Operatori sanitari in fuga dal servizio pubblico: raffica di dimissioni volontarie

Negli elenchi AUSL altri 16 atti di recesso anche nelle ultime due settimane


A differenza del Veneto dove nei giorni scorsi, in risposta ad una interrogazione regionale, i dati relativi alle dimissioni volontarie del personale medico ed infermieristico dal sistema sanitario pubblico sono stati resi noti, in Emilia-Romagna e a Modena non è ancora possibile dimensionare numericamente un fenomeno che comunque è sempre più diffuso. Basta osservare l'elenco degli atti e delle disposizioni dell'Ausl di Modena per averne la certezza. Da mesi, quotidianamente, si registrano dimissioni a raffica. Dimissioni volontarie di operatori sanitari: tanti infermieri, ma anche medici e specialisti. Professionisti che pur contando su contratti a tempo indeterminato tutelati da norme nazionali, decidono volontariamente di lasciare l'incarico. Si tratta di posti di lavoro ambiti fino a qualche anno fa, e che adesso non lo sono più. Al punto da non poterne più. Da rifiutare, anche dopo tanti anni di servizio.
I sindacati di settore, nei giorni scorsi in piazza per rivendicare diritti salariali, contrattuali e condizioni di lavoro adeguate, dicono che non è solo per andare a lavorare nel privato, molto più remunerativo, soprattutto se si è specializzati, ma anche per le condizioni di lavoro in cui ci si trova ad operare. Con organici ridotti al minimo e sottodimensionati, senza turn-over, con scarsa possibilità di permessi e in condizioni estreme, per carenza di personale, che continuano in maniera emergenziale anche nel post covid.
Fatto sta che lo stillicidio con cui quotidianamente gli atti dell'AUSL di Modena certificano dimissioni o recessi volontari da parte del personale dipendente, è impressionante. Sicuramente senza precedenti. Ci sono giorni in cui vengono protocollati anche 5-6 atti di questo tipo. Professionisti anche di lunga esperienza che se ne vanno. Mentre per settimane non si registrano, per contro, atti di assunzione.
Allo stesso tempo, a conferma di quella distorsione del sistema di cui parlava anche recentemente l'assessore regionale Donini, si contano sempre più spesso atti per l'affidamento all'esterno di prestazioni. I più eclatanti quelli relativi agli appalti a cooperative esterne per la fornitura di turni di personale medico a gettone nei reparti di emergenza urgenza e di ostetricia. A 1400 euro a gettone, a fronte dei 200-250 euro che costerebbe, apprendiamo da fonti interne, il turno di uno specialista dipendente in struttura. Ed è così che si entra nel circolo paradossale per cui i costi in aumento per il ricorso a personale esterno per fare fronte alla carenza di personale interno, portano ad un saldo costo-personale sempre più negativo. Più costi, meno personale, meno servizi e peggioramento della qualità del lavoro. Nelle ultime settimane dagli organici AUSL sono usciti, oltre a diversi infermieri, anche uno psicologo, un veterinario e un medico di base in servizio nell'area nord.
In attesa, come detto, di avere numeri ufficiali e precisi prendiamo con le molle e solo in termini indicativi quelli che emergono dall'elenco degli atti dell'Ausl. Certo è che siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante soprattutto per un sistema sanitario regionale che pur vantando innegabilmente standard ancora elevati, allo stesso tempo certifica un nuovo bilancio con 400 milioni di euro di buco a livello regionale, capace di fare paventare lo spettro, fino ad ora fortunatamente solo teorico, del commissariamento, e comunque in grado di incidere sui futuri investimenti, compreso quello fondamentale del personale. Che non può, stando anche alle recenti parole dell'assessore regionale alla sanità Donini alla riunione della Conferenza Territoriale Socio Sanitaria (CTSS), della provincia di Modena, continuare ad essere sostituito con il ricorso a cooperative esterne. Ricorso che, richiamando sempre le parole di Donini, sta già portando ad una distorsione del sistema. Con effetti diretti e indiretti anche sulle prestazioni all'utenza. Un problema quindi centrale che ci si aspetterebbe venisse affrontato in maniera organica e strutturale, soprattutto a livello istituzionale. Partendo dalla fotografia chiara di un fenomeno che sta mettendo in crisi il servizio pubblico, che ne sta spostando il baricentro su quello privato e che non può più essere sottaciuto.
Gianni Galeotti
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