Redditi e potere d'acquisto: per le famiglie modenesi crollo strutturale
MIRANDOLA CARLO BASSOLI SINDACO
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Redditi e potere d'acquisto: per le famiglie modenesi crollo strutturale

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Flessione dell'8,1% in un anno. Nel 2022 e nel 2023 è stato registrato il più pesante impoverimento dei modenesi dal dopoguerra e che non ha eguali in Europa. Dall'analisi Federconsumatori su dati Caf CGIL emerge un ulteriore peggioramento della condizione reddituale di giovani e donne. Il segretario CGIL Dieci: 'La narrazione fatta su Modena è sbagliata e lontano dalla realtà, ma il tema pare rimosso dalla politica e dalla campagna elettorale'


Redditi e potere d'acquisto: per le famiglie modenesi crollo strutturale
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In un solo anno, in provincia di Modena, la perdita del potere di acquisto di salari ha raggiunto mediamente l’8.1% a fronte di una inflazione che ha toccato l’8,3%. Nel 2022 e nel 2023 è stato registrato il più pesante impoverimento dei modenesi e degli italiani del secondo dopoguerra e che non ha eguali in Europa.
Un vero e proprio crollo quello registrato da una indagini Federconsumatori Modena su dati di circa 76.000 dichiarazioni dei redditi presentate da cittadini modenesi dipendenti di realtà pubbliche e private e che si riflette in termini di ingiustizia sociale nel momento in cui parallalamente il comparto economico ed industriale in cui i lavoratori sono impegnati registra,nello stesso periodo di riferimento preso in considerazione, un aumento dei profitti.  
Dati presentati questa mattina presso la sede di CGIL Modena dal Presidente di Federconsumatori Marzio Govoni e dal segretario provinciale CGIL Modena Daniele Dieci.

 
Un corposo report di 40 pagine fatto di numeri e tabelle che certifica chiaramnte che a partire dal 2016 una perdita del valore delle retribuzioni che raggiunge il 12,3%. In sette anni le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti della provincia modenese hanno perso, rispetto al reddito annuale, quasi due retribuzioni.



Dentro a questo terribile dato, negativo per tutti i lavoratori dipendenti, ancora una volta - spiegano i curatori della ricerca - segnaliamo l’ampliarsi delle forbici reddituali. Peggiorano ancora di più i redditi dei giovani e delle donne, con il punto più critico tra le giovani donne. L’anno scorso avevamo registrato segnali di ripresa dei redditi, nel periodo post Covid, seppur limitati all’occupazione maschile qualificata nella fascia oltre i 55 anni'

'Di fronte a questi dati emerge chiaramente che la narrazione che si fa della Modena rispetto alla condizione economica, reddituale e sociale delle famiglie è sbagliata e lontano dalla realtà' - afferma Daniele Dieci, segretario provinciale CGIL. 'La crisi dei redditi dovrebbe essere il prisma attraverso il quale osservare tanti altri fenomeni, primo tra tutti la sfiducia sociale, che cresce inarrestabile. Al contrario sembra essere un tema rimosso dall’agenda della politica, al limite utile per un applauso, ma alla fine relegato nell’angolo delle cose impossibili. Oppure ci si rifugia nell’incredulità: 'Tanto al mare è sempre tutto esaurito'. Invece la crisi dei redditi esiste, e produce effetti, tutti negativi. 

Il crollo nei macrosettori

Si accentua la questione di genere. Le donne, più frequentemente degli uomini, operano con contratti a tempo determinato; se il reddito medio degli uomini è di 21.550 euro, quello delle donne si ferma a 15.626 euro, il 27,5% in meno. Effetto causato dalla maggior presenza delle donne nei settori poveri, ad elevata irregolarità, ed in quelle aree, come il commercio ed il turismo, dove la maggior parte dei contratti è a part-time, in grandissima parte involontari. Nel 2022 le donne hanno visto un arretramento dei redditi superiore a quello degli uomini, e se il confronto si spinge al 2016 le donne hanno perso il 14,2% del proprio reddito, contro il 10,2% degli uomini. Basti un ultimo dato; nelle dichiarazioni superiori a 50.000 euro solo il 16% sono quelle prodotte da donne.

Si accentua la questione anagrafica. Se nel settore manifatturiero, a maggior presenza maschile, gli under 35 hanno perso nel periodo 2016-2022 “soltanto” il 4,8% del salario, per quel che riguarda gli addetti under 35 del settore commercio si sale al -16%, fino al -27% del settore ristorazione, alberghi e pubblici esercizi; un settore grande, con forte presenza di giovani, ma sempre più devastato dal lavoro irregolare, nelle sue molteplici forme. Tra gli under 25 il 65% è a tempo determinato, un dato che resta altissimo anche nella fascia 25-34, con il 44%.

