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Caro direttore,
Oggi ho assistito a una Messa definita 'di ringraziamento alla comunità' nell'abbazia benedettina di San Pietro in Modena.
Tra petizioni, pronunciamenti di noti critici dell'arte, visite di fedeli presso la casa generalizia di Pontida, l'abate della stessa, di concerto con l'arcivescovo, ha deciso di mandare via i monaci dopo un tempo immemorabile di permanenza.
Motivazione ufficiale: dipartita di alcuni e mancanza di sostituti.
Posto che gli ordini monastici stanno avendo, per quanto meno numerose che in passato, più vocazioni di quante non ne abbiano i preti diocesani, posto che in varie regioni alcuni monasteri sono stati ripopolati dai loro legittimi proprietari, posto che la regola benedettina prevede che un monaco non si sposti come un frate francescano, ci si chiede perché alle prime difficoltà i presbiteri nostrani gettino subito la spugna.
L'impressione avuta durante la celebrazione liturgica è stata quella di un curatore fallimentare, poco impressionato dal dolore dei fedeli, sorpreso quando è stato chiesto pubblicamente che l'abbazia rimanesse all'ordine del Padre Benedetto e quando l'applauso degli astanti durava più del (suo) previsto.
La vicenda è dolorosa perché, se proiettata in un contesto più ampio, tratteggia un quadro a tinte fosche.
Le chiese non sono aziende, e questo lo dico non solo all'ordine benedettino, ma anche alla curia modenese, che si sta impegnando a chiudere vari edifici al culto e darli in gestione a organizzazioni laiche e non sembra si preoccupi del fatto che Modena è ormai assurta a caso eccezionale per la sua mancanza di ordini monastici e conventuali. Lo grido anche a un presbiterato di alto rango non necessariamente emiliano che, avendo perso il senso della trascendenza, sta rendendo la fede cattolica un indigesto minestrone ecologico, neomondialista e sincretista.
La vicenda modenese non dovrebbe stupire perché le alte sfere ormai ci hanno abituato all'impensabile, però nel fedele che va a Messa per il messaggio di salvezza di Cristo e non per sentirsi dire come fare la differenziata non può che rimanere questo sentimento.
È facile mandare avanti edifici e organizzazioni in buona salute. La differenza la si fa quando il soggetto è malato, non lo si abbandona e si fa di tutto per mantenerlo in vita.
E allora chiudo con un ammonimento di San Benedetto, da estendere a tutto l'universo dei consacrati:
'Sia pienamente cosciente di essersi assunto il compito di curare anime inferme e non di dover esercitare il dominio sulle sane e consideri con timore il severo oracolo del profeta per bocca del quale il Signore dice: 'Ciò che vedevate pingue lo prendevate; ciò invece che era debole lo gettavate via'.
Chi ha orecchi per intendere, intenda.
Cordialmente
Mara Iapoce - Modena
Redazione Pressa
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