Mafie a Reggio Emilia, sequestro da 10 milioni ai fratelli Muto

Nella lista compaiono cinque aziende del settore degli autotrasporti e immobiliare, del valore complessivo di 3 milioni, e sei immobili

E ancora: 92 veicoli, tra cui 28 trattori stradali, 43 semirimorchi, cinque autobus, quattro furgoni, due autocarri, 10 auto- comprese una Maserati e due Volkswagen- un motociclo e un quadriciclo, del valore complessivo di 1,5 milioni. 'Congelati' infine 18 rapporti bancari le cui giacenze complessive sono tuttora ignote. Le indagini patrimoniali condotte dai Ros hanno confermato la riferibilità ai fratelli Muto di diverse attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, e l'accumulo illecito di significativi patrimoni personali tramite la gestione occulta di imprese operanti su tutto il territorio nazionale.
Ad esempio, dopo appena due mesi dall'interdittiva antimafia che li aveva colpiti nel 2013, i fratelli hanno costituito e avviato una nuova società di trasporti e viaggi turistici, la Cospar, intestandone le quote all'ingegnere di origini crotonesi Nicola Pangalli. Gli accertamenti bancari hanno però rilevato che la costituzione della Cospar da parte di Pangalli è avvenuta con risorse provenienti dai Muto, transitate sui conti di una società 'cartiera'.
Confermati da ultimo i rapporti tra i Muto e altri imprenditori già condannati per aver fatto parte del sodalizio 'ndranghetistico emiliano Giuseppe Giglio e i fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli. Intanto, dopo la conclusione del rito abbreviato di Bologna, con condanne per oltre 260 anni di carcere a 48 imputati, prosegue a Reggio Emilia il rito ordinario del processo legato all'inchiesta 'Grimilde' (iniziato a dicembre del 2020), che vede alla sbarra 22 persone. Al centro del dibattimento le attività illecite della cosca Grande Aracri, con riferimento in questo caso ai suoi interessi a Brescello e nella Bassa reggiana. Figure chiave dell'inchiesta sono Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino, e i suoi figli Paolo e Salvatore (quest'ultimo già giudicato in abbreviato e condannato a 20 anni) accusati con gli altri imputati (tra cui l'ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso, anche per lui 20 anni in abbreviato) di una serie di reati come estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. La sentenza di primo grado del rito ordinario è attesa per gli inizi di dicembre.

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