Vent'anni senza Marco Pantani: rialzarsi sui pedali nonostante tutto
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Vent'anni senza Marco Pantani: rialzarsi sui pedali nonostante tutto

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Rialzarsi un giorno alla volta, nonostante le Madonne di Campiglio che ogni uomo è costretto, prima o poi, ad affrontare


Vent'anni senza Marco Pantani: rialzarsi sui pedali nonostante tutto
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'Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta però abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile'. Era il 5 giugno del 1999, Marco Pantani a Madonna di Campiglio viene escluso dal Giro d'Italia. La parola ematocrito rimbalza di bocca in bocca. Per Pantani è la fine di una carriera sportiva, un colpo all'anima dal quale non si riprenderà mai più. Meno di cinque anni dopo, il 14 febbraio 2004, nella stanza D5 del residence Le Rose di Rimini viene ritrovato il suo corpo senza vita. Aveva 34 anni, un mese e un giorno.
Sono passati vent'anni da quella tragedia.
In una anonima stanza d'albergo si concludeva in modo drammatico la vita di un ragazzo diventato il simbolo per una intera generazione della voglia di combattere e di reagire davanti alle avversità, al caso, al disegno di un dio distante e sordo.

Molto più di un ciclista, molto più della metafora del passaggio di borraccia tra Coppi e Bartali. Dal Pordoi a Les Deux Alpes, quando Marco Pantani si alzava sui pedali, quando si toglieva la bandana e mangiava le salite, era come se portasse con sè una fetta di Paese.
Di più, era come se sulle sue spalle caricasse una marea di singoli italiani, senza bandiere: tanti singoli uomini, ognuno con la sua personale fatica quotidiana, ognuno con le sue sconfitte, le speranze e le delusioni date alle persone care e quelle subite, ma ognuno capace di immedesimarsi in quel campione piccolo, pelato, dalle orecchie grandi e dagli occhi sempre un po' tristi.
Una carriera costellata di infortuni e di sfortuna, sfidata ogni volta, colpo su colpo. Una vita fatta di sacrifici, di sorrisi e di braccia finalmente alzate al cielo.
A Gianni Mura che gli chiedeva perché andasse così forte in montagna, Pantani rispondeva: 'Per abbreviare la mia agonia'. Quasi a pronunciare incosciamente la sua disponibilità a sacrificarsi per regalare a chi lo guardava la speranza che i miracoli fossero possibili, anche a dispetto degli dei, per verbalizzare una sofferenza del cuore che forse nemmeno comprendeva fino in fondo, per dire che la strada stretta passa non dal silenziare la propria fragilità, ma dall'ammetterla. Abbracciandola. Offrendo un sorriso anche nel momento del dolore.

Vent'anni fa, in una stanza d'albergo di una Romagna assopita nel letargo invernale moriva Marco Pantani. Mentre il mare poco distante godeva della propria solitudine, libera da ragionieri in infradito e tedesche semprieterne bionde, in un giorno di San Valentino come tanti, tra pupazzetti col cuore rosso, cioccolatini e abbracci effimeri di illusi innamorati, si spegneva il sogno di una rivincita collettiva. Un sogno soffocato non tanto dagli errori del suo protagonista, quanto da una realtà spietata e, per buona parte, ancora misteriosa. Nonostante fiumi di indagini e di inchieste.

Eppure anche oggi, a vent'anni di distanza, nelle giornate senza nuvole, riemerge, come un ritornello lontano, il desiderio di riprovarci ancora, nonostante i tanti infortuni. Sfidando, se necessario, la razionalità, dando un calcio a una Fede superstiziosa, fatta di abitudine e paura. Aggrappandosi alla rabbia o alla debolezza, alla Speranza o al semplice dispetto, rialzarsi sui pedali da soli o appoggiandosi a un compagno di viaggio. Rialzarsi un giorno alla volta davanti alle Madonna di Campiglio che ogni uomo è costretto, prima o poi, ad affrontare.
Giuseppe Leonelli

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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