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La bellezza di un paese non sta nel numero di eventi che vi si organizzano per stare sempre svegli; non sta nell'offerta di locali aperti a ogni giorno e a ogni festività, non sta nemmeno nella presenza perenne di attività per giovani, vecchi, bambini e famiglie.
La bellezza di un paese sta nella quantità di cuore che ognuno ci mette per renderlo un pochino più bello e un pochino più suo.
E allora è cuore, eccome se è cuore, quello che ci mettono i ragazzi che organizzano ogni anno la festa di inizio estate alla Pieve di Nonantola, con l'occhio che guarda sempre alla beneficenza (e parliamo di belle cifre, signori; numeri che danno concretezza a progetti belli) ma che non si scorda mica che i partecipanti hanno vent'anni (in media, dai: non si offendano quelli che hanno raddoppiato la cifra e oltre). E in quanto ventenni amano la musica, amano alzare le braccia al cielo e cantare senza pensare a nient'altro. Sono belli perché stanno lì, nel loro paese e non altrove, a ballare facendo casino: perché quel senso di vita lì, quell'aria freddina ma chi se ne frega alle quattro del mattino, quel senso di bellezza e di rumore non lo senti nella vita che a quell'età lì.
Più avanti i giochi sono fatti: alzi le mani al cielo e alla festa ci vai anche a trenta o quarant'anni, eh certo, ma l'aria frizzante di libertà assoluta non la senti più. Perché mamma mia chissà se mio figlio a casa dorme, oh cielo ma questo drink è pieno di vodka e domani è domenica ma io lavoro, ma senti che fischio nelle orecchie con questi amplificatori, ecco ho messo l'abitino a maniche corte e adesso è l'una e fa un super freddo ma sembra che lo senta solo io, no dai non me lo metto il golfino che sembro vecchia, oh ma non è che qua cade questo muro supervecchio e la folla mi schiaccia?
Ecco, dicevamo del bello di questi ragazzi. Ma c'è un altro punto, c'è un altro cuore in questa storia. Quello di chi dice che la festa ha fatto troppo rumore. Quello che racconta una Nonantola diversa: storie di persone con anziani a casa, con bambini piccolissimi la cui routine è stata rovesciata. Persone che alla festa non volevano mica andare, e però se la sono trovata dentro casa lo stesso. Con lo stesso cuore, queste persone chiedono che si provi a fare in modo che il rumore non sia invasivo, che possa essere festa solo per chi compra il biglietto. Questa gente qui ama il suo paese allo stesso modo della gente che la festa l'ha organizzata: ma non vuole per forza una Nonantola che urla e si diverte perché ama una Nonantola abitudinaria nel suo silenzio che guida i passi.
Non per egoismo, sia chiaro. Sia chiarissimo.
Chi ha in carico anziani o bambini se ne frega di se stesso: gli importa il massimo per le persone che ha attorno e che non possono decidere da sole dove andare o cosa fare. E chiede un posto in cui l'abitudine diventi la culla sicura per i più deboli di casa.
Questi due mondi (che dai, alla fine siamo tutti noi in due fasi diverse delle nostre vite) non possono andare d'accordo se parlano della festa. Come non si può andare sempre d'accordo con se stessi: le scelte dei vent'anni sono state a volte centrate, a volte toppate. Le scelte dei quaranta anche: difficile che in una vita la coerenza guidi tutte le decadi.
Ma questi due mondi possono e devono andare d'accordo se parlano di Nonantola: perché il cuore è lo stesso.
Siamo noi, Nonantola: siamo noi che la balliamo a braccia aperte, schizzati di alcol senza mai guardare l'orologio. Siamo noi che più avanti cerchiamo il silenzio in un parco sperando di non incontrare nessuno. Siamo noi che con le rughe in faccia sentiamo il peso del tempo e la fatica dei giorni che sappiamo essere tra gli ultimi.
La verità è che abbiamo tutti ragione perché condividiamo, in queste nostre vite, lo stesso posto, la stessa Nonantola e uno stesso rumore: il cuore che ci batte nel petto.
Sara Zuccoli