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Chiusura filiali Bpm in montagna, ultimo tassello di una debacle

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Una banca che chiude una filiale è l'ennesimo sintomo di un Appennino che ha campato di rendita fino ad oggi


Chiusura filiali Bpm in montagna, ultimo tassello di una debacle
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Sono comprensibili lo sgomento e l’amarezza da parte di Fabio Braglia, sindaco di Palagano (nella foto una veduta del Comune) e di Giandomenico Tomei, sindaco di Polinago e presidente della Provincia di Modena, per la decisione del Banco BPM di chiudere la filiale del capoluogo. Tomei ha promesso di far pressione sulle Poste per aprire due sportelli automatici Bancoposta, mentre Braglia ha lanciato anche una raccolta firme per dimostrare, indipendentemente dalla decisione definitiva della dirigenza della banca, che «dietro ai loro conti c’è una comunità».

Eppure, guardando dal punto di vista dell’azienda banca, non hanno tutti i torti quando affermano «in montagna questi sportelli sono in perdita e costa troppo mantenerli», con buona pace degli utenti più anziani, non dediti a home banking e conti smart, ma abituati al rapporto allo sportello.

Un istituto bancario in fondo non ha fini assistenziali e pazienza per ciò che riguarda anche la storia di certi istituti di credito che da locali, sono diventati enormi gruppi bancari, curatori di numeri e non degli interessi dei risparmiatori o degli investitori.

Tuttavia la questione della chiusura degli sportelli bancari nei territori montani (oltre a Palagano e Polinago il problema riguarda anche Montecreto e ci sono altre realtà anche in pedemontana interessate da queste dismissioni), dovrebbe far porgere un interrogativo: cos’ha fatto la montagna per mantenere queste attività sul territorio?

A fronte infatti della chiusura delle attività e dello spopolamento delle aree appenniniche, è una conseguenza abbastanza naturale che vengano meno conti correnti e, conseguentemente, l’interesse a mantenere una struttura di riferimento sul territorio.


A rigor di onestà, da un lato fanno bene i sindaci d’Appennino a denunciare il disagio soprattutto per i cittadini più anziani e per le attività economiche locali, ma occorre dire che questi sono gli effetti di politiche miopi, di corto raggio, che non hanno creato opportunità sul territorio.

Il mancato rinnovo del comparto turistico, l’oramai patologica carenza infrastrutturale in termini di reti stradali, la lentezza nello sviluppare infrastrutture tecnologiche come le reti internet veloci e soprattutto, il disgregarsi delle realtà piccolo imprenditoriali; ha fatto sì che i territori montani si siano sempre più impoveriti. Che interesse ha quindi un istituto di credito a mantenere un presidio sul territorio, se viene a mancare ciò che lo tiene in vita?

Purtroppo oggi non è più possibile fare i romantici, vero è che i territori hanno dato alle banche e viceversa, ma è altrettanto vero che i freddi numeri non perdonano. In generale, se un attività economica chiude o delocalizza, sono diverse le ragioni che portano a quel tipo di scelta. Tolte le colpe che può avere il Banco BPM nella gestione delle sue attività, e che quindi per loro rendono sacrificabili le filiali di montagna; occorre guardarsi allo specchio e chiedersi se si è fatto abbastanza per tutelare il proprio territorio e per farlo crescere, o se, una banca che chiude una filiale, è l’ennesimo sintomo di un Appennino che ha campato di rendita fino ad oggi.

Stefano Bonacorsi

Stefano Bonacorsi
Stefano Bonacorsi

Modenese nel senso di montanaro, laureato in giurisprudenza, imprenditore artigiano, corrispondente, blogger e, più raramente, performer. Di fede cristiana, mi piace dire che sono ..   Continua >>


 

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