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Si aggirano intorno alle 1.300 unità i pazienti che necessitano di un ricovero nel reparto di Neurologia dell’Ospedale Civile di Baggiovara, nell’ambito dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena. Domani, sabato 22 luglio, ricorre la Giornata Mondiale del Cervello promossa dalla World Federation of Neurology e l’occasione rappresenta un momento utile per fare il punto sull’attività della Struttura Complessa diretta dal Professor Stefano Meletti. Circa il 60% di questi accessi ospedalieri è relativo a pazienti con patologia acuta cerebrovascolare, per esempio ictus o emorragia cerebrale. Le prestazioni ambulatoriali per esterni, nel contesto dei diversi PDTA, ammontano a circa 30mila visite o esami eseguiti ogni anno per le diverse patologie neurologiche: demenza, malattia di Parkinson, epilessia, sclerosi multipla, malattie neuromuscolari, la SLA.
«Le patologie acute e croniche del cervello rappresentano la prima causa di disabilità nella popolazione adulta - spiega il professor Stefano Meletti - molte di queste patologie causano una disabilità cronica (ad esempio gli esiti di uno stroke) e in alcuni casi progressiva (un tumore cerebrale, o una malattia neurodegenerativa).
La complessità e la specializzazione richiesta per cercare di curare nel modo migliore possibile le diverse malattie cerebrali ha visto la nascita negli ultimi cinque anni di diversi percorsi di diagnosi, terapia e riabilitazione presso il dipartimento di Neuroscienze. Si tratta di percorsi complessi e trasversali a diverse specialità come la neurologia, la neurochirurgia, la neuroradiologia, in cui è fondamentale il coinvolgimento di professionalità diverse».
Il focus della Giornata Mondiale del Cervello del 2023 riguarda il mondo delle disabilità collegate a patologie neurologiche. «Una delle condizioni neurologiche causa di maggiori disabilità e che colpisce una proporzione significativa di popolazione è la demenza - sono le parole della Professoressa Giovanna Zamboni, neurologa dell’AOU di Modena e docente associata di Neurologia presso UNIMORE - ovvero ove è presente una compromissione delle funzioni cognitive quali la memoria, il linguaggio e la capacità di pianificazione, tali da compromettere il funzionamento nelle attività quotidiane dell’individuo.
La Giornata ci invita, come comunità, a non lasciare indietro le persone colpite da demenza, diventando capaci di accoglierle e includerle nella nostra società. La malattia di Alzheimer, per esempio, pur colpendo principalmente una popolazione anziana, interessa in alcuni casi anche le persone più giovani (nella provincia di Modena sono 258 i casi prevalenti). Ci possono essere delle abitudini quotidiani utili a prevenire declino cognitivo e demenza: fare attività fisica costante, moderata e anaerobica, assumere una dieta ricca di verdure e pesce come quella mediterranea, il controllo ottimale dei fattori di rischio vascolari, infine la stimolazione cognitiva ed inclusione sociale, su cui c’è molta ricerca in atto. Per stimolazione cognitiva possono valere anche al sudoku, le parole crociate oppure la lettura quotidiane del giornale. Per l’inclusione sociale si intende l’essere attivi in una comunità, vedendo persone, famigliari e amici: si è notato che anche questo può prevenire il decadimento cognitivo e la demenza».
«L’ictus è la patologia neurologica acuta con la più alta incidenza - approfondisce il Dottor Guido Bigliardi, responsabile della Struttura Semplice Stroke Unit della Clinica Neurologica dell’Ospedale Civile di Baggiovara - si calcola che nella sola provincia di Modena ce ne siano circa 1.200 all’anno. Si tratta della terza causa di morte e la prima di disabilità nel mondo occidentale, con un altissimo impatto sociale. Per prevenirlo è fondamentale controllare i fattori di rischio cerebrovascolari: l’ipertensione, il diabete, l’obesità, la sedentarietà, le cardiopatie, la fibrillazione atriale. Nell’ultimo decennio l’approccio alla fase acuta ha avuto una serie di cambiamenti, utilizzando le cosiddette terapie di riperfusione, che tentano di ottenere la riapertura dell’arteria chiusa, riportando sangue al cervello in modo da salvarne la maggior parte possibile. Per fare ciò bisogna fare presto, riconoscere i sintomi per fare in modo che il paziente sia inserito all’interno di un percorso virtuoso che potrà portarlo ai trattamenti di riperfusione. Ecco perché in caso di ictus la chiamata al 118 è fondamentale. Questa gestione della fase acuta può riportare, nel migliore dei casi, i pazienti alle precedenti autonomie, o comunque arrivare ad attivare un percorso riabilitativo, a seconda dei deficit e delle valutazione effettuate dai professionisti per l’inserimento in percorsi specifici».
Redazione Pressa
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