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Un arresto per caporalato, sette denunce per violazione delle norme del testo unico su salute e sicurezza, sette aziende su sette ispezionate sospese, 21 lavoratori in nero individuati su 101 controllati (di cui sette irregolari sul territorio nazionale) e sanzioni per oltre 300.000 euro. Sono i numeri di un'operazione dei carabinieri che, su disposizione della Procura di Reggio Emilia ha passato al setaccio e poi chiuso sette laboratori tessili gestiti da cittadini cinesi con unità operative nel Comune di Reggio Emilia, nella bassa reggiana e in provincia di Modena.
Le verifiche effettuate dai militari insieme al personale degli Ispettorati del lavoro di Reggio e Modena e da mediatori culturali del Comune di Reggio, hanno in tutti i casi rilevato 'gravi forme di sfruttamento delle condizioni lavorative e l'impiego di lavoratori in nero, talvolta privi di regolare titolo di soggiorno', oltre a 'violazioni in materia di salute e sicurezza ' e 'condizioni alloggiative precarie e degradanti per la dignità umana'.
Gli ambienti di lavoro, i refettori e i dormitori sono infatti risultati insalubri e non conformi alla norma vigente.
La maggioranza dei lavoratori coinvolti non sono risultati opportunamente formati, informati e preventivamente sottoposti alla sorveglianza sanitaria prevista per il settore. I locali ispezionati, infine, sono risultati in alcuni casi privi dei dispositivi antincendio e di primo soccorso, in altri casi invece sono stari trovati mancanti del piano di emergenza ed evacuazione. Per quanto riguarda i controlli a Reggio Emilia, sei lavoratori in nero erano ridotti in schiavitù con paghe da fame per turni di 12 ore di seguito, anche di notte e nei giorni festivi. Il gestore del laboratorio, un cittadino cinese che è stato arrestato, li controllava con un sistema di telecamere abusivo. Il laboratorio capofila, secondo gli inquirenti reggiani era invece quello situato nella Bassa modenese.
Redazione Pressa
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