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Ci sono giorni nei quali sul tavolo dei dirigenti AUSL vengono protocollate anche quattro o cinque richieste di dimissioni. Recessi volontari dal lavoro da parte di medici e infermieri, molti dell'emergenza urgenza ma anche dell'assistenza territoriale e medici di famiglia, che decidono di allontanarsi dal settore pubblico. Professionisti anche di lunga esperienza, nonostante la prospettiva della pensione sia ancora lontana. Tanti anche con contratto indeterminato che potrebbe garantire loro una sicurezza di impiego ed economico per gli anni a venire. Eppure le dimissioni non si fermano. Ogni giorno. Numeri ripetuti anche all'inizio di settembre. In un giorno, dall'Ausl di Modena, ne abbiamo contate addirittura sette. Da un ambito a cui approdare come obiettivo professionale oggi il pubblico è un ambito dal quale fuggire.
'Le chiamano dimissioni inattese, ma sono tali solo per chi con questi professionisti non ci parla, io invece ci parlo ogni giorno e non mi stupisco' - afferma l'assessore regionale alla sanità Raffale Donini alla Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria di Modena.
La carenza strutturale di personale negli ospedali, ed in particolare nei comparti dell'emergenza urgenza, costituisce uno dei motivi alla base della riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza stesso. Inserita come obiettivo nella legge regionale che prevede i piani di riorganizzazione territoriale da parte delle singole Ausl provinciali. Il Piano di Modena, che ha letteralmente spaccato la Conferenza Territoriale sociale sanitaria, è stato approvato dalla CTSS di Modena con 20 voti favorevoli sui 48 comuni della provincia.
Problema per il quale non si intravede soluzione, almeno nell'immediato, anche perché l'esodo più che arrestarsi continua e l'obiettivo dichiarato dall'assessore è di non rinnovare, a scadenza, il ricorso alle cooperative di somministrazione di medici a gettone a 1400 euro a turno concentrati per supplire la carenza nei Pronto Soccorso di Carpi e Mirandola. Una soluzione che se da un lato ha impedito ai reparti di chiudere dall'altro ha incrementato l'esodo di professionisti dipendenti , stanchi di lavorare ad un quarto del compenso a turno di quello guadagnato da colleghi esterni. Come un gatto che si morde la coda.
'Io ci parlo tutti i giorni con i professionisti che lavorano nell'emergenza - urgenza e che non hanno la prospettiva della pensione almeno nell'immediato. E i motivi della scelta di andarsene sono presto detti. Si parte della scarsità della retribuzione, che si inserisce in un contesto nazionale di retribuzioni inadeguate di medici e infermieri. Oltre a questo tema c'è quello dell'affaticamento del personale che non sempre si è in grado di gestire o non si vuole più gestire. Chi ha studiato e ha l'esperienza per gestire emergenze importanti e per salvare vite, non può solo occuparsi di codici bianchi e codici verdi. Inoltre ci sono i turni anche ripetuti, magari di notte. che alla lunga inficiano direttamente sulla qualità della cita e sui tempi della vita della famiglia. Quando uno sta fuori casa anche 5 o 6 volte la settimana allora è prevedibile che possa registrarsi anche qualche problema di tenuta dell'ordine famigliare'.
Ed è proprio su questi punti che per Donini, in mancanza di soluzioni di breve periodo, e di fronte alla prospettiva di una carenza sempre maggiore di medici, si è arrivati alla necessità di riorganizzare il sistema attraverso la nascita dei CAU, in sostituzione dei punti di primo intervento e in affiancamento dei pronto soccorso, e attraverso la riorganizzazione (che in questo caso equivale al taglio) di alcuni mezzi per il soccorso avanzato nella rete dell'emergenza territoriale.
'Vi assicuro che non esiste un piano migliore di questo. In altre regioni di fronte alla scelta tra cambiare, privatizzare, tagliare o chiudere, hanno scelto tagliare, o di spostare la sanità sul privato dove un professionista garantisce in tre giorni ma il prezzo di 150 euro quello che noi vogliamo ancora garantire gratuitamente. Noi abbiamo scelto di cambiare. Abbiamo visto l'iceberg e abbiamo iniziato a virare per non andare a sbattere. Se no ci saremmo comportati come gli strumentisti del Titanic che fino all'ultimo hanno continuato a suonare come nulla fosse. Mentre la nave affondava'.
Gi.Ga.
Redazione Pressa
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