Da luogo di pace aperto alla città, a città di Porta Aperta: il futuro del complesso conventuale di San Cataldo è ormai segnato
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Da luogo di pace aperto alla città, a città di Porta Aperta: il futuro del complesso conventuale di San Cataldo è ormai segnato

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Nelle prossime ore potrebbe definirsi la trattativa per l'acquisto, da parte di Porta Aperta dell'intero complesso ora di proprietà dei Frati Minori. Ma il progetto di riqualificazione che nel 2003 coinvolse tutta la città, dalla Fondazione Cassa di Risparmio alle autorità cittadine, puntava a ben altro


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A venti anni dal lancio del progetto di riqualificazione del complesso del convento di San Cataldo che aveva coinvolto la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, aperto ai contributi di tutta la città e appoggiato dalle massime autorità istituzionali, siamo a registrare una prospettiva, per il complesso, ben diversa. Molto diversa. Legata alla possibilità che l'Associazione Porta Aperta che già gestisce l'accoglienza di migranti in una ala di quello che un tempo era il convento, acquisti essa stessa l'intero complesso, estendovi tutte le proprie attività.

Una trattativa in corso, quella con i Frati Minori di Bologna, attuali proprietari, che il presidente di Porta Aperta Alberto Caldana ci aveva confermato alcune settimane fa, con la specifica che vista anche la complessità delle procedure, per un eventuale rogito si dovrebbe attendere lo scorrere del 2024. A quanto pare si starebbe procedendo a tappe più ravvicinate.


Secondo indiscrezioni un accordo forse vincolante si potrebbe formalizzare in queste ore. Se la trattativa andasse in porto nei termini previsti e desse il via al percorso per il passaggio di proprietà definitivo dal complesso, dall'operazione verrebbe esclusa, per ovvi motivi, solo la chiesa che a quel punto rimarrebbe comunque materialmente e sempre più come un corpo scollegato dalle future attività gestite nel complesso, e dalla sua gestione. Una area che con il tempo e con le trasformazioni sociali ed urbane, compresa l'eliminazione della ferrovia e la ricucitura sull'asse nord sud della città, avrebbe dovuto contribuire a riavvicinare i cittadini e non solo ai fedeli, a quell'area della città. Del resto erano questi gli auspici e gli obiettivi del libretto con cui Fondazione Cassa di Risparmio aveva lanciato il progetto di riqualificazione sottoscritto e sostenuto in un Albo d'Onore in cui spiccavano tutte le autorità e di raccolta fondi.

Dall'allora sindaco Giorgio Pighi, all'allora prefetto Italia fortunati, dal comandante dell'Accademia Militare a quello dei Carabinieri e della Guardia di Finanza al Questore di Modena. Una corsa per la riqualificazione del complesso accompagnata da una raccolta fondi dal risultato consistente, nell'ordine di centinaia di migliaia di euro, anche se di questo non abbiamo avuto dettagli e attendiamo conferme.

Una cosa è certa: di quel progetto è rimasto ben poco se non qualche pagina di carta scolorita. E in tutto ciò la Curia che ruolo ha? Di fatto nessuno, almeno in prima linea, se non di osservatore. Almeno da quando avrebbe rinunciato alla proprietà del bene che a quanto risulta i frati avrebbero, sempre secondo indiscrezioni non confermate, ceduto a costo zero. Emblematica però la risposta fornita dal vicario della Diocesi da noi interpellato alcuni giorni fa sullo stato della trattativa: 'Per quanto riguarda la trattiva con Porta Aperta occorre sentire i frati minori di Bologna, proprietari del complesso Madonna del Murazzo' - ci hanno risposto dalla Diocesi.

In pratica di fronte al niet della curia a 'ricevere' il complesso, si sarebbe creata una condizione favorevole per entrare per così dire 'in partita' quasi come unico giocatore, per Porta Aperta che già gestisce una parte del complesso e che potrebbe acquisirne la proprietà. Come detto, un passo importante in tale direzione potrebbe essere definito in un accordo in queste ore. Un accordo che definirebbe un percorso ed un futuro del complesso, ben diverso da quello che la città prospettava. Anche perchè, lo ricordiamo, fino a qualche anno fa, sarebbe dovuta essere Porta Aperta a trasferirsi in un altra sede, lasciando libero e ad altre funzioni il complesso. Nella realtà si è assistito invece ad una espansione di Porta Aperta che alcuni anni fa, non solo non si trasferì, ma si allargò anche sull'area adiacente verso la ex ferrovia, ora sede della diagonale ciclabile, acquisendo l'ex area industriale ed il capannone di pertinenza, utilizzandolo come mercatino di oggetti ed indumenti usati gestito dalla Arca Lavoro, la società braccio operativo della stessa Porta Aperta che si occupa anche di accoglienza di migranti. Con l'acquisizione del resto del complesso conventuale si creerebbe una vera e propria città nella città, quella di Porta Aperta, che non è proprio quella che il progetto di riqualificazione della città e aperta alla città auspicava di realizzare, con il contributo dei modenesi ma, ora, nel totale silenzio'.

Gi.Ga.

Redazione Pressa
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