Si accentua la questione territoriale. Nel crollo dei redditi del 2022, in attesa di misurare il 2023, può sorprendere il dato della città di Modena, dove è fortissimo l’arretramento del valore reale dei redditi. Un calo di quasi il 10%, in parte causato dal generale arretramento del Terziario, particolarmente presente in città. Un dato molto distante da una narrazione eccessivamente ottimistica sullo stato del capoluogo, e un tema che non sembra al centro (ma nemmeno alla periferia) dell’attenzione delle forze politiche, impegnate nella competizione elettorale amministrativa ed europea. La città di Modena è capoluogo della provincia, ma anche del lavoro precario e sottopagato, dobbiamo sempre ricordarlo. Dopo la buona performance dell’anno precedente, trainata dal settore biomedicale, arretra pesantemente (-9,4%) anche il reddito dei lavoratori dell’Area Nord. La zona di Mirandola torna così alla pari con l’area collinare-montana, mentre Carpi, caratterizzata da tempo dal forte decadimento dell’economia manifatturiera, riduce sempre di più il differenziale di reddito con le due aree estreme della nostra provincia. Anche a Carpi sarebbe necessario un bagno di realismo sullo stato dell’economia e dei redditi, superando la troppo frequente commemorazione dei fasti del passato. Sono quattro le aree della provincia dove oltre ad un calo del potere d’acquisto abbiamo registrato anche un calo dei redditi nominali: sono nell’ordine di maggior negatività, Mirandola, Modena, Carpi e Castelfranco Emilia.

Si accentua la crisi delle famiglie modenesi. Una delle nostra tabelle riporta gli effetti dell’arretramento del potere d’acquisto dei redditi da lavoro per alcune tipologie di famiglie. Ancora una volta la famiglia under 35 con lavori in area terziario ha subito un calo di valore del reddito familiare attorno al 20%, nell’arco di sette anni, mentre all’opposto il calo per la famiglia di over 55, con occupazioni negli Enti locali e nel settore ceramico ha registrato un più contenuto arretramento del 5%. Un calo che per la parte più debole delle famiglie si è trasformato in incertezza nel futuro, in denatalità, in esistenze troppo a lungo precarie. Ma anche in scelte di riduzione dei consumi, anche alimentari, nella rinuncia a cure, sempre più spostate sul privato.

Quasi metà dei mutui ha oggi una durata superiore a 30 anni; si fa il mutuo a 30 anni, si finisce di pagarlo a 60, o 65 anni. Cresce l’indebitamento degli italiani, si riducono i risparmi; soprattutto continua ad avanzare il confine della povertà, arrivando ad inglobare famiglie a doppio reddito, ma troppo modesto per sostenere i maggiori costi di mutui, affitti, energia, spesa alimentare.

Conclusioni: La crisi dei redditi dovrebbe essere il prisma attraverso il quale osservare tanti altri fenomeni, primo tra tutti la sfiducia sociale, che cresce inarrestabile. Al contrario sembra essere un tema rimosso dall’agenda della politica, al limite utile per un applauso, ma alla fine relegato nell’angolo delle cose impossibili. Oppure ci si rifugia nell’incredulità: “Tanto al mare è sempre tutto esaurito”. Invece la crisi dei redditi esiste, e produce effetti, tutti negativi. Nell’indagine segnaliamo il progressivo assottigliamento dei redditi medi e l’espansione della fascia più debole, e dentro questa la creazione di una ulteriore area, ancora più critica.
L’Italia è un paese dove negli anni la rabbia si è trasformata in rancore, la lotta di classe in sfiducia generalizzata; un paese dove l’ascensore sociale è in panne da molti anni, dove crescono i profitti e calano i redditi da lavoro. Dove si tassano le tasse, come nel caso delle accise sui carburanti, ma non si riesce ad affrontare il tema della tassazione dei grandi patrimoni e degli iniqui ultraprofitti di Banche, petrolieri, gestori d’energia e altri ancora. Temi sui quali si sono accennati interventi in un recente passato, ma anche temi del tutto espunti dall’azione dell’attuale Governo. Un Governo peraltro del tutto disinteressato alla complessa azione sindacale che tra il 2023 ed il 2024 ha “mosso” i salari di alcuni settori e aziende, rinnovando contratti e recuperando una parte dei redditi persi negli ultimi anni. Ma una azione che, da sola, non può bastare a recuperare quei due stipendi mediamente persi dai modenesi, nell’arco di pochi anni.

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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