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Le ragazze scelte in Nigeria e attirate con la promessa di una vita migliore, i giuramenti e i riti vudù come garanzia per il viaggio, le violenze e le privazioni durante i 6.500 km di percorso e infine l'assoggettamento e l'obbligo a prostituirsi una volta arrivate in Italia, per saldare lo stesso debito. Con punizioni fisiche e ritorsioni per chi si rifiutava di essere sfruttata.
Un’associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione ed all’ingresso illegale sul territorio nazionale, avente base operativa a Bologna e composta da 11 soggetti nigeriani, è il risultato dell’ “Operazione Falsa Speranza” del Nucleo Operativo della Compagnia Bologna Centro che questa notte ha eseguito un “Fermo di indiziato di delitto” nei confronti di tutti gli appartenenti all’agguerrito sodalizio criminale, interessando le Procure di Bologna, Modena (n. 1 fermo eseguito – n. 1 convalidato – disposta n.
1 custodia cautelare in carcere), Bolzano e Crotone.
Il gruppo criminale investigato, cui vengono contestati numerosi reati ed interamente composto da nigeriani, aveva nel tempo creato un fiorente mercato degli schiavi in danno di ragazze nigeriane, minorenni e non, che venivano attirate in Italia attraverso la falsa speranza di un futuro migliore, salvo poi, attraverso ripetute violenze e minacce trovarsi ad essere sfruttate per esercitare il meretricio in varie città italiane ed estere.
L’indagine è stata avviata nel luglio del 2016, a seguito della denuncia di una giovane donna nigeriana la quale, ingannata in patria da colei che è poi emerso essere la promotrice dell’organizzazione criminale investigata, giunta in Italia con la promessa di trovare una vita migliore, al rifiuto di esercitare il meretricio, era stata violentata da alcuni. Le violenze subite avevano cagionato alla giovane lesioni permanenti agli organi genitali, determinando l’asportazione di parte degli stessi, e la contrazione del virus del HIV.
All’interno dell’associazione al cui vertice vi era una donna, trentottenne nigeriana, residente a Bologna, vi era una netta ripartizione dei ruoli tra coloro i quali erano deputati all’individuazione in Nigeria delle potenziali vittime, all’organizzazione del viaggio in Italia via Libia, alla fuga dai centri di accoglienza fino al trasferimento a Bologna nonché sodali deputati all’attività contabile ed alle “punizioni” delle vittime in caso di resistenze a vendere il proprio corpo per ripagare il debito contratto. A supporto dell’organizzazione una struttura presente nel continente africano
per alimentare il flusso delle nuove schiave. Le illecite finalità procuravano ingenti guadagni all’associazione criminale, proventi che venivano reinvestiti nell’acquisto di nuove schiave ed in parte illecitamente reintrodotti nelle nazioni di origine.
Le indagini hanno consentito altresì di dimostrare che la donna a capo dell’associazione oltre ad occuparsi di prostituzione, era una sorta di autorità parallela nella comunità nigeriana bolognese, a cui rivolgersi per
entrare clandestinamente in Italia.
Verosimili attriti nella gestione delle illecite attività condotte, aveva portato il gruppo a dividersi in un’ulteriore cellula criminale dedita agli stessi traffici e gestita da un’altra nigeriana che si avvaleva a seconda delle necessità dell’associazione madre.
In sintesi, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Bologna Centro hanno scoperto un vero e proprio racket milionario della tratta di esseri umani destinati alla prostituzione, i cui proventi illeciti permettevano di alimentare il circolo vizioso della sottomissione e della violenza. L’importo del debito contratto, incrementato a dismisura rispetto a quanto realmente investito, è compreso tra i 40.000 e i 70.000 euro.
L’estinzione dello stesso, garantito da ancestrali e temutissimi rituali di vuduismo, poteva richiedere anche parecchi anni, dipendendo dall’esercizio dell’attività di prostituzione per decine di ore al giorno, spesso condotta
anche senza protezioni. Ad attendere le donne sfruttate, dopo ore da incubo a prostituirsi vi erano alloggi disumani che condividevano nel cuore di Bologna.