'Mafie, dalle istituzioni emiliane ancora la favola degli anticorpi'

Cinzia Franchini (Ruote Libere): 'Davanti all'ennesima importante operazione delle forze dell'ordine nei confronti di soggetti vicini alla Ndrangheta, c'è chi è tornato a cercare consolazione nella comfort zone degli anticorpi'

'Il refrain è sempre il medesimo: è vero che la mafia fa affari in Regione, è vero che occorre porre attenzione (e ci mancherebbe) ma gli amministratori locali, ovviamente quelli di centrosinistra, la maggioranza da sempre in Emilia, più di quelli di centrodestra, sono in grado di porre un arginare inscalfibile e l'imprenditoria sana non si lascia corrompere. Certo, si ripete come un mantra, c'è stato un caso isolato, quello di Brescello, ma proprio quel caso può essere preso ad esempio di eccezionalità e su quello si può scaricare ogni colpa. Questo racconto evidentemente si scontra con la realtà. Appena due settimane fa la Cassazione con la sentenza conclusiva del processo Aemilia (numero 39774) ha ribadito che quella che per un decennio ha operato con 'penetrazione criminale' nella provincia di Reggio Emilia e si è infiltrata nel tessuto economico e sociale anche delle province limitrofe fino alla bassa Lombardia, non era solo 'una succursale' della cosca madre calabrese, ma un'organizzazione caratterizzata da 'un articolato e differenziato programma associativo e dotata di suoi uomini e mezzi'.
E ancora, sempre secondo la Cassazione, 'nell'arco decennale di attività, l'associazione mafiosa ha compiuto una progressiva evoluzione strutturale, passando a un più sofisticato metodo di penetrazione criminale nel tessuto sociale, contraddistinto anche dalla prospettiva di realizzare progetti dominanti in svariati settori imprenditoriali e della società civile'. Tutto questo è stato messo nero su bianco pochi giorni fa e lo stesso scenario per l'Emilia-Romagna viene ribadito ogni sei mesi dalla Direzione investigativa antimafia. Eppure ancor oggi si millantano anticorpi e tessuti sociali senza macchia e senza paura, baluardi inscalfibili verso le mafie - continua Cinzia Franchini -. Speravamo davvero che almeno il racconto dopo un decennio fosse cambiato. Già sette anni fa, quando venne accolta la costituzione di parte civile che avanzai come presidente di una associazione di autotrasporto, prima volta in Italia, al processo Aemilia, la narrazione sui presunti anticorpi appariva logora e ingiustificata. Invece nulla è cambiato, così come non è cambiato, l'interesse della criminalità organizzata nei confronti del mondo dell'autotrasporto'.
'Anzi, oggi con le aziende rese ancor più fragili dai problemi atavici che gravano sul settore, le mafie hanno potuto radicarsi più in profondità sfruttando le caratteristiche tipiche della professione, a partire dalla possibilità di movimentare merce in modo illegale. Speravamo, insomma che dopo decenni di balbettii e tentativi di autoassolversi, si potesse partire da una consapevolezza piena del problema, senza paraventi di sorta, e da lì ricostruire. Non è così, siamo ancora nella piena fase del rifiuto e della negazione. Non abbiamo ancora percorso il primo passo per cercare di uscire dal tunnel nel quale, anche grazie a questo atteggiamento negazionista, le mafie hanno messo le radici' - chiude la presidente di Ruote Libere.

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