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I risultati delle analisi sul periodo di lockdown hanno rappresentato una irripetibile occasione per verificare come il periodo di applicazione delle restrizioni più rigide del periodo febbraio 2020-marzo 2020, con lo stop al traffico e delle attività produttive fino all'80% di riduzione delle emissioni, incidesse sulla riduzione dei principali inquinanti (PM10 e NOX). Occasione utilizzata da Arpae Emilia Romagna e dalle Arpa delle regioni del bacino padano per condurre il confronto dei dati con il periodo pre-covid e senza restrizioni.
Le prime analisi registrarono che le emissioni nel periodo comprendente anche il lockdown e di zona rossa delle PM10 si erano abbassate mediamente di solo il 7% con punte massime del 14%, ma con due giorni in cui si rilevarono anche sforamenti nella concentrazione giornaliera di PM10 di 50 microgrammi al metro cubo.
Paragonabili a quelli che si registrano solitamente nelle giornate autunnali e che comportano l'introduzione di misure restrittive del traffico veicolare. Dati di gran lunga inferiori a quelli previsti dai Piani regionali per la riduzione degli inquinanti.
In sostanza, per diverse ragioni che gli scienziati e i tecnici Arpae riconducono al perdurare, anche nel lockdown, di attività agricole capaci di generare, insieme agli impianti di riscaldamento, emissioni inquinanti, i report confermano che la riduzione di PM10, nonostante il taglio anche dell'80% del traffico e delle attività industriali, tipiche del periodo di lockdown riguardante il nord Italia e tutto il bacino padano, non ha raggiunto nemmeno i livelli di previsti dalle manovre antismog messe in campo a livello regionale e di bacino padano.
Dati e considerazioni che non fanno parte del dibattito riguardante le ultime direttive europee e la loro prossima applicazione rispetto alla circolazione degli autoveicoli, come invece forse dovrebbero farlo.
Che senso ha applicare delle misure fortemente restrittive, e concentrandosi principalmente sul traffico veicolare, mettendo al bando anche gli euro 4, ed un parco messi cuore delle attività produttive quando si sa, grazie alle analisi e alle conclusioni scientifiche, che queste misure non saranno nemmeno lontanamente sufficienti per apportare quelle riduzioni degli inquinanti a cui si punta?
Una ragione, pur forzata visto che comunque si tratta di riduzioni registrate durante le restrizioni covid, per fondare scientificamente l'opportunità politica di manovre sedicenti antismog e concentrate principalmente sul traffico veicolare privato, potrebbe fondarsi sui dati delle emissioni di Nox, gli altri elementi inquinanti emessi da traffico e attività durante il lockdown e posti a confronto con dati modelli e simulazioni riguardanti il periodo pre-lock down.
In questo ambito - scrive infatti Arpae nel rapporto Prepair 'maggiori riduzioni si sono registrate, parallelamente al divieto di spostamento, alla riduzione drastica del traffico veicolare e alla chiusura delle attività produttive nelle emissioni di NOX, con un massimo settimanale del 40%. Un decremento comparabile a quello previsto dai piani'.
In sostanza gli obiettivi dei piani potrebbero essere raggiunti ma solo per i Nox e solo applicando (cosa alquanto difficile da replicare pena la distruzione del comparto produttivo agricolo e industriale del bacino padano), restrizioni analoghe a quelle adottate nel periodo di massima emergenza covid.
Dato misurato appunto in periodo di massime restrizioni legate all'emergenza Covid, ben lontane da quelle previste dai piani antismog autunnali. Sulla sulla cui efficacia pesano dubbi e interrogativi scientificamente fondati che sarebbe auspicabile facessero parte del dibattito e del confronto politico scevro da preconcetti di parte e ideologie.
Gi.Ga.
Redazione Pressa
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