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Inquinamento ambientale e attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti. Questi sono i capi d’accusa alla base delle sette misure cautelari eseguite dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Modena, dal Nucleo Investigativo Polizia Ambientale Agroalimentare Forestale dei Carabinieri di Modena e dalla Stazione territoriale dell’Arma di Anzola dell’Emilia, che hanno interessato le province di Modena, Bologna, Reggio Emilia, Ferrara e Rovigo.
I sequestri riguardano 11 immobili, tra terreni adibiti a luogo di stoccaggio e interramento dei rifiuti e fabbricati, 8 mezzi di trasporto utilizzati per lo spostamento della merce, nonché il sequestro preventivo per equivalente di oltre 56.000 euro, quale profitto del reato, al momento limitato nella quantificazione ai soli carichi illeciti fermati su strada.
I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Bologna, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia a carico di imprenditori e titolari di aziende operanti nel settore della gestione dei rifiuti e dell’autotrasporto.
Nello specifico sono stati disposti gli arresti domiciliari nei confronti di due persone, l’obbligo di dimora nei confronti di una e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria a carico di altre quattro.
L’operazione è l’epilogo di una complessa e articolata indagine, coordinata dalla Dda di Bologna, riguardante l’attività illecita, svolta nel territorio al confine tra le citate province, realizzata dagli indagati in prima persona ovvero attraverso società a loro direttamente o indirettamente riconducibili. In sintesi, gli stessi, con una pluralità di operazioni continuative e sistematiche, a partire dai primi mesi del 2019, al fine di conseguire ingiusti profitti anche consistenti nella riduzione dei costi per i produttori e primi conferitori dei rifiuti, hanno gestito, senza alcuna autorizzazione che ne legittimasse la specifica operatività, un’attività organizzata che garantiva tutte le fasi dell’illecito smaltimento, dalla raccolta al trasporto, dallo stoccaggio fino all’interramento.
Le investigazioni hanno consentito di individuare i conferitori principali dei rifiuti, i vari vettori che provvedevano al trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi e non, i gestori delle due discariche “a cielo aperto”, ovvero i campi dove sono stati sversati e interrati rifiuti di produzione industriale, prevalentemente provenienti da demolizioni edilizie, oltre a rifiuti plastici, pneumatici di automezzi e rifiuti pericolosi contenenti amianto.
Tutti i soggetti citati allo stato sono ritenuti materialmente responsabili, in concorso, del danno ambientale arrecato alla collettività, consistente nella compromissione del suolo e del sottosuolo di aree complessivamente pari a circa 20.000 metri quadri.
Redazione Pressa
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