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Didattica digitale, i diktat del Pnrr e le ricerche contrastanti

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Pericolo che le scuole diventino meri contenitori di strumenti di dimostrata pericolosità per gli apprendimenti dei nostri figli e dei nostri studenti


Didattica digitale, i diktat del Pnrr e le ricerche contrastanti
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Egregio direttore, in qualità di docente di una importante scuola superiore di Modena, anch'essa come tutte impegnata nella realizzazione del PNRR declinato dal ministero dell'istruzione nel Piano Scuola 4.0, vorrei porre alla vostra attenzione quello che anche nelle scuole modenesi si sta preparando, spinto anche e forse soprattutto dagli incentivi economici previsti dal ministero per i dirigenti scolastici che diligentemente realizzeranno quanto deciso altrove.

In queste settimane tutte le scuole d’Italia sono impegnate nella corsa allo stanziamento dei fondi assegnati dal PNRR «per accelerare il processo di transizione digitale della scuola italiana in tutte le diverse dimensioni e allinearlo alle priorità dell’Unione Europea».

Il “Piano Scuola 4.0” promosso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sostiene di aver tratto dalla «ricerca nazionale e internazionale» la visione di una scuola fatta di «‘ambienti di apprendimento innovativi’ connessi a una visione pedagogica che mette al centro» «le studentesse e gli studenti, secondo principi di flessibilità».

Secondo questa visione, l’apprendimento nascerebbe dall’interazione con l’ambiente; più ricco l’ambiente, maggiore l’apprendimento; un ambiente ibrido, cioè non solo ricco, ma prolungato in schermi o visori che collegano le giovani menti a un’infinità di immagini e di messaggi, non potrebbe che procurare apprendimenti finalmente adeguati al futuro che ci attende.

Potrebbe però non essere così. Anzi, a quanto risulta, la ricerca scientifica ha già concluso da molti anni che l’uso degli strumenti informatici indebolisce l’apprendimento perché distrae l’attenzione e disturba la riflessione. Ma il “Piano scuola 4.0” ignora ogni risultato scientifico; anzi, nel ricordare che «l’esperienza della pandemia ha potenziato anche l’utilizzo degli ambienti digitali di apprendimento», ignora perfino il fatto che la didattica a distanza si è risolta in un fallimento completo.

Se il “Piano Scuola 4.0” è basato su certezze granitiche, il suo autore, il Ministero dell’Istruzione e del Merito, sembra invece vacillare.

Il titolare pro tempore del dicastero, professor Giuseppe Valditara, il 20 dicembre scorso ha infatti inviato a tutte le scuole d’Italia una circolare che, nel ribadire il divieto di utilizzo dei dispositivi informatici in classe, allega un documento elaborato dalla Settima Commissione permanente del Senato nella scorsa legislatura, dal titolo «Sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento». Questo documento, approvato dalla Commissione all’unanimità, denuncia non soltanto i danni fisici e psicologici che l’uso/abuso degli strumenti digitali causa ai più giovani, ma anche l’indebolimento di quelle facoltà mentali essenziali che si riassumono nella parola “intelligenza”. «Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite – si legge nella relazione – non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario».

In definitiva, lo stesso ministero che col “Piano Scuola 4.0” impone alle scuole la didattica digitale sulla base di un generico richiamo a una presunta ricerca scientifica, le mette in guardia dagli effetti della didattica digitale diffondendovi un vigoroso allarme basato su ampia e documentata ricerca scientifica (letteratura internazionale e audizione di esperti).

Intanto, gli appetiti formidabili che hanno ispirato il PNRR temono che lo stridio di questa patente contraddizione induca ripensamenti; perciò depongono l’entusiasmo rumoroso di cui si compiace il “Piano Scuola 4.0” e affidano l’avvento della transizione digitale nella scuola alla silenziosa iniziativa dei Dirigenti Scolastici e alla passività dei docenti e dei genitori.

Di fronte alle antinomie del ministero e all’avventatezza di dare realtà a un progetto che rappresenta una micidiale minaccia per i nostri figli e il nostro futuro, occorre rompere il silenzio, occorre svegliarsi dal torpore, occorre che le forze vive della Nazione – docenti, genitori, studenti – reagiscano al pericolo che le scuole diventino meri contenitori di strumenti di dimostrata pericolosità per gli apprendimenti dei nostri figli e dei nostri studenti. Occorre nei Collegi Docenti e nei Consigli di istituto opporsi a viso aperto alle lobby del digitale ed ai progetti di una digitalizzazione malsana della società.

Occorre chiedere a gran voce che le scuole siano liberate da tutte quelle influenze esterne che ne minano il compito fondamentale di istruzione delle giovani generazioni, mettendo invece al primo posto la trasmissione della cultura, la promozione del pensiero critico, il libero esercizio del dubbio.  

Professor Stefano Longagnani - informatico di formazione

Redazione Pressa
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