologia che non viene solo allusa. Le sacre scritture con i racconti di Gesù, Maria, gli apostoli, termini tecnici come Grazia, Paraclito, si riferiscono ad una religione precisa e quindi il contenuto spirituale scaturisce da una tradizione che viene così attualizzata, interrogata, provocata e alla fine resa viva e interessante oggi. L’arte di Saltini non è devozionale, difficilmente potremmo vederla in una chiesa, ma è vera arte contemporanea a soggetto religioso, ancora una volta una rarità. Davanti a queste opere si può meditare. Per questo il suo lavoro è un dono per credenti e non credenti, per riflettere sui misteri del nostro stare al mondo, rinnovando l’eredità iconografica e il patrimonio affettivo dalla nostra tradizione culturale'